Ciò che si era avvertito nell’aria, con l’invito a un generico “voto per la Costituzione”, si è alla fine realizzato. Michele Ainis, il brillante costituzionalista di Repubblica, il giornale decisamente schieratosi per il No referendario ai tagli dei seggi delle Camere, si è infine unito al fronte del Sì. E ne ha spiegato la ragione in un commento onestamente ospitato dal suo quotidiano con la dignità e l’evidenza di tutti i suoi interventi, fatta eccezione per un mancato richiamo, stavolta, in prima pagina.
Con lodevole trasparenza Ainis ha spiegato il suo Sì con la volontà di non confondersi con i molti che votano No, magari dopo avere approvato i tagli nell’ultimo passaggio parlamentare, per “non darla vinta ai populisti” grillini. Che costituiscono con il loro movimento la maggiore forza di governo in questa tormentata legislatura.
Forse faccio male a sospettarlo peccando di andreottismo, cioè della convinzione che a pensare male s’indovina, ma ho l’impressione che il Sì referendario appena pronunciato pubblicamente dal presidente del Consiglio abbia messo in difficoltà Ainis come componente di un’Autorità di Garanzia: quella del mercato. In ogni caso egli ha riconosciuto
che la qualità del Parlamento è scaduta non per i suoi troppi seggi, come dicono i grillini, ma per le liste bloccate con le quali viene eletto. Grazie, professore.
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