In una lunga intervista al Corriere della Sera, pur riconoscendo con un vecchio proverbio che “è inutile piangere sul latte versato”, Matteo Renzi non ha potuto trattenere lacrime metaforiche sulle mancate elezioni anticipate a giugno o settembre. Che lui, da segretario del Pd appena confermato, avrebbe preferito ma gli furono negate dal presidente della Repubblica: l’unico che avrebbe potuto concedergliele usando il potere riconosciutogli dall’articolo 88 della Costituzione di sciogliere le Camere.
Il presidente Sergio Mattarella, d’altronde, aveva già negato le elezioni anticipate per il mese di marzo o addirittura febbraio, quando gli erano state proposte dallo stesso Renzi, fra le proteste dell’allora minoranza del Pd guidata da Pier Luigi Bersani e dai cosiddetti poteri forti. Che eran insorti come un sol uomo contro i rischi di instabilità che il ricorso immediato alle urne avrebbe comportato dopo il trauma politico della bocciatura referendaria della riforma costituzionale e la staffetta fra il segretario del Pd e Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi.
Renzi si è detto convinto, sempre nell’intervista al Corriere della Sera, che le mancate elezioni anticipate abbiano favorito le opposizioni rappresentate da Beppe Grillo e da Silvio Berlusconi. Ma convinto anche di potere “scatenare” col suo partito, con o senza la collaborazione del guardasigilli Andrea Orlando, il quale continua a fargli critiche, “una campagna elettorale a tappeto” quando questa si aprirà davvero con lo scioglimento delle Camere, a ridosso di Capodanno, e con la presentazione delle liste dei candidati al Parlamento. L’obiettivo di Renzi, nonostante le difficoltà procurategli dall’affare Etruria-Boschi riesploso in questi giorni, è di recuperare le perdite attribuitegli dai sondaggi e di riportare il Pd al primo posto nella graduatoria elettorale, o comunque nella graduatoria dei gruppi parlamentari.
Solo i fatti naturalmente potranno dare ragione o torto alle aspettative del segretario del Pd. Che intanto compie un errore di sicuro quando pensa che la campagna elettorale debba ancora cominciare, dimenticando che essa è in corso esattamente dal giorno delle sue dimissioni da presidente del Consiglio per la sconfitta referendaria dell’anno scorso. Una campagna elettorale troppo lunga sfiancherebbe chiunque, e non solo Renzi. Che infatti cercò di evitarla chiedendo o comunque lavorando per le elezioni anticipate: evidentemente non con tutto il vigore, l’astuzia, la pazienza, come preferite, che erano necessari per convincere il riottoso capo dello Stato Sergio Mattarella. Di cui pure il segretario del Pd aveva fortemente voluto l’elezione in Parlamento l’anno prima, quando la partita del Quirinale si era riaperta con le dimissioni del troppo stanco e forse deluso Giorgio Napolitano, l’unico che era riuscito ad essere confermato al suo posto alla scadenza del primo e giù lungo mandato settennale.
Anche a costo di essere impertinente, mi chiedo come si sarebbe comportato di fronte all’ipotesi delle elezioni anticipate, francamente non irragionevole dopo un colpo così forte inferto alla legislatura con la bocciatura referendaria della riforma costituzionale, il più famoso “dottor Sottile” della Repubblica Italiana. Che è Giuliano Amato: il candidato al Quirinale al quale Renzi preferì Mattarella, anche a costo di rompere il cosiddetto patto del Nazareno stretto sulle riforme con Silvio Berlusconi. Che poi nel referendum si sarebbe schierato sul fronte del no contribuendo a farlo prevalere, sia pure nella scomoda compagnia di Grillo e di Massimo D’Alema, per non parlare d’altri.
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