E’ un uomo sicuramente simpatico e molto educato Giuliano Pisapia, giù sindaco di Milano, già bertinottiano, oggi impegnato in un cantiere dove si cerca di ricostruire un centrosinistra che lui vorrebbe il più largo possibile: più ancora delle edizioni pur fallite dell’Ulivo prima e dell’Unione poi, entrambe guidate, almeno in prima battuta, dal professore emiliano Romano Prodi. Che è quello -per intenderci- della famosa seduta spiritica in cui nel 1978 tentò di scoprire dove i brigatisi rossi tenessero nascosto il povero Aldo Moro prima di ucciderlo. Chiunque di noi, coi tempi che correvano, avesse tentato di raccontare una cosa del genere ad un magistrato, dopo che si era fatto con quella seduta il nome di una strada romana -Gradoli- scambiato per qualche ora per un borgo reatino ma poi risultato pertinente davvero col sequestro di Moro, sarebbe finito francamente in galera per reticenza e forse anche per qualcosa di ancora più grave. A Prodi, e agli amici partecipi di quella chiacchierata coi morti, andò per loro fortuna assai meglio. Se la cavarono con qualche interrogatorio e sfottimento. Prodi poi sarebbe diventato un leader.
Sono sicuro che a Pisapia di partecipare a una seduta spiritica in quelle circostanze e di parlarne non sarebbe venuto neppure in mente. Gli è venuta invece l’idea, stimolato in un salotto televisivo dopo il primo turno di elezioni amministrative di questo giugno, incalzato dagli altri ospiti, di fare il nome di Prodi come del federatore che potrebbe aiutarlo e addirittura sostituirlo nel tentativo di mettere in piedi un centrosinstra largo come un mare, anzi come un oceano, favorito dal fatto di essere stato l’unico a battere per due volte, a distanza di dieci anni, Silvio Berlusconi nell’era bipolare della cosiddetta seconda Repubblica, sia pure durando con i suoi due governi molto meno di Berlusconi.
Un giornalista impertinente, sempre in quel salotto televisivo, anche a costo di forzare un po’ l’anagrafe, ha fatto presente a Pisapia, mettendolo platealmente in crisi, facendolo cioè sorridere a vuoto, come per ammettere di averla detta o pensata troppo grossa, che l’anno prossimo, se si voterà alla scadenza ordinaria della legislatura, Prodi avrà 80 anni pure lui, come Berlusconi. Di che parliamo? Di un gerontocomio? Sembrava chiedere l’interlocutore di Pisapia, che sembrava a sua volta scomodamente colto in fallo.
In verità, nel 2018, esattamente in agosto, Prodi compirà “solo” 79 anni. E il mese dopo Berlusconi 81. Due anni sono in effetti pochi. Con un po’ di buona volontà i due potrebbero essere anche considerati coetanei, pur se ad occhio e croce, almeno sinora, Prodi sembra portarsi i suoi anni meglio del rivale politico. Che, se sale in bicicletta, temo debba fermarsi al primo semaforo con l’affanno, mentre l’altro ancora macina pedalando i suoi quaranta chilometri e passa quando ne ha voglia e il tempo glielo permette, con tutta quell’agenda piena d’impegni che ha tra vari continenti per conferenze, affari, conoscenze e quant’altro.
Non so se basti l’ironia a commentare l’ipotesi che nello scenario bipolare in qualche modo riaperto dalla crisi elettorale dei grillini, due ottantenni si giochino il destino di un Paese, come ai tempi dell’Unione Sovietica dei vari Breznev e Cernienko, mentre nella vicinissima Francia, se proprio non vogliamo parlare dell’odiatissino Matteo Renzi in Italia, il trentanovenne Emmanuel Macron ha appena sconvolto nel giro di qualche settimana partiti e schieramenti. E’ meglio forse riconoscersi in quel sorriso spiazzante e quasi di scuse del povero Pisapia.
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