Ma Meloni e Salvini, Giorgia e Matteo, la bella e la bestia, ci sono o ci fanno?

Titolo della Stampa
Titolo del Corriere della Sera

A meno di un mese ormai dalle elezioni, e nonostante i tentativi di Enrico Letta di affiancare la sua immagine a quella di Giorgia Meloni per proporsi come il suo vero e unico antagonista, ho perso francamente il conto delle volte in cui si sono scontrati all’interno del centrodestra Matteo Salvini e la stessa Meloni siglando tregue più o meno fotografiche. L’ultima delle quali è stata celebrata con un abbraccio sullo sfondo dello stretto di Messina che ha un pò invaso le prime pagine dei giornali facendo concorrenza alle notizie, titoli e quant’altro sulle bollette del gas e della luce.

Titolo del Fatto Quotidiano

Un giornale che certamente non tifa per lei come Il Fatto Quotidiano, ha voluto usare persino lo studio Max Plank, non bastandogli le cronache del Meeting ciellino a Rimini con la partecipazione di Mario Draghi o quelle più recenti ancora dal Quirinale contro le resistenze attribuite a Sergio Mattarella, per spiegare come “Meloni ha vampirizzato il socio Salvini” nella corsa a Palazzo Chigi.  

Nella tazzina di caffè di Massimo Gramellini

Persino Massimo Gramellini, tornato a prendere il caffè quotidiano con i lettori del Corriere della Sera dopo le meritate vacanze, la prima cosa che ha voluto manifestare è stata una certa insofferenza per una campagna elettorale giocata, più che sugli argomenti, sulle “faccine” dei tre protagonisti da lui avvertiti: faccine, in particolare, “Meloni in modalità corrucciata, Letta con lacrima appesa alla guancia, Salvini linguacciuto e sghignazzante”. 

Enrico Letta

Pazienza per il segretario del Pd che ha dovuto accontentarsi sempre di meno in questa campagna elettorale, da cui sembra che il massimo ricavabile, per lui, sia un sorpasso inutile sulla Meloni. La quale a sua volta sorpassando di certo i propri alleati, in un centrodestra vincente secondo praticamente tutti i sondaggi, ha la concreta prospettiva di diventare, peraltro, la prima donna alla guida di un governo italiano. 

In una situazione del genere, a meno di grandi sorprese da parte del polo di Carlo Calenda e di Matteo Renzi, di fatto l’unica novità di questa campagna elettorale, forse capace di provocare almeno al Senato qualche sorpresa amara al centrodestra, verrebbe voglia di chiedere sommessamente alla Meloni e a Salvini, o alla bella e alla bestia in termini di animazione cinematografica e musicale, di chiarirci finalmente se ci sono o ci fanno. Giusto per capire. 

Ripreso da http://www.startmag.it  e http://www.policymakermag.it

Rumori…di carta al Quirinale sul futuro femminile di Palazzo Chigi

Titolo del Dubbio

Il retroscena è un pò quello che si dice della via dell’inferno, lastricata spesso di buone intenzioni. Come forse sono state quelle di chi al Quirinale o dintorni ha forse messo sulla cattiva strada l’inconsapevole Marzio Breda facendogli scrivere sul Corriere della Sera dello “stupore” che sarebbe stato procurato al capo dello Stato dalla certezza, speranza, fiducia -chiamatela come volete- fattasi scappare da Giorgia Meloni di ottenere l’incarico di presidente del Consiglio da Sergio Mattarella in caso di vittoria del centrodestra. E sua personale prevalendo sugli altri partiti della coalizione nelle elezioni del 25 settembre. 

Sergio Mattarella
Marzio Breda, il quirinalista del Corriere della Sera

In poche righe di formale “precisazione” fatte diffondere dall’ufficio stampa del Quirinale il presidente della Repubblica ha mostrato di prendersela soprattutto per i “sentimenti” -fra virgolette- attribuitigli dall’”estensore” della nota retroscenista del più diffuso giornale italiano pubblicata domenica scorsa in una pagina interna, con la prudente rinuncia al richiamo in prima solitamente riservato per attendibilità  e autorevolezza a Marzio Breda. Che a sua volta è ricorso alle iniziali e non alla firma intera di un pezzo breve ma intenso, come al solito, di aggettivi, indicazioni e riferimenti che sembravano sottintendere chissà quale fonte, magari la massima. Invece non solo per sé ma anche per i suoi consiglieri, collaboratori e amici Mattarella ha voluto reagire sottolineando la paternità esclusivamente, e non solo “inevitabilmente”, personale  delle opinioni  espresse appunto dall’”estensore”. 

Alessandro Sallusti su Libero di ieri

Ciò non ha impedito lo stesso al direttore di Libero, Alessandro Sallusti, di assicurare che il suo ex collega di testata “non si sia bevuto il cervello”.  E di scrivere quindi che egli avesse quanto meno attinto alla “fantasia di qualcuno di autorevole che vive o gravita al Quirinale”, deducendone quindi che esso non sia “un palazzo di vetro ma un luogo d intrighi e complotti”, da cui Mattarella per primo dovrebbe guardarsi. Pesante, francamente, come allusione, tanto più dopo una nota scritta e diffusa proprio per smentire sospetti del genere, neutralizzati -ripeto- dalla  sola, esclusiva responsabilità dell’”estensore” dell’articolo del Corriere della Sera. 

Perché tanto puntiglio da parte del capo dello Stato. quasi uno strappo nella storia dei rapporti fra il Quirinale, ben prima dell’arrivo di Mattarella, e il giornalista accreditato del Corriere? Che da tempo fa testo -come si suol dire- a proposito di ciò che accade sul Colle più alto di Roma. 

Per rispondere a questa domanda non è forse un azzardo soffermarsi sulla parte conclusiva del “retroscena” attribuito a Marzio Breda. E’ quello in cui si leggeva domenica -come se il quirinalista stesse spiegando ai lettori le prerogative del presidente della Repubblica per giustificare il presunto “stupore” provocato dalla fiduciosa scalata della Meloni a Palazzo Chigi- dei “diversi fronti che Mattarella dovrà considerare procedendo alla nomina” del presidente del Consiglio dopo le elezioni, quasi a prescindere dai risultati. “C’è pure -aveva scritto testualmente Breda- la cornice geopolitica e delle alleanze nelle quali l’Italia è inserita, essendo il capo dello Stato garante dei trattati internazionali”. Ma rispetto a quale trattato internazionale dovrebbe essere particolarmente considerata in potenziale condizioni di incompatibilità, o di semplicemente problematica coerenza, la leader della destra italiana? Una questione quanto meno prematura, dopo la “precisazione” opposta dal Quirinale alla forse troppa invasiva curiosità accesa da Breda retroscenando.

Giorgia Meloni
Giuliano Ferrara sul Foglio immagina Putin appeso a un lampione di Mosca

Certo è comunque che nella sua corsa a Palazzo Chigi, a dispetto anche dello scetticismo che ogni tanto si lascia scappare l’alleato Salvini o di quello appena attribuito anche a Silvio Berlusconi da Francesco Verderami, un altro retroscenista del Corriere della Sera, Giorgia Meloni sta inanellando successi di tappa, chiamiamoli così. La “precisazione” del Quirinale segue di pochi giorni quel “qualsiasi governo” su cui Mario Draghi ha scommesso a Rimini per dirsi sicuro che l’Italia ce la farà ad uscire anche questa volta dalle difficoltà, per quanto care Putin stia rendendo le bollette del gas e della luce a imprese e famiglie con la sua guerra all’Ucraina. A proposito della quale uno che ha vissuto a Mosca la sua infanzia, Giuliano Ferrara, col padre corrispondente dell’Unità, ha appena scritto una delle solite conclusioni imperdibili dei suoi articoli sul Foglio: “Putin passerà l’inverno al caldo, e i sanzionati sembreremo noi. Eppure dopo una guerra persa e il suo gas bruciato nell’aria per mancanza di magazzini, e l’Occidente alla ricerca dell’autonomia energetica, saranno guai grossi per lui. Quelli che ora lo temono e lo blandiscono lo impiccheranno a uno di quei lampioni di Mosca che ricordo bambino”.

Pubblicato sul Dubbio

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