

La resurrezione negli stadi e dintorni, dove Silvio Berlusconi ha appena festeggiato sia lo scudetto del Milan che ancora continua ad appartenergli sentimentalmente, un pò come proprietario emerito, sia la promozione in serie A del suo Monza, ha suggerito all’amico Giuliano Ferrara, già suo ministro nel 1994, uno degli articoli più divertenti e sornioni che mi sia capitato di leggere con la sua firma.

“Il tracciato umano, privato e pubblico di Berlusconi -ha scritto Giuliano- non può prevedere altro che un lieto fine, un happy ending iperhollywoodiano”. E scherzando anche su quella stanchezza attribuita al Cavaliere mentre il Monza segnava a Pisa il fondatore del Foglio ha aggiunto: “Quell’appisolarsi durante il gol decisivo di un’altra storia mirabolante, calcistica, testimonia una padronanza del sé inaudita, la sovranità assoluta di un uomo sulle circostanze buone o cattive che lo attorniano”.


Eccitato a suo modo dalla possibilità che certamente non si può escludere, almeno fino a quando il pallone rimarrà tondo, di una competizione diretta nel prossimo campionato di serie A, o in uno di quelli successivi, fra il Milan e il Monza per lo scudetto, Ferrara ha così profetizzato un simile derby. “Se vince il Milan, il Cav. festeggia, se vince il Monza, il Cav. festeggia. Se lo mettano in testa i sordidi nemici giudiziari dell’uomo con il sole in tasca: non può perdere, festeggiare è la sua natura”. O addirittura la sua condanna, aggiungerei per la possibilità che ha questa predisposizione al successo di Berlusconi di moltiplicare l’invidia, e di attirargli nuovi nemici.
Pur soltanto accennato dallo stesso Ferrara con quel “tracciato” anche “pubblico” della vita dell’amico e con quella “sordida” attenzione che gli riservano certi magistrati, desiderosi di mandarlo in galera anche alla venerabile età che ha raggiunto, provo ad applicare esplicitamente anche alla dimensione politica la lettura del Cavaliere fortunato per natura, a dispetto delle difficoltà della cronaca quotidiana o recente, come quella della corsa al Quirinale ostinatamente perseguita e infine abbandonata. Il cui unico risultato fu purtroppo, a mio modestissimo avviso, la moltiplicazione dei problemi di un altro concorrente alla Presidenza della Repubblica: Mario Draghi. E la conseguente rinuncia di Sergio Mattarella, spinto dallo stesso Draghi, a quell’insistito rifiuto di farsi rieleggere.
Il centrodestra inventato da Berlusconi nel 1994 brilla nei sondaggi tanto quanto annaspa quotidianamente tra confusione e concorrenza interna. La stessa Forza Italia è apparsa una polveriera sul Corriere della Sera a Roberto Gressi, che ha rimediato per questo una quasi letteraccia di protesta di Berlusconi. Che lo ha accusato di rovistare nei pettegolezzi o, più in generale, nelle immondizie che produce spesso ma non sempre quello che chiamiamo eufemisticamente confronto politico.

Non puzzava né di pettegolezzo né di immondizia, tuttavia, il dissenso non sussurrato ma gridato con dichiarazioni e interviste dalla ministra ed ex capogruppo forzista della Camera Mariastella Gelmini prima contro il sostanziale commissariamento del partito in Lombardia e poi contro il fastidio, a dir poco, manifestato da Berlusconi in persona per gli aiuti militari all’Ucraina aggredita dai russi. Il Cavaliere deve essere apparso anche alla Gelmini improvvisamente convertito alla posizione di Giuseppe Conte, da tempo smanioso di far vedere i sorci verdi a Draghi in qualche votazione parlamentare proprio sulla politica estera e, più in particolare, sulla guerra in Ucraina. E lo stesso Berlusconi non deve aver trovato del tutto immotivate le proteste o richieste di chiarimento e di riallineamento atlantista giunte dalla sua ministra se ha poi rettificato, precisato e quant’altro, direttamente o meno, parole e pensieri sfuggitigli per strada.

Anche in questo, tuttavia, Berlusconi è stato fortunato, persino pentito forse di avere ceduto un pò alle proteste. Il presidente americano in persona Joe Biden ha appena rifiutato all’Ucraina i razzi a medio e lungo raggio reclamati da Zelensky per passare dalla difesa alla controffensiva, colpendo anche il territorio russo. Ah, diavolo di un Berlusconi: più atlantista dello stesso Biden, ha forse sussurrato Draghi, ancora convinto che Putin non debba vincere e dileggiato con quel graffito tanto piaciuto al tesoriere di Conte perché lo rappresentava come un cane al guinzaglio del presidente americano.
Pubblicato sul Dubbio
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