Purtroppo ciascuno ha i suoi talebani a casa

Titolo del Corriere della Sera
Titolo di Libero

Non so francamente se e chi abbia esagerato di più fra il Corriere della Sera con la Lega “scossa” dal “caso Morisi” -per non parlare di Domani, secondo cui Matteo Salvini sarebbe già finito e Giancarlo Giorgetti destinato con Mario Draghi a realizzare “la svolta presidenzialista” in Italia- e Libero. Che su tutta la prima pagina ha visto un “agguato alla Lega” in quei due rumeni sorpresi in auto con droga liquida ricevuta dal “guru”, portavoce” e quant’altro di Salvini -Luca Morisi- dimessosi dopo avere subìto una perquisizione in casa e multato per possesso di stupefacente per uso personale, in modica quantità.

Certo, una vicenda che esplode mediaticamente a pochi giorni dalle elezioni amministrative del 3 e 4 ottobre, di una valenza politica evidente con quei dieci milioni di italiani chiamati alle urne, si presta a più di un sospetto. Ma i fatti sono incontrovertibili, ammessi da Morisi per primo, che dopo avere inutilmente cercato di motivare le proprie dimissioni adducendo altri, generici motivi, si è scusato per i danni che un uomo di comunicazione come lui è ben consapevole di avere potuto procurare al suo “capitano”. Di cui, per la forza dei suoi messaggi, consigli  e quant’altro, si compiaceva, pur con quella faccia d’angelo e di quasi bambino che ha 48 anni, di essere soprannominato “la Bestia”, con la maiuscola.

Ma va detto o riconosciuto con tutta onestà o franchezza che i metodi di comunicazione dell’ex portavoce, suggeritore, consigliere e tuttora amico di Salvini, quasi morso da lui ai polpacci perché aggredisse con maggiore forza avversarsi e problemi del momento, non sono stati molto diversi da quelli che, fra commenti e vignette, usano quanti si stanno adesso occupando della sua vicenda indubitalmente personale.

Gramellini sul Corriere della Sera

Ho trovato, per esempio, troppo amaro per i miei gusti il caffè offerto oggi ai lettori del Corriere della Sera da Massino Gramellini scrivendo di Morisi, laureato con 110 e lode e per un po’ anche docente universitario di filosofia, come del “braccio destro di Salvini che per una curiosa disfunzione dell’apparato digerente leghista era ubicato dalla parte dell’intestino”. Non è da Gramellini, se mi permette il collega che si è fatto un po’ troppo prendere la mano anche lui da qualcosa che è più da intestino che da testa.

Vignetta di Staino sulla Stampa

Non minore è stata la delusione procuratami sulla Stampa dal vecchio e solitamente simpatico Sergio Staino. Che come un Travaglio qualsiasi -il quale naturalmente ha trattato da par suo il caso sul Fatto Quotidiano, tra vignetta di Vauro, fotomontaggio e parte dell’editoriale- ha rinfacciato a Morisi anche “il buco”, per niente da droga, dei 49 milioni di euro scomparsi negli anni scorsi  fra i bilanci della Lega.

Purtroppo, visto anche quello che sta accadendo in Afghanistan, dove bestie ben più agguerrite di Morisi stanno facendo il loro sporco lavoro, ciascuno ha i suoi talebani in casa.

Ripreso da http://www.policymakermag.it

La favola dell’invidiabile sistema elettorale tedesco

Angela Merkel

Com’è corta la memoria in politica. Ad elezioni avvenute in Germania, e con la cancelliera uscente Angela Merkel fuori gioco per decisione spontanea, non essendosi nemmeno riproposta dopo 16 anni ininterrotti di potere, tutto appare incerto sul nuovo governo. Il cui arrivo, nella migliore delle ipotesi, un po’ per le abitudini di quella democrazia e un po’ per la complessità dei risultati solo apparentemente chiari, non è previsto prima di Natale. Allora noi in Italia saremo alle prese con la corsa al Quirinale, magari sfogliando ancora la margherita sul sì o no di Sergio Mattarella alla conferma appena propostagli, secondo un retroscena non smentito del Giornale, dal presidente del Consiglio in persona  in una cena giovedì scorso, ricevendone per risposta un sorriso enigmatico: direi pirandelliano, per la sicilianità dell’interessato.

Per anni, ogni volta che si è parlato in Italia di riforme elettorali, che siamo riusciti a produrre come conigli, fra Parlamento, referendum e sentenze della Corte Costituzionale, ci è toccato sentire gli elogi del sistema tedesco. E poco ci è mancato che ad un certo punto si creasse davvero una maggioranza per importarlo perché ci avrebbe garantito, forse anche più del sistema misto introdotto nel 1993 col nome latinizzato dell’attuale capo dello Stato, di sapere subito chi avesse vinto e chi avesse perso le elezioni. Vi ricordate? E in più quel sistema era raccomandato, e invidiato, perché per rovesciare un governo occorre averne uno già praticamente pronto a prenderne il posto grazie alla cosiddetta sfiducia costruttiva. Ricordate anche questo?

Olaf Scholz

E’ invece accaduto a Berlino non di avere trovato il famoso giudice della favola brechtiana, ma di avere scoperto dopo il conteggio delle schede che un vincitore c’è -il candidato socialdemocratico alla Cancelleria Olaf Scholz, subito proclamatosi con tanto di fiori e sorriso- ma non è per niente sicuro di fare il nuovo governo, e neppure con chi di preciso. C’è anche lo sconfitto, l’aspirante dei democristiani o popolari Armin Laschet assuntosi onestamente la responsabilità dell’insuccesso, quasi con le lacrime agli occhi, e per giunta costretto dai suoi amici di partito, inclini a questo punto ad accettare la penitenza rigeneratrice dell’opposizione, a smentirsi nella rivendicazione della Cancelleria. Che invece non è per niente da escludere, dipendendo l’ultima parola non dal partito più votato, e perciò vincente a parole, ma dagli alleati, o dai “minori”. E qualcuno in Italia, in particolare tra gli esangui forzisti di Silvio Berlusconi, ha già espresso l’auspicio che la lunga crisi di governo tedesca, nel frattempo vigilata dalla cancelliera uscente che potrebbe conquistare in questa attesa anche il primato assoluto della durata effettiva  del suo mandato, si concluda proprio con la conferma dei popolari alla guida dell’esecutivo tedesco.

Ma allora -scusatemi- dov’è la bellezza o l’efficienza del sistema elettorale germanico spesso opposta al sempre sgangherato sistema italiano del momento? Ma non vorrei buttarmi la zappa sui piedi con questa domanda e dovermi trovare costretto, per coerenza, a parlar bene anche di questo scandalo costituito in Italia dalle liste bloccate, confezionate neppure dalle segreterie, che ormai non esistono più nei fatti, ma dal capo di turno del partito, con l’elettore costretto a subirne le scelte o trattenuto a casa dalla nausea.

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