Sergio Staino ha rappresentato come meglio non si poteva, nella sua vignetta sul Dubbio di Piero Sansonetti, il quadro delle attrazioni elettorali in vista del voto del 4 marzo: i liberi e uguali di Pietro Grasso che vorrebbero togliere voti al Pd dell’odiatissimo Matteo Renzi; quest’ultimo che vorrebbe compensare le perdite a sinistra togliendo voti a un Silvio Berlusconi che gli ha appena riconosciuto il merito di essersi liberato di buona parte dei comunisti ereditati all’arrivo al Nazareno; il Berlusconi che ha allestito il suo centrodestra ponendosi però come primo obiettivo di togliere voti all’alleato Matteo Salvini, o comunque di raccoglierne più di lui per non finire ai suoi ordini; il Salvini, infine, che spera di prendere voti ai grillini, specie ora che la loro vantata diversità sta facendo la stessa fine, con la storia della cosiddetta Rimborsopoli, della diversità vantata a suo tempo dai comunisti di Enrico Berlinguer. Che per finanziare il loro costosissimo partito non potevano limitarsi a vendere le salsicce alle feste dell’Unità, e neppure la trippa alla Bettino: una delle pietanze più allegramente servite alle mense in quei raduni, dove la fine di Craxi era in cima agli obiettivi del Pci.
Nell’immaginare i voti di Berlusconi attratti da Renzi per evitarne un indebolimento troppo forte, e magari preclusivo di un’intesa dopo le elezioni fra i due per conservare Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi, Staino deve avere pensato al notissimo e insospettabile Giuliano Ferrara. Che ha appena scritto sul suo Foglio un articolo pieno di elogi per Berlusconi, di cui nel 1994 fu ministro per i rapporti col Parlamento, e di consigli agli altri di premiarne la “genialità” col voto. Ma agli “altri”, appunto, avendo già Ferrara destinato pubblicamente il proprio voto a Renzi, da lui sempre più considerato il “royal baby”, l’erede politico insomma dell’uomo di Arcore.

A giustificazione della sua preferenza elettorale per Renzi l’ex ministro e tante altre cose del geniale Berlusconi ha portato la circostanza della perdurante incandidabilità del presidente di Forza Italia. Di cui evidentemente Ferrara, ad occhio e croce, non sembra condividere neppure i nomi in circolazione come suoi designati a farne le veci a Palazzo Chigi, se il centrodestra dovesse riuscire a vincere davvero le elezioni, conseguendo pure la maggioranza assoluta dei seggi parlamentari. E se Forza Italia dovesse conservare il vantaggio sulla Lega, all’interno della coalizione, attribuitole dagli ultimi sondaggi che è stato possibile pubblicare, prima che scattasse il divieto di diffonderne altri: diffonderne solo, però, non eseguire, per cui ci aspetta sino al 4 marzo anche una specie di mercato nero delle rilevazioni delle cosiddette intenzioni di voto.

Intanto un via libera a intese di emergenza dopo le elezioni fra Berlusconi e Renzi, a dispetto delle indisponibilità da entrambi dichiarate per ragioni di facciata, è stato dato in funzione antigrillina dal direttore del Giornale di famiglia dello stesso Berlusconi, Alessandro Sallusti. Che ha paragonato questa evenienza addirittura all’alleanza, nell’ultima guerra mondiale, fra americani e russi per sconfiggere il nazifascismo.
Ora che anche Sallusti è d’accordo, possono forse tirare un sospiro di sollievo anche al Quirinale, dove avevano cominciato ad impensierirsi per la fretta attribuita a Berlusconi -in un’altra delle sue geniali piroette, direbbe Giuliano Ferrara- di ripetere le elezioni in autunno, o giù di lì: il tempo per farsi e lasciar fare i bagni e magari anche per ottenere dalla giustizia europea quella candidabilità che non permette adesso al fondatore del Foglio di votare per il suo ex presidente del Consiglio e editore. O per ottenere dalla giustizia italiana la riabilitazione che i legali di Berlusconi ritengono di poter chiedere anche a breve.
Sto sempre scrivendo, vi assicuro, delle vicende politiche ed elettorali italiane, non di uno spettacolo teatrale.