Nell’anno della caduta del muro di Berlino -il 1989- uscì un film di grande successo chiamato “la guerra dei Roses”, ricavato da un romanzo un po’ comico e un po’ tragico su una coppia di coniugi che finì di farsi dispetti e di odiarsi solo morendo insieme, sotto il lampadario di casa al quale lei si era appesa dopo averne indebolito l’aggancio pensando che potesse cedere sotto il peso del marito.
Fu guerra dei Roses, a sinistra, fra Massimo D’Alema e Matteo Renzi, in ordine rigorosamente alfabetico, sino alla scissione del Pd.
Ora è guerra dei Roses fra Massimo D’Alema e Giuliano Pisapia, sempre in ordine alfabetico.
Il lampadario al quale entrambi, dopo sgambetti, dispetti e inviti reciproci a fare passi indietro e di lato, mai davanti, sembrano destinati ad appendersi per esserne entrambi travolti è l’appuntamento elettorale del prossimo anno per il rinnovo delle Camere.
A indebolire l’aggancio del lampadario non hanno però provveduto né D’Alema né Pisapia, sempre in ordine alfabetico. Vi ha provveduto Renzi col progetto di riforma elettorale fatto presentare alla Camera dal capogruppo del Pd Ettore Rosato. Il cui cognome tradotto in latino fa Rosatellum, in inglese Roses.