Non è la prima e probabilmente non sarà neppure l’ultima domenica in qualche modo disertata da Eugenio Scalfari, che ha abituato i suoi lettori ad un appuntamento festivo dove spesso si trovano primizie per i tanti contatti che il fondatore di Repubblica continua ad avere riferendone al suo pubblico, a cominciare da quelli con Papa Francesco. Che non è ancora riuscito a convertirlo, ma manca poco, a meno di ancora più clamorose sorprese, come la conversione del Pontefice allo scetticismo religioso del suo amico.
Questa che si è chiusa oggi è stata, del resto, una settimana più faticosa del solito per Scalfari, che si è dilungato nei giorni feriali sulla nuova amicizia politica contratta: quella col ministro piddino dell’Interno Marco Minniti, di origini calabresi come lui, ma nato proprio in Calabria, non a Civitavecchia, come Barbapapà. Vedrete che prima o dopo anche Minniti approderà nella scuderia dove Scalfari fa entrare e uscire i cavalli di razza della politica italiana, intesi anche come riserve della Repubblica, quella vera, cui potersi rivolgere nei momenti di emergenza.
Ma, più che la stanchezza per l’interessamento a Minniti, hanno forse giocato sul silenzio domenicale di Scalfari lo sconcerto procuratogli dall’incidente occorso nell’aula di Montecitorio alla riforma elettorale e, soprattutto, la confusione che ne è derivata. O la salutare paura di mettere becco nelle elezioni amministrative alle quali sono stati chiamati oggi un migliaio di Comuni.
A presto, comunque, carissimo Barbapapà.
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