Il fratello di Borsellino fra stelle e cambiali

         Fra tutte le reazioni alla porta lasciata in qualche modo socchiusa dalla Cassazione alla possibilità che Totò Riina, ammalato di tumore e altro, non finisca i suoi giorni in carcere, come pure dovrebbe per gli ergastoli che si è meritato, ma in qualche ospedale, se non addirittura a casa, dove però mi sembra francamente difficile che qualcuno voglia davvero mandarlo sfidando il buon senso, oltre che l’impopolarità, la più stravagante mi è apparsa quella di Salvatore Borsellino.

         Il fratello minore del mai abbastanza rimpianto magistrato Paolo, trucidato con la sua scorta dalla mafia il 19 luglio di 25 anni fa, meno di due mesi dopo l’eccidio di Capaci, dove erano stati uccisi, sempre dalla mafia, l’amico e collega Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e mezza scorta, ha accusato la Cassazione di stare pagando “una cambiale” dello Stato risalente alle famose, ma finora solo presunte trattative fra lo stesso Stato e la mafia per fermarne le stragi.

         Il processo per quelle presunte- ripeto- trattative è in corso da quattro anni a Palermo, in prima istanza. E Riina, arrestato nel gennaio del 1993, segue scrupolosamente quel processo, in collegamento dalle varie carceri dove è stato detenuto, beffardemente convinto, secondo Salvatore Borsellino, di riscuotere prima o dopo la cambiale che grazie a qualche delazione lo portò in prigione. E che, sempre secondo la sua visione di quelle -ripeto ancora- presunte trattative non fu rilasciata invece per la sorte del suo compagno di mafia Bernardo Provenzano, morto in carcere per quanto ammalato peggio, molto peggio del capo dei capi.

         Si dà il caso che mentre Salvatore Borsellino spiegava al Corriere della Sera la sua teoria della cambiale, annunciando per protesta la rinuncia a organizzare e forse anche a partecipare alle celebrazioni del venticinquesimo anniversario della strage palermitana in via D’Amelio, dove venne assassinato il fratello, il generale dei Carabinieri Mario Mori, uno degli imputati a Palermo per le presunte -ripeto ancora- trattative con la mafia, pur essendo stato già assolto per gli stessi fatti in un altro procedimento, ha scritto una lettera ad un giornale per criticare l’uscio socchiuso dalla Cassazione a Riina. Eppure, secondo il teorema del fratello di Paolo Borsellino, quella cambiale avrebbe dovuto firmarla in qualche modo proprio lui, Mori. O quanto meno sarebbe passata per le sue mani, diciamo così.

         Già di professione ingegnere, Salvatore Borsellino ha cambiato praticamente mestiere dalla tragica morte del fratello. E’ diventato “attivista italiano”, come si legge nelle sue biografie navigando in internet. Promotore, fra l’altro, del Movimento delle agende rosse, in memoria di quella che il fratello portava sempre con lui e scomparve dalla borsa prima trafugata e poi rimessa nella macchina di servizio saltata in aria dopo averlo portato all’appuntamento con la morte davanti alla casa della madre, Salvatore Borsellino partecipò nel 2013 all’avventura politica della “Rivoluzione civile” di Antonio Ingroia, pur litigando e poi riconciliandosi con lui. Ora frequenta ambienti e manifestazioni dei grillini.

         Si può ben dire, senza volere offendere nessuno, per carità, che il settantacinquenne Salvatore Borsellino è stato il fratello tanto minore quanto diverso del povero Paolo. Al quale, determinato e sensibile insieme, piaceva contemplare le stelle, nei momenti belli e angosciosi della sua vita. Ma dubito che avrebbe contemplato le cinque di di Grillo.

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