In attesa di vedere cosa ci sarà davvero dietro l’angolo del Nazareno

Non foss’altro in omaggio del compianto Maurizio Costanzo c’è da chiedersi che cosa ci sia dietro l’angolo del Pd appena affidatosi con le primarie a Elly Schlein, anziché allo Stefano Bonaccini scelto dagli iscritti. E potremmo forse ripetere, come il compianto Giancarlo Pajetta allo stesso Costanzo, che c’è un altro angolo ancora. Ma il gioco non potrebbe durare a lungo. Fra un anno ci saranno le elezioni europee, alle quali ciascuna forza concorrerà da sola col proporzionale. E si capirà che cosa sarà rimasto del Pd, o che cosa lo stesso Pd avrà guadagnato dalla sorpresa della sua prima donna segretaria. 

Certo, impressiona che un’estimatrice della Schlein come Michela Murgia l’abbia appena definita sulla Stampa “la donna giusta per noi nel partito sbagliato per lei”, pur aggiungendo che “non si può avere tutto”, per cui “prendiamo il buono”. Ma il buono è un Pd semplicemente spaccato, dove Roberto Gressi sul Corriere della Sera si chiede giustamente se la Schlein sia una “veggente destinata a sfondare o velleitaria pronta a spegnersi”. 

Un ospite o migrante illustre, chiamiamolo così, come Pier Ferdinando Casini, che ha scelto di restare in Parlamento facendosi eleggere come indipendente nella sua Bologna fra i candidati del Pd, ha confessato alla Stampa che “un pò per tutti”, a cominciare naturalmente da lui, ”era meglio Bonaccini perché fa parte dell’orizzonte politico tradizionale. Schlein -ha aggiunto- è meno conosciuta, è più difficile capire che tipo di avversario sarà”. Avversaria, quindi, più che alleata. “La realtà è che tutti avrebbero preferito l’usato sicuro”, ha insistito Pierfurby. 

Infatti l’ex ministro Giuseppe Fioroni, proveniente come Casini dalla Dc ma accasatosi a suo tempo in pieno nel Pd, ha già annunciato la sua uscita. Ed altri “vecchi diccì” sono tentati dalla “fuga”, come ha annunciato Il Fatto Quotidiano. Spero, per loro, che non facciano la fine dei tonni in una tonnara, compreso -prima o poi- Dario Franceschini, ancora una volta schieratosi col vincitore di turno nella convinzione di avere stipulato l’ennesima polizza di assicurazione. 

Non mancherà certamente lo spettacolo nella nuova edizione del Pd partorita dalle primarie congressuali, e aperte, che dovevano essere di “rifondazione”. Sarà probabilmente lo spettacolo della “socialconfusione” annunciata dal Foglio, che pure nelle ultime elezioni politiche si schierò col Pd già destinato a perdere sotto la guida di Enrico Letta. Ed ora finito, si vedrà se nel bene o nel male, nelle mani di una segretaria che Giuliano Ferrara ha definito “modaiola e convenzionale”.

L’irriverente, indelicato e quant’altro Stefano Rolli nella vignetta del Secolo XIX  ha già forzato un po’ la natura della Schlein dandole della Contessa, intesa come moglie  di Giuseppe Conte. Che temo, per lei, preferisca la compagna attuale, pur provvista di un solo passaporto.

Ripreso da http://www.startmag.it e http://www.policymakermag.it   

Altro che Bonaccini, è la Schlein la scommessa di Renzi sul suo ex Pd

Luigi Zanda, che conosce il Pd come le sue tasche per esserne stato il capogruppo al Senato ed anche per un pò il tesoriere, aveva previsto con troppo ottimismo alla vigilia che pure questa volta con le primarie gli esterni, chiamiamoli così, non avrebbero osato contraddire il voto degli interni, cioè degli iscritti, per l’elezione del segretario del Partito Democratico. Ed aveva deciso di votare per Stefano Bonaccini, pur avendo disapprovato all’annuncio della sua candidatura il proposito -svanito con la vittoria della concorrente Elly Schlein- di guidare il partito senza rinunciare alla presidenza della sua regione, l’Emilia-Romagna. Zanda si era convinto insomma che la ripetizione dell’esperienza pur non fortunatissima di Nicola Zingaretti, per qualche tempo segretario del partito e presidente della regione Lazio,  potesse essere il male minore rispetto all’alternativa di una donna appena reiscrittasi al Pd, dopo essersene polemicamente allontanata, giusto per potersi candidare a guidarlo. E questo col  generoso permesso di tutti i concorrenti, che all’inizio erano tre, correndo per la segreteria anche Ganni Cuperlo e Paola De Micheli. 

“Finora non c’era il rischio di due maggioranze diverse, una nei circoli e una nei gazebo”, si era avventurato a dire Zanda a Repubblica. “Questo risultato -aveva spiegato   l’autorevole esponente del Pd- produrrebbe una spaccatura molto grave con aspetti serissimi sulla tenuta del Pd. Non solo negherebbe agli iscritti il diritto di scegliersi il segretario, ma li delegittimerebbe”. 

Ebbene, è esattamente quello che è accaduto pur tra le feste generali in una giornata che peggio d’altronde non poteva cominciare: con la notizia della strage dei migranti sulle coste calabresi subito portata dalla Schlein nell’arena delle primarie, fra gli elettori in fila davanti ai gazebo, accollando i cento e più morti della tragedia alla “coscienza” del governo in carica. Non agli scafisti, e neppure all’Europa che finanzia  la Turchia per farle tenere sigillati i confini terrestri ed alimentare così l’emigrazione clandestina via mare di quanti fuggono da guerre, fame e terremoti. Un genio, questa Schlein, che tuttavia per solidarietà di genere, chiamiamola così, ha ottenuto lo stesso gli auguri e gli incoraggiamenti di Giorgia Meloni  con la coscienza così compromessa. A raccontarla sembra una storia assurda. E’ invece piena realtà. 

Non per infierire sul povero, e peraltro mio carissimo amico Zanda, che conosco dai tempi in cui era il portavoce di Francesco Cossiga al Ministero dell’Interno, all’epoca del sequestro di Aldo Moro fra il sangue della  scorta e del suo assassinio dopo 55 giorni di penosa prigionia, ma mi permetto di fargli osservare che la regola delle primarie conformi nel risultato all’esito delle votazioni nelle sezioni del partito è saltata nella peggiore e meno legittimante edizione di questo modo di eleggere il segretario. Sono state, in particolare, le primarie meno partecipate, anche se a votare nei gazebo, o ad usare il computer nei casi consentiti dalle regole stabilite all’ultimo momento, sono stati più di un milione di persone.

E’ francamente difficile prevedere che cosa potrà produrre in un partito già sfiancato da un percorso congressuale di ben cinque mesi, dopo avere perduto le elezioni politiche del 25 settembre scorso e quelle regionali di due settimane fa, la combinazione di queste due prime volte costituite da una donna segretaria e dalla platea più bassa di elettori. Che sarà conforme, per carità, al fenomeno più generale dell’astensionismo ma rimane ugualmente una fonte o ragione di preoccupazione, non di fiducia. 

“La tenuta del Pd”, per ripetere le parole usate da Zanda, sarà tutta da verificare dopo la sorpresa della vittoria della Schlein, distanziata di una ventina di punti da Bonaccini nelle sezioni di partito. Temo per la nuova e prima segretaria del Nazareno che i “sorci verdi” in arrivo saranno più per lei che per la Meloni alla quale li ha promessi, o minacciati. 

Visto che la campagna congressuale è stata dominata, secondo molti e acuti commentatori, più dai “fantasmi” che dai concorrenti alla segreteria, in particolare da Matteo Renzi, visto a torto o a ragione dietro la,  figura del suo ex coordinatore Bonaccini, e da Massimo D’Alema, visto dietro tutti i più navigati capicorrente schieratisi per la “novità” della Schlein; visto, dicevo, che la campagna congressuale è stata dominata dai fantasmi di Renzi e D’Alema, ad occhio e croce mi sentirei di scommettere sui benefici che potrà trarne più il pur malandato ex rottamatore toscano, a caccia di voti moderati,  che il rottamato ex deputato di Gallipoli. Essi in fondo, molto in fondo, si assomigliano più di quanto non lasci ritenere la loro storia antagonistica. 

Pubblicato sul Dubbio

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