L’evoluzione politica -si fa per dire- della causa del detenuto anarchico in sciopero della fame

Quando il digiuno del detenuto anarchico Alfredo Cospito si affacciò sulle prime pagine dei giornali il lettore comune, se non lo vogliamo chiamare ingenuo, pensò che fosse in gioco l’ aspirazione ad un trattamento penitenziario ordinario, e non speciale come quello “duro” dell’ormai famoso articolo 41 bis dell’ordinamento carcerario.

Ebbene, dopo più di 100 giorni di sciopero della fame e di proteste e disordini  fiancheggiatori degli anarchici nelle piazze i contenuti e gli effetti della vicenda sono diventati di tutt’altra natura. 

Anche il mio amico Piero Sansonetti, convinto sostenitore della causa almeno originaria del detenuto anarchico, si è accorto -e denunciato oggi  sul suo Riformista- che “del 41 bis non ne frega nulla a nessuno” nei palazzi della politica, fra Parlamento, Ministeri e sedi dei partiti. Dove naturalmente la faccenda è approdata dalle prime pagine dei giornali. “La rissa è su Donzelli”, ha scritto e titolato in rosso Sansonetti riferendosi al deputato meloniano che ha provocato un putiferio a Montecitorio rivelando in aula la visita di una delegazione del Pd a Cospito nel contesto di una situazione aggravatasi sotto vari aspetti per i contatti avuti dallo stesso Cospito con mafiosi interessati all’abolizione del regime penitenziario speciale cui sono anch’essi sottoposti. 

Di Giovanni Donzelli sono state subito reclamate dal Pd a gran voce le dimissioni da vice presidente del Copasir, sospettando di avere attinto le sue informazioni dai servizi segreti su cui vigila lo stesso Copasir. Quando Donzelli ha fatto capire di avere avuto quelle informazioni dall’amico e collega di partito Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia, anche di lui sono state reclamate le dimissioni. Che l’interessato si è rifiutato di dare dichiarandosi disposto, al massimo, a cambiare casa, alloggiando adesso a Roma in uno stesso appartamento con Donzelli. 

Allora è stata chiesta la sostanziale rimozione di Delmastro, meloniano di strettissima osservanza come Donzelli, al ministro della Giustizia Carlo Nordio. Che però, pur infastidito dal comportamento del suo sottosegretario e collega di area politica, essendo stato eletto il guardasigilli nelle liste del partito della Meloni, e da lei candidato nella scorsa legislatura addirittura al Quirinale, ha dovuto fermarsi di fronte alla decisione della Procura di Roma di aprire un’inchiesta sulla vicenda. Ma questo passo di rispetto verso la Procura di Roma, anziché sorprendere positivamente quelli che avevano recentemente accusato il ministro di aver poco rispetto dei suoi ex colleghi pubblici ministeri, parlandone come di malintenzionati, è stato usato dagli avversari per reclamare anche le sue dimissioni. 

Questa può sembrarvi una barzelletta ma è la sola, cruda cronaca di quanto accaduto e sta accadendo all’ombra del caso Cospito. Della cui sorte prsonale temo che, come Sansonetti ha scritto del 41 bis, in realtà non freghi più nulla a nessuno.  

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L’uso, anzi l’abuso politico del caso Cospito ne complica la soluzione

Naturalmente sono tra quelli che auguro sinceramente ad Alfredo Cospito, per quanto possa dissentire dalle sue opinioni e dalle sue gesta di anarchico, di uscire vivo dalla propria vicenda giudiziaria, e più in particolare penitenziaria. Che si è un pò troppo complicata sicuramente per il regime non a caso chiamato “duro” cui è stato sottoposto, e che non è condiviso da un sacco di gente perbene, e non solo dai mafiosi, terroristi e quant’altri vi siano incorsi, ma anche per la decisione da lui presa di protestare con lo sciopero della fame. Che  lui stesso ha voluto aggravare con la disposizione scritta di non sottoporlo a cure di sopravvivenza se e quando perderà coscienza nel carcere dove è stato trasferito, da Sassari ad Opera, proprio per metterlo in maggiore  protezione sanitaria.  

Non addebito, per carità, a Cospito chissà quali trame politiche per avere praticamente fatto coincidere i percorsi del suo sciopero e del governo realizzato da Giorgia Meloni dopo la sua vittoria elettorale, non gradita neppure agli anarchici. Si è trattato solo di una coincidenza, diciamo così. Di cui tuttavia Concita De Gregorio su Repubblica, trattando di altri aspetti della stessa questione, in particolare del comune interesse di mafiosi, terroristi e anarchici contro il carcere duro, ha scritto non a torto che “chiamiamo coincidenze quel che non riusciamo a spiegare”. Povera Concita, magari incorrerà anche per questo in chissà quali polemiche, dopo quelle che si è procurate di recente scrivendo della Meloni senza insultarla, anzi riconoscendole qualche qualità o elemento di buon interesse.

Coincidenze per coincidenze, il caso ha voluto anche che la delegazione del Pd  recatasi il 12 gennaio scorso al carcere di Sassari per visitare Cospito -e presa di mira nell’aula della Camera dal meloniano Giovanni Donzelli con parole un pò troppo sopra la righe provocando rumorose proteste e imbarazzando, sembra, la stessa presidente del Consiglio a Palazzo Chigi-  abbia compiuto la sua legittima missione, per carità, durante il percorso congressuale del partito. Che, d’altronde, è tanto lungo da avere incrociato ormai tutto, compresi -ripeto- i primi 100 giorni del novo governo, e non solo lo sciopero della fame del detenuto anarchico. 

La delegazione del Nazareno, chiamiamola così dal nome della strada romana dove ha sede nazionale il partito, era composta dalla capogruppo della Camera Debora Serracchiani, dal senatore Walter Verini, tesoriere e già responsabile dei problemi della giustizia della sua forza politica, dall’ex guardasigilli Andrea Orlando e da Bachisio Silvio Lai. Del quale, scusandomi, non conosco le particolari competenze nel Pd, oltre alla sua professione di dentista. Ma, trattandosi di un deputato sardo eletto proprio a Sassari, potrei ben pensare, senza mancargli di rispetto, ch’egli abbia fatto un pò il padrone di casa ai colleghi arrivati nell’isola per sincerarsi legittimamente -ripeto- delle condizioni di salute e altro del detenuto in ostinato sciopero della fame. 

Mi scuso per l’eventuale mancanza di discrezione, la involontaria malizia e quant’altro, ma sarei curioso di sapere se la composizione di quella delegazione  parlamentare fu decisa a suo tempo col solo, esclusivo criterio della competenza, che certamente non mancava e non manca, per esempio, a Orlando e Verini, in rigoroso ordine alfabetico, o stando bene attenti a coprire tutte le aree, o correnti, del partito. E ciò per via della coincidenza col clima congressuale e persino “costituente” nel quale il Pd si trova. Un clima che fa di tutto un caso poliedrico, a doppia, tripla e ancor più diffusa lettura. Basterà pensare al clamore, a dir poco, scoppiato con l’annuncio di adesione al Pd da parte della “iena” ex grillina Gino Giarrusso, attratto -hanno scritto al Fatto Quotidiano nella cattiveria di giornata in prima pagina- dalla “carne di cadavere” del partito. E forse anche del candidato alla segreteria prescelto dal nuovo arrivato senza avere prima chiesto scusa di tutte le nefandezze urlate contro quella parte in passato.

A mio modestissimo avviso, più il caso umanitario di Alfredo Cospito, quale lo considero condividendo l’opinione di Luigi Manconi che la vita e la dignità di ogni detenuto vanno difese “a prescindere dal suo curriculum criminale”; più il caso umanitario di Alfredo Cospito, dicevo, viene immerso nella politica, nelle sue logiche, nei suoi giochi, nelle sue contingenze, nelle sue beghe, più lo si complica e se ne compromette una soluzione ragionevole. 

A furia di buttare in politica questa vicenda, e di pensare di strumentalizzarla in un verso o nell’altro, mi è toccato addirittura di vedere da qualche parte paragonare Cospito ad Aldo Moro e lo Stato, o il governo, alle brigate rosse che nel 1978 lo sequestrarono fra il sangue della scorta per ucciderlo spietatamente dopo 55 giorni di prigionia come un cane. Al quale spararono, inerme  nel bagagliaio di un’auto, in modo tale da prolungarne al massimo la dolorosa agonia, come ha accertato l’ultima commissione parlamentare d’inchiesta. Sono semplicemente inorridito al paragone. 

Pubblicato sul Dubbio

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