La pedata di Grillo a Conte potrebbe paradossalmente aiutare Draghi

Dal blog di Beppe Grillo

Il caso, anzi l’ironia colta perfettamente da Stefano Rolli nella sua vignetta di giornata sul Secolo XIX, ha voluto che Beppe Grillo licenziasse con una pedata nel sedere Giuseppe Conte dal cantiere di rifondazione del MoVimento 5 Stelle nelle stesse ore in cui a Palazzo Chigi Mario Draghi cercava faticosamente un’intesa con i sindacati sui licenziamenti. E non si può neppure definire “giusta causa” quella indicata da Grillo – perché, ha scritto il comico, garante e quant’altro, Conte “non ha né visione politica, né capacità manageriali, non ha esperienza di organizzazioni, né capacità di innovazione”- non potendosi certo dire che ne abbia il fondatore, viste le condizioni in cui si trova la sua comunità. Che sembra di “tossicodipendenti” per ammissione dello stesso capo.

Dall’editoriale di Marco Travaglio
Titolo del Fatto Quotidiano

            Impietosamente Marco Travaglio, che non si rassegna a dare per chiusa la partita avendo titolato sul Fatto Quotidiano che dei due “ne resterà uno solo” e che “la base molla” con le sue reazioni internettiane quello che il manifesto ha definito “il padre affondatore”, ha raccontato di Grillo: “Fino a qualche tempo fa ci inviava delle lettere firmate “Beppe Grillo e il suo neurologo”. Poi tragicamente il suo neurologo morì. E se ne sente la mancanza. Barricato nel suo bunker, in piena sindrome di Ceausescu, l’Elevato si rimira allo specchio e si dice quanto è bravo. E’ come l’automobilista  che imbocca l’autostrada contromano e pensa che a sbagliare siano tutti gli altri”. Meno male che al direttore del giornale contemplatore delle stelle non è tornato in mente, dell’”automobilista” Grillo, l’incidente su una strada di montagna, tanti anni fa, in cui il comico si buttò dalla vettura che guidava salvandosi ma lasciando precipitare nel burrone e morire gli incolpevoli ospiti. Questa volta, tuttavia, il comico potrebbe difendersi dicendo di avere preferito buttare via il passeggero affiancato al posto di guida rimanendo nella vettura con gli altri nella discesa suicida.

            Molti discutono adesso non tanto della votazione digitale che Grillo ha commissionato al riassunto Davide Casaleggio non sullo statuto “seicentesco” proposto da Conte ma su un comitato direttivo di presunta rianimazione della comunità, quanto degli effetti che il marasma pentastellato potrà avere sul governo Draghi. Se ne mostrano preoccupati, nella maggioranza, un po’ tutti, a cominciare dal segretario del Pd Enrico Letta, che pensa anche, se non soprattutto, alle trattative complicatesi sull’elezione del successore di Sergio Mattarella al Quirinale, a febbraio.

            Paradossalmente si potrebbe dire che Draghi e il capo dello Stato che lo ha così fortemente voluto a Palazzo Chigi avrebbero da temere sorprese più dal licenziato che dal licenziatore, più da Conte, e da quanti sembrano tentati di preferirlo a Grillo, che dal comico rimasto padrone del movimento col comitato direttivo che conosceremo a suo tempo. A darcene conferma è proprio Travaglio nel suo editoriale quando scrive dell’ex presidente del Consiglio come dell’unico in grado di fare partecipare i pentastellati al governo “a schiena dritta”, mettendosi cioè di traverso, dissentendo dalla presunta “trazione” leghista e persino meloniana della maggioranza, creando insomma problemi. Ciò significa appunto, o dovrebbe significare, che su Grillo invece Draghi e Mattarella potrebbero continuare a contare, come all’avvio dell’operazione emergenza. Così è se vi pare, come dice una celebre opera di Luigi Pirandello.

Ripreso da http://www.statmag.it e http://www.policymakermag.it

Clamorosa confessione di Grillo di sentirsi in una comunità di tossicodipendenti

Dal blog del garante del MoVimento 5 Stelle

Fra le varie accuse rivoltegli da Beppe Grillo credo che a Giuseppe Conte sia dispiaciuta, per l’alta considerazione che egli ha maturato di sé anche in politica dopo tanto tempo trascorso alla guida del governo, soprattutto quella di non avere “studiato” il MoVimento 5 Stelle, pur avendone predisposto lo statuto per rifondarlo. E ciò secondo il mandato ricevuto dal “garante” e fondatore in persona in una cornice solenne come quella dei fori imperiali, a Roma, ammirabili dall’albergo abituale di Grillo.

Quello di non avere “studiato” deve essere costato a Conte più ancora- penso- del rimprovero,  in un impeto di rabbia personale davanti ai parlamentari pentastellati, di avere scambiato Grillo per un “coglione”, testuale. Di questo l’ex presidente del Consiglio ha forse sorriso, abituato al linguaggio del comico e provvisto, come ha detto ai giornalisti nella conferenza stampa di risposta, di avere il senso dell’umorismo. Non essersi applicato invece allo studio per un professore di diritto e un avvocato come lui deve essergli sembrata davvero un’offesa, per quanto non tale -ha detto anche questo Conte- da indurlo alla richiesta, attribuitagli da alcuni giornali, di “scuse pubbliche”.

Conte alla conferenza stampa di sfida

            Il professore ha assicurato di avere non solo “studiato” diligentemente il movimento ma di averne anche frequentato ambienti ed esponenti un po’ in tutta Italia nei quattro mesi trascorsi dal conferimento dell’incarico di rifondarlo, e non solo di “imbiancarlo”, come si faceva di Pasqua con le case dalle sue parti, in terra pugliese. Ma egli ha tratto alla fine la convinzione di trovarsi di fronte più che a un movimento, ad una “comunità”. E per giunta “sfibrata” per come evidentemente era stata gestita, o non gestita, sino ad allora in quella che in altre occasioni, quando era ancora presidente del Consiglio, Conte aveva definito con comprensione psicologica “crisi d’identità”. E come tale spiegato ogni tanto ai suoi autorevoli interlocutori internazionali, a cominciare dalla cancelliera tedesca Angela Merkel. Con la quale egli fu sorpreso una volta al bancone di un bar parlare dei problemi, appunto, dei grillini alle prese con gli allora alleati di governo leghisti, che avevano già  cominciato a guadagnare voti a spese delle cinque stelle. La cancelliera, pur abituata a problemi di convivenza tra forze politiche diverse, anzi elettoralmente contrapposte, sembrava guardarlo come un marziano, tanto erano ancora più problematici i rapporti all’interno della maggioranza italiana allora gialloverde, peraltro destinati ad essere uguagliati e persino superati poi nella maggioranza giallorossa.

            Una comunità, anche se non ne mancano in buona salute, per niente sfibrate come quella avvertita da Conte tra incontri, telefonate, viaggi e quant’altro, di solito portano a pensare a problemi, malesseri, disagi. La più famosa che mi viene in mente- chiedo scusa sia a Conte sia a Grillo, che tuttavia ha scritto di sentirsi un po’ circondato da “tossicodipendenti” – è quella fondata nel 1978 a San Patrignano dal compianto Vincenzo Muccioli, e sostenuta finanziariamente dai Moratti. Era una comunità di recupero guidata da Muccioli come un “padre padrone” quale l’ex presidente del Consiglio ha mostrato di credere che sia stato o sia tuttora Grillo esortandolo a diventare finalmente un “genitore generoso”. Muccioli rimediò come capo di quella comunità guai giudiziari peggiori di quelli con i quali ha avuto a che fare Grillo nella sua vita, già prima che gli capitasse sulla testa la tegola del figlio accusato di stupro, si spera senza fondamento, fra le proteste audiovisive del padre, persino a rischio di effetti controproducenti.

            Le dipendenze curate nella comunità di San Patrignano erano notoriamente quelle da droga. Le dipendenze della “comunità” 5 Stelle capitata sotto l’esame di Conte sono fortunatamente, per carità, tutte politiche. Ma fortunatamente sino ad un certo punto se a questa comunità tocca il privilegio, l’occasione, la sventura, chiamatela come volete, secondo gusti e preferenze, di diventare ad un certo punto la forza centrale, in quanto la più votata, di un sistema. O, quanto meno, di una legislatura come quella uscita dalle urne del 2018 e in scadenza nel 2023.

            Le dipendenze di questa comunita finite sotto l’esame di Conte ma avvertite al suo interno prima di lui anche da persone non certo di secondo piano, come l’ex capo e ora “solo” ministro degli Esteri Luigi Di Maio, sono quelle -direi- dell’antipolitica, del Parlamento scambiato per una “scatola di tonno” da tagliare e svuotare, non necessariamente mangiandone o assimilandone il contenuto, ma buttandolo via come nocivo alla salute. Sono le dipendenze -scusatemi anche qui la sincerità- dalle gogne mediatiche e giudiziarie come quella di cui si è recentemente scusato il già citato Di Maio di fronte all’assoluzione in appello di un sindaco del Pd arrestato fra le sollecitazioni e gli applausi della piazza tribunalizia. O le dipendenze dai diritti scambiati per privilegi, furti e via penalizzando. O le dipendenze da una visione spesso utopistica del mondo e dei problemi, con l’inevitabile produzione dei danni che procurano spesso utopia e incompetenza mescolate fra di loro.

            Sono cose dure da pensare e da scrivere, come da confessare cercando di rimediarvi. Ma sono cose- ahimè- vere che non possono essere esorcizzate negandole. Gli struzzi non sono fatti per governare.

Pubblicato sul Dubbio

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