Lo “scandalo” sgonfiato della Camera assenteista, vigliacca e quant’altro…

            Due parole, quasi due, sullo “scandalo” della Camera assenteista, codarda e quant’altro  denunciato con particolare spreco di invettive e insulti su Libero da Vittorio Feltri dopo le due votazioni a vuoto, per mancanza del cosiddetto numero legale, sulla proroga dello stato di emergenza virale sino al 31 gennaio. Che era stata preannunciata e motivata a nome del governo dal ministro della Salute Roberto Speranza.

            La terza votazione, svoltasi ieri mattina, si è risolta con 253 sì, 3 no e 17 astensioni, nuovamente assenti le opposizioni per protesta. A numeri sostanzialmente invariati rispetto alle precedenti, e disertata per protesta dalle opposizioni come nelle precedenti, la votazione è stata considerata valida perché, grazie ad un parere appositamente espresso dalla giunta del regolamento, sono stati considerati in missione, comunque giustificati, gli assenti della maggioranza per ragioni sanitarie, essendo in quarantena per contagio o relativi accertamenti. Tutto insomma si è risolto nella classica bolla di sapone. Di cui Libero non ha ritenuto di riferire in prima pagina ai lettori neppure con un rigo, dopo la indignata denuncia, sempre in prima pagina, del giorno prima. E’ come aprire il giornale con l’arresto di qualcuno e ignorarne poi la scarcerazione o l’assoluzione.

            Non scrivo altro per carità professionale, a dir poco. Lasciatemi comunque deplorare l’antiparlamentarismo, politico come quello grillino o d’accatto che sia.

Piccoli Trump crescono anche sotto le stelle senza strisce

            Col permesso della buonanima addirittura di Virgilio- che nelle Georgiche paragonava il lavorìo delle api e dei Ciclopi, “si parva licet componere magnis”- lasciatemi abbinare il Luigi Di Maio rinfrancato in Italia dall’esito dei ballottaggi comunali, a cominciare dalla  sua Pomigliano d’Arco con l’elezione del proprio candidato a sindaco appoggiato dal Pd locale, al presidente americano Donald Trump. Che, a leggere il buon Federico Rampini su Repubblica, si sente “rinato” nella campagna elettorale per la Casa Bianca dal contagio virale subìto e al tempo stesso sfidato. In verità, i sondaggi danno ancora in testa lo sfidante democratico Joe Biden. Ma i sondaggi, si sa, fanno a Trump i baffi che non ha.

            Una certa sintonia, sotto sotto, tra il “piccolo” pentastellato Di Maio e il “grande” a stelle e strisce  Trump, per dimensioni fisiche proprie e dei Paesi di appartenenza, è sfuggita al nostro stesso ministro degli Esteri nel passaggio conclusivo di una sua recente intervista alla Stampa inneggiante al presunto successo nel ballottaggi municipali di domenica e lunedì scorsi, secondo lui compensativi del fiasco grillino, l’ennesimo, nelle elezioni regionali del 20 e 21 settembre.

            Ministro, Trump o Biden?, gli ha chiesto l’intervistatore. E lui: “Gli Stati Uniti innanzitutto. Poi per esperienza personale posso dirle che con l’amministrazione Trump si lavora molto bene e con Mike Pompeo”, il Segretario di Stato americano venuto recentemente a Roma e accolto anche alla Farnesina, “si è instaurato un legame di amicizia”.

            Pensate un po’ come sarebbe uscito meglio dalla risposta in veste di pur sempre ministro degli Esteri della Repubblica d’Italia se Di Maio si fosse fermato agli iniziali “Stati Uniti innanzitutto”, risparmiandosi il resto. Che espone non solo lui personalmente ma l’intero governo di cui fa parte al rischio di dovere o potere avere a che fare fra qualche mese con l’ex vice presidente di Obama alla Casa Bianca. Ma così vanno le cose anche nella nostra diplomazia sotto le…cinque stelle italiane, immagino con quali riflessioni e grattamenti di viso e di capelli di Sergio Mattarella al Quirinale. Ormai Di Maio contende a Conte, pur mandato e poi inchiodato a Palazzo Chigi dal suo movimento, anche la cordialità e i sottintesi di quel “Giuseppi” lanciato l’anno scorso come un salvagente dalla Casa Bianca al presidente del Consiglio italiano che rischiava di essere travolto dalla crisi di governo aperta da Matteo Salvini.

            Non so se Di Maio sia astemio o no, pur se in qualche foto l’ho visto con amici a tavola tra bicchieri e bottiglie anche di vino. Ma temo che un po’ di ebbrezza gliel’abbiano procurata i ballottaggi di cui si è inorgoglito  se a “quella manciata di piccoli Comuni” impietosamente ricordatagli dall’intervistatore egli ha risposto: “Mi basta che in tutti i Comuni dove ci siamo presentati in coalizione abbiamo vinto: da Pomigliano d’Arco a Matera, passando per Giugliano e Caivano”, dove -si è vantato- “sono andato a sostenere i nostri candidati perché sono persone in carne ed ossa, pulite, con la schiena dritta, con dei valori, a dimostrazione del fatto che il movimento 5 Stelle non rinuncia affatto ai suoi”.

          Peccato, per il nostro ministro degli Esteri alle prese con l’atlante italiano fra la Basilicata e la Campania, che quei Comuni conquistati dai suoi uomini “in carne e ossa”, non fantasmi, abbiano una popolazione complessiva di soli 261 mila abitanti su più di 60 milioni di italiani.  

 

 

 

 

Ripreso da http://www.startmag.it http://www.policymakermag.it

Quell’intimazione di sfratto a mezzo stampa alla seconda carica dello Stato

            Oddio, che ha combinato la presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati, oltre ad avere quel nome troppo lungo per certi gusti e ad avere indetto una gara d’appalto “da casta” sulla distribuzione della posta del Senato con “pony express in giacca e cravatta”, per guadagnarsi un’intimazione di sfratto addirittura dal mio amico Antonio Padellaro? Che nella redazione del giornale da lui stesso fondato può ben ritenersi un mite rispetto agli altri.

            La signora in una intervista al Corriere della Sera ha soltanto osato, e non per la prima volta, dolersi delle condizioni costrittive, diciamo così, in cui si trova il Parlamento per i tantissimi decreti legge e decreti presidenziali del governo e per lo stato di incertezza e di confusione che grava sul Paese. Che è così stato tanto avvertito nella stessa maggioranza governativa che si sprecano inviti e proposte di “nuova fase”, “verifica”, “rimpasto”, “tavolo” negoziale, “contratto” e via discorrendo. E ciò per non parlare della crisi del maggiore movimento della coalizione governativa, sull’orlo di una scissione da possibili percorsi giudiziari, addirittura. O per non parlare, ancora, dei moniti alla concretezza e pacificazione che si levano continuamente dal Quirinale. Dove Padellaro teme che una come la Casellati possa arrivare un giorno o solo recarvisi come supplente in caso di impedimento momentaneo del presidente della Repubblica.               

              Via, Antonio, calmati.

 

 

Pubblicato sul Dubbio

Blog su WordPress.com.

Su ↑