Ormai di Silvio Berlusconi non si può più scrivere a caldo, diciamo così. Ogni volta che parla in diretta, in un salotto televisivo o in una sala affollata di gente curiosa di vederlo e di sentirlo, bisogna aspettare che il giorno dopo, qualche volta anche prima, egli chiarisca, precisi o smentisca quello che ha detto e gli altri, naturalmente, hanno “travisato”. Il che presuppone o asineria professionale o malafede.
Spiace davvero che questo straordinario imprenditore prestatosi coraggiosamente o disperatamente alla politica, secondo i gusti, nelle eccezionali e persino drammatiche circostanze di 23 anni fa, quando un pugno di magistrati si propose di sostituirsi agli elettori per rivoltare la democrazia italiana come un calzino, abbia finito per diventare attore e persino protagonista di quel “teatrino della politica” tante volte da lui dileggiato.
L’uscio aperto in Italia alla prosecuzione del governo in carica dopo un risultato elettorale sterile, incapace cioè di tradursi in una maggioranza parlamentare, è stato richiuso da un Berlusconi, diciamo così, di esportazione a Bruxelles con l’annuncio della sicurezza di uscire vittorioso dalle urne alla guida di una rinnovata coalizione di centrodestra. Nella quale i “capricci” contestati il giorno prima al segretario leghista Matteo Salvini sono stati derubricati a “puntigli”, destinati ad essere superati al primo incontro possibile fra di loro, ed altri volenterosi. E pazienza se contemporaneamente il segretario della Lega, dichiarato aspirante alla guida del prossimo governo di centrodestra, dichiari pubblicamente di non avere alcuna voglia e fretta di incontrarlo, non sapendo bene peraltro che cosa contestargli di preciso, visto che l’ex presidente del Consiglio dice e si contraddice continuamente.
In questo curioso contesto politico e umano c’è chi si diverte, anche al costo di contraddirsi e di contraddire anche lui il giornale che pure ha fondato e ispira. E’ Giuliano Ferrara, sul cui Foglio, uscito il giorno prima con cronache e commenti preoccupati della “incompatibilità anagrafica, personale e antropologica profondissima” fra Berlusconi e Salvini, ha riferito il giorno dopo, con un titolo rigorosamente in rosso compiaciuto, della “impareggiabile vertigine del Cav.”: abbreviativo affettuoso del Cavaliere che l’amico Silvio ha smesso di essere per intero quattro anni fa a causa di una condanna anomala ma definitiva per frode fiscale. E per la conseguente decadenza da senatore, votata a Palazzo Madama a scrutinio odiosamente palese applicando retroattivamente una controversa legge approvata pochi mesi prima anche dai parlamentari berlusconiani. E’ naturalmente la legge Severino, dal nome della ministra della Giustizia del governo tecnico e per niente rimpianto di Mario Monti.
“Che freschezza molto adulta -ha scritto Ferrara nel sommario del suo titolo- questo Berlusconi da Vespa che dice quanto sia inutile questa campagna elettorale. L’uomo c’è, ha ancora una testa piena di immaginazione, non ha mai paura di smentirsi. Ci sarà da divertirsi”. Buon divertimento, appunto.
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