Rivolta dei lettori antirenziani di Repubblica. Calabresi apre il solito dibattito

         Mentre Matteo Renzi si è comprensibilmente affrettato a compiacersi dell’intervento del prestigioso psicanalista Massimo Recalcati su Repubblica contro l’antirenzismo di una sinistra che rifiuta da tempo di “fare il lutto della sua identità ideologica”, il direttore del giornale fondato da Eugenio Scalfari ha dovuto fronteggiare le proteste dei lettori abituati alle vecchie campagne d’odio contro gli avversari di turno, come Bettino Craxi negli anni Ottanta e poi Silvio Berlusconi.

         Del compiacimento di Renzi, che raccoglie i frutti del paziente corteggiamento, diciamo così, di Scalfari, al quale il segretario del Pd chiede continuamente consigli, politici e persino letterari, si trova traccia nella sua lettera telematica a chi ne segue il sito. Dei problemi del direttore di Repubblica Mario Calabresi è testimonianza un dibattito prontamente avviato sull’articolo di Recalcati.

         La stessa cosa accadde durante la campagna referendaria sulla riforma costituzionale, dopo che Scalfari in persona intervenne a favore dell’allora presidente del Consiglio con un articolo le cui reazioni di protesta intasarono il centralino telefonico del giornale.

         Un dibattito non si nega a nessuno, come un sigaro a chi ne fuma o una onorificenza a chi ci tiene, ma ha anche i santi in paradiso per vedersi accontentare.

         Con tanto di annuncio in prima pagina, visibile venti volte più del richiamo del giorno prima dedicato all’intervento di Recalcati, hanno potuto esprimersi sui giudizi dello psicanalista a pagina 11 di Repubblica il filosofo Roberto Esposito, lo storico Guido Crainz e lo storico dell’arte Tomaso Montanari. Che dei tre è stato naturalmente il più antirenziano, convinto che il segretario del Pd sia nient’altro che un “avventurista”, variante di avventuriero, e quanto meno degli sprovveduti quanti il 4 dicembre scorso osarono votare per la sua riforma costituzionale: a cominciare da Giuliano Pisapia, perciò contestato da Montanari -a suo tempo consigliato da Massimo D’Alema di fare l’assessore alla cultura nella giunta grillina in Campidoglio- come un credibile federatore di un nuovo centrosinistra a partecipazione renziana.

         Si vedrà se e quanto il dibattito prudentemente e rapidamente aperto dal direttore di Repubblica placherà i suoi lettori fermando la perdita di copie che subisce da tempo il giornale ex corazzata della flotta di sinistra della politica italiana. Il calo delle vendite in edicola sembra abbia influito recentemente sulla decisione di Carlo De Benedetti di tradurre la sua dichiarata stanchezza in un passaggio delle consegne di editore al figlio Marco.

 

 

 

 

Ripreso da http://www.formiche.net col titolo: Come sbuffano i lettori anti Renzi della Repubblica di Calabresi

 

 

 

Lo strano ’68 di Bersani a Bettola usato contro Renzi

Aldo Grasso, l’ormai storico esperto televisivo del Corriere della Sera, che ha peraltro vissuto la stagione della contestazione giovanile del Sessantotto dalla postazione vantaggiosa e consapevole di un ventenne, non ha mandato giù il ricordo che ha mostrato di averne il buon Pier Luigi Bersani evocandolo contro il solito Matteo Renzi. Cioè, mostrando stupore perché non se ne sia già scoppiata un’altra edizione di fronte ai guasti che starebbe procurando alle nuove generazioni il segretario del Pd e -ahimè- di nuovo aspirante a Palazzo Chigi, anche se l’interessato cerca di mostrare indifferenza all’argomento quando ne parla come di un problema non attuale.

Nel suo “Padiglione Italia” di domenica Aldo Grasso si è chiesto, un po’ alla Maurizio Crozza, che razza di Sessantotto avesse vissuto nella sua Bettola l’allora diciassettenne Bersani, visto che ora riassume le contestazioni di allora nelle “3 emme” del mestiere, della moglie e della macchina. Il critico del Corriere ricorda invece altre lettere e slogan di quella ormai lontana stagione, come “Fate l’amore, non la guerra”, o “l’immaginazione al potere”, o “lotta dura senza paura”, o ancora “Tutto e subito”. E’ possibile -si è chiesto Grasso- che i liceali emiliani contestassero solo il mestiere così tenacemente perseguito e conquistato dai genitori, la macchina, evidentemente sgradita ai “ciclisti leninisti”, e la moglie per via del fastidioso ostacolo alla pratica dell’amore libero?

Sono seguite nella crozzata, diciamo così, di Aldo Grasso parole ironiche sul “bestiario fantastico” di Bersani, preso fa passerotti, tacchini sul tetto, giaguari da smacchiare e mucche nei corridoi del Pd. Mucche che, peraltro, hanno il vantaggio di contenere la emme: una lettera magicamente tradotta in una “parola palindroma” leggibile allo stesso modo, anche politicamente, tanto da destra quanto da sinistra, o viceversa.

Non meno curioso del rimpianto, in funzione antirenziana, del ’68 non importa di quale impronta, se francese, italiana o, ancor più in particolare, di Bettola con le tre emme contestategli ironicamente sul Corriere della Sera, è stato un recente affondo di Bersani, sempre in funzione antirenziana, che me lo ha fatto assomigliare al Ciriaco De Mita degli anni ’80.

L’ex segretario del Pd ha esortato Renzi e amici o sostenitori a non godere della crisi di consensi che ha subìto nelle ultime elezioni amministrative il movimento di Beppe Grillo.

Ostinato a vedere nel partito del comico genovese, come all’inizio di questa diciassettesima legislatura, quando ne inseguì l’aiuto ad un suo governo “di minoranza e combattimento”, una specie di costola della sinistra, per ripetere un’espressione usata nel 1995 da Massimo D’Alema nei riguardi dei leghisti appena usciti dalla prima alleanza elettorale e politica con Silvio Berlusconi, il buon Bersani ha detto -nella stessa intervista alla Stampa sul ’68- che una crisi grillina farebbe soltanto aumentare la “sfiducia” nel sistema politico. Sarebbe quindi meglio che il movimento a 5 stelle rimanesse solido e forte, non abbastanza magari da poter governare da solo, ma costretto dai numeri e dal buon senso, prima o poi, a cercare o accettare accordi e alleanze a sinistra, piuttosto che in direzione dei leghisti, a destra. Il problema insomma sarebbe di far capire finalmente ai grillini ciò che per conto di Bersani ha detto qualche giorno fa il senatore Miguel Gotor spiegando come e cosa dovrebbero sentirsi oggi i benpensanti di sinistra: “competitivi con Grillo, sfidanti rispetto a Renzi”.

Con o senza la variante o la spiegazione di Gotor, le preoccupazioni di Bersani per il pericolo che i grillini perdano voti e consenso mi ha richiamato alla mentre il De Mita degli anni Ottanta perché l’allora segretario della Dc esprimeva lo stesso tipo di timore per i voti che perdeva o poteva perdere il Pci, reduce peraltro dalla pesante sconfitta referendaria sui tagli alla scala mobile dei salari apportati dal governo presieduto da Craxi. E di cui pure la Dc faceva parte occupando da sola metà dei posti ministeriali.

De Mita scommetteva sulla tenuta del Pci in funzione anticraxiana così come oggi Bersani scommette sulla tenuta di Grillo in funzione antirenziana.

 

 

Pubblicato su Il Dubbio

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