Colpaccio del centrodestra al Senato con Stefania Craxi presidente della Commissione Esteri

Diavolo di un uomo, Silvio Berlusconi è riuscito a segnare un bel gol al Senato, pur non facendone parte, proprio nel giorno in cui il suo centrodestra e soprattutto il suo partito –Forza Italia- erano in braghe di tela, e giustamente, su tutte le prime pagine dei quotidiani per contrasti di natura politica e anche personale. 

Proprio in questo giorno, per le divisioni rivelatesi superiori nell’altro schieramento, il cosiddetto centrosinistra o “campo largo”, come preferisce chiamarlo il segretario del Pd Enrico Letta, il centrodestra è riuscito a portare alla presidenza della nuova Commissione Esteri del Senato la vice presidente della precedente edizione: Stefania Craxi. Che ha avuto a scrutinio segreto 12 voti contro i 9 del candidato dei 5Stelle, ed ex capogruppo di Palazzo Madama, Ettore Licheri. 

La protesta di Giuseppe Conte

Con astuta indifferenza alle circostanze che l’hanno portata alla presidenza, mentre il presidente del MoVimento soccombente si abbandonava a dichiarazioni di protesta e di sfida al presidente del Consiglio Mario Draghi, ormai sostenuto -a suo dire- da due maggioranze diverse,  fra le quali dovrebbe decidersi a sceglierne una, Stefania Craxi ha accettato l’elezione proponendosi e proponendo l’unità che sempre dovrebbe contrassegnare la gestione della politica estera di un Paese democratico e importante, specie in un momento difficilissimo come questo: con una guerra in corso in Europa, contro l’Ucrania, improvvidamente aperta dalla Russia di Putin. A favore della quale si era espresso, e aveva disinvoltamente votato nell’aula di Palazzo Madama il presidente pentastellato della precedente Commissione Esteri, Vito Rosario Petrocelli, mettendola letteralmente in crisi. E aggravandola  con la resistenza al proprio posto anche dopo la sconfessione e l’espulsione dal suo partito. Che è rappresentato al governo addirittura dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio. 

Stefania Craxi può ben essere considerata una figlia d’arte nella politica: figlia di quel Bettino Craxi che nella sua permanenza a Palazzo Chigi, fra il 1983 e il 1987, dimostrò  davvero al meglio  come si può stare e operare con dignità e coerenza in un’alleanza politica e militare. 

Reagan e Craxi ai tempi di Sigonella

Craxi fu l’uomo di Sigonella, dove una notte del 1985 per suo ordine nella base americana di Sigonella le forze armate italiane proibirono ai marines di sottrarre alle competenze nazionali, sequestrandoli, autori e responsabili del dirottamento terroristico della nave Achille Lauro nel Mediterraneo: un sequestro, quello a Sigonella, dov’era atterrato un aereo egiziano, personalmente reclamato al telefono col presidente del Consiglio dal presidente americano Ronald Reagan, dopo una inutile missione di protesta dell’ambasciatore statunitense a Palazzo Chigi. 

Con la stessa energia politica Craxi era stato il leader della maggioranza e poi il capo del governo italiano che aveva fatto installare a Comiso, in Sicilia, i missili necessari a neutralizzare il vantaggio acquisito contro la Nato dai sovietici con i loro SS20 puntati contro l’Occidente dalle basi del Patto di Varsavia. Da quella sfida l’Unione Sovietica sarebbe uscita sconfitta, anzi schiantata, senza bisogno che nessuno di quei missili fosse sparato. 

Preceduta da un’esperienza di sottosegretario proprio al Ministero degli Esteri col centrodestra al governo, Stefania Craxi saprà onorare la memoria del padre anche nella nuova, più prestigiosa postazione istituzionale. Il tempo non trascorre inutilmente, per quanti torti esso possa anche  fare o consentire di fare.  

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