Già abituale di suo, l’ulteriore aumento dell’astensionismo fra il primo e il secondo turno delle elezioni comunali era scontato dopo che tutti, proprio tutti i partiti, dell’ampia maggioranza e della ristretta opposizione, hanno contribuito a distogliere l’opinione pubblica dai ballottaggi. L’hanno distratta a tal punto, presumendo di politicizzare ancor più di quanto già non fossero gli appuntamenti con le urne, da provocare la fuga dai seggi e la corsa al mare, dove il tempo lo ha permesso. Era desolante il vuoto, per esempio, che ho trovato nella scuola della zona di Roma dove ho votato. Poco mancava che il presidente della sezione, riconoscente per averne interrotto la contemplazione del soffitto, mi offrisse un pasticcino.

Proprio i romani, specie quelli delle periferie, si sono quanto meno guadagnati il perdono, chiamiamolo così, del vignettista del Corriere della Sera, Emilio Giannelli. Che li ha trovati solo “pochissini”, anziché porci, nel vecchio gioco di tradurre negativamente la sigla della loro città: SPQR, acronimo storico di Senatus Populusque Quiritium Romanorum.


“Il centrodestra trema”, ha titolato la Repubblica scommettendo a suo modo, a dispetto di quella fandonia che è ormai diventato l’obbligo del silenzio elettorale a urne aperte, sulla vittoria a Roma di Roberto Gualtieri, il candidato del centrosinistra presuntivamente allargato alle 5 Stell, sul concorrente del centrodestra Enrico Michetti, che lo aveva superato nel primo turno. Ma sarebbe una ben magra vittoria quella di un sindaco sostanzialmente di minoranza. Lo sarebbe naturalmente anche quella di Michetti, guadagnatosi fra il primo e il secondo turno anche la preferenza dichiarata del marito della sindaca grillina uscente Virginia Raggi, come a Torino l’omologo dal marito della sindaca, sempre grillina, Chiara Appendino. Ma chi se n’è accorto nel bailamme scatenatosi fra il primo e il secondo tempo della partita?


“L’attenzione dei cittadini -ha scritto giustamente Federico Geremicca sulla Stampa di ieri- è stata calamitata dall’esordio del green pass obbligatorio. E i partiti hanno litigato, piuttosto su fascismo e democrazia, dividendosi quelli di maggioranza su questioni di governo assai delicate, che nulla hanno a che fare col voto di oggi e domani”. Penso, per esempio, alle barricate levate in difesa del sempre più costoso reddito di cittadinanza da ciò che rimane del MoVimento 5 Stelle, che si identifica in questa misura. Eppure, lungi dall’avere “sconfitto la povertà”, secondo l’annuncio fatto dal balcone di Palazzo Chigi dall’allora vice presidente del Consiglio Luigi Di Maio, essa l’ha aumentata distraendo ingenti risorse dal sistema produttivo e dalla creazione di nuovi posti di lavoro. E questo senza parlare degli scontati abusi cui la misura si sapeva dall’inizio potesse prestarsi, rivelatisi superiori alle peggiori previsioni anche per effetto della sopraggiunta pandemia. Sono quindici miliardi in due anni gli euro rubati in frodi da reddito di cittadinanza, invalidità e pensioni, ha appena calcolato la Guardia di Finanza e pubblicato il Corriere della Sera.
E poi bisogna sentirsi dire da Marco Travaglio sul solito Fatto Quotidiano che è Mario Draghi, l’uomo al presunto servizio della Confindustria, e non il politicamente compianto Giuseppe Conte, che lo ha preceduto a Palazzo Chigi sino a gennaio scorso, ad essere una specie di reincarnazione di Maria Antonietta, convinta nel 1789 di poter evitare la rivoluzione francese facendo distribuire brioches alla popolazione.
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