Che autorete per il centrodestra quella piazza restituita alla sinistra…

Titolo di Libero

A cose fatte, cioè a manifestazione compiuta nella piazza romana di San Giovanni tornata storica per la sinistra, dopo che Silvio Berlusconi con i suoi alleati di centrodestra riuscì una volta a riempirla come il Pci ai tempi di Enrico Berlinguer, ripeto con maggiore convinzione della vigilia: Dio mio, che errore avere disertato e restituito quella piazza agli avversari politici. Che errore averlo compiuto in nome di una cosa che ormai non rispetta più nessuno, con i cambiamenti intervenuti nella comunicazione: il silenzio elettorale sbandierato sulla prima pagina, per esempio, di Libero. Quasi che a suo modo non l’avesse violato anche il centrodestra accusando di violazione la sinistra, demonizzandone così l’iniziativa e politicizzandola ancor più di quanto non avessero voluto fare forse i suoi promotori.

Conte e Gualtieri in Piazza San Giovanni a Roma
Massimo D’Alema a Piazza San Giovanni

Non credo proprio che la presenza in quella piazza anche di Giorgia Meloni col candidato di centrodestra al ballottaggio capitolino di oggi Enrico Michetti, compensativa di quella di Giuseppe Conte col concorrente Roberto Gualtieri, sarebbe passata inosservata, o quella di Matteo Salvini e Antonio Taiani, visti gli impedimenti ricorrenti di Berlusconi, rispetto a quelle di Enrico Letta e di Massimo D’Alema. Eppure sia Michetti che qualificati parlamentari del partito di Giorgia Meloni erano corsi nella sede della Cgil assaltata e devastata dai forzanovisti per solidarizzare col sindacato rosso, così come Berlusconi si era affrettato a telefonare solidalmente al segretario generale della Confederazione Maurizio Landini.

Dalla prima pagina del Corriere della Sera

Non credo che sul Corriere della Sera il “cronista” Fabrizio Roncone in presenza anche del centrodestra avrebbe potuto cominciare il suo articolo in prima pagina scrivendo, come quelle assenze gli hanno invece consentito avvolgendosi in qualche modo anche lui nelle bandiere rosse: “Striscioni, palloncini, bandiere, pugni chiusi e Bella Ciao”. Qualcosa egli avrebbe dovuto scrivere per dovere professionale anche della presenza, se ci fosse stata, di esponenti del centrodestra. Che sarebbero stati peraltro coerenti con l’obiettivo o la necessità della “pacificazione” indicata nei giorni precedenti da Matteo Salvini uscendo non da una trattoria romana, non dalla sua abitazione, ma da Palazzo Chigi. Dove il leader leghista aveva avuto il secondo incontro in pochi giorni col presidente del Consiglio Mario Draghi. Che occasione migliore poteva offrirsi per una pacificazione, in tempi ancora di pandemia, di una presenza, o di un ritorno del centrodestra in piazza per confermare la solidarietà espressa già al sindacato vilmente aggredto nel suo sacrosanto diritto di esistere?

Titolo di Repubblica
Titolo della Stampa

Dio mio, ripeto, che errore. Al quale per fortuna non si è aggiunto quello, solito invece in occasione delle piazze da riempire, di stare a polemizzare sulle cifre, contrapponendo i duecentomila manifestanti contati e gridati da Repubblica ai centomila della Stampa. Duecentomila o la metà che siano stati, lo spettacolo per chi l’aveva promosso è riuscito.

La prima pagina del manifesto

Non ha avuto torto, obiettivamente, il quotidiano orgogliosamente comunista il manifesto, con la sua abituale arguzia, a riconoscere a Maurizio Landini di avere fatto “un buon lavoro” con la sua iniziativa, prima ancora che col suo discorso abilmente inneggiante alla “piazza di tutti” lasciata masochisticamente dal centrodestra solo all’altra parte.

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