Martelli rinfaccia a D’Alema l’anticraxismo dimenticato

Claudio Martelli nella sua nuova veste di giornalista ha avuto gioco sin troppo facile, con l’archivio di cui dispone sulla sua passata esperienza politica, per rinfacciare a Massimo D’Alema gli strumentali e troppo tardivi riconoscimenti delle qualità di sinistra di Bettino Craxi, in funzione antirenziana. E in risposta a una domanda non  casuale, in una intervista al Corriere della Sera, sulla possibilità di considerare il segretario del Pd in qualche modo erede dell’anticomunismo di sinistra, appunto, dello scomparso leader socialista.

“Si riconosce di essere di sinistra al nemico morto -ha scritto sul Quotidiano Nazionale l’ex vice segretario di Craxi al Psi- solo per negarlo più aspramente a quello vivo”. Un vivo di cui al solito Fatto Quotidiano diretto da Marco Travaglio già si celebrano i  funerali in una vignetta di Mannelli.

In particolare, Martelli ha rinfacciato a D’Alema di avere dichiarato all’Unità il 10 giugno 1992: “Un governo Craxi sarebbe una tragedia per la sinistra”. E poi, il 10 agosto dell’anno dopo a Repubblica, quando già Bettino non era più segretario del Psi: “L’unica grande passione di Craxi è l’odio per la sinistra”.  Un odio peraltro ricambiato, se lo stesso D’Alema traduceva così il problema dei rapporti fra Craxi e i magistrati che indagavano sul  fenomeno, peraltro diffusissimo, del finanziamento illegale della politica: “Se uno va rubare un orologio d’oro è chiaro che sarà messo in galera”. Nè Craxi avrebbe potuto pensare di fermare “il treno” avviato e condotto dalla magistratura e dintorni per travolgerlo “buttandosi  sui binari”. Ladro e pure scemo, quindi, il leader socialista rappresentato da D’Alema negli anni che si è deciso a rivisitare e riabilitare per usare Bettino come un bastone contro l’odiatissimo Renzi. Che un po’, peraltro, se l’è andata a cercare -direbbe la buonanima di Giulio Andreotti- avendo sempre partecipato alla demonizzazione dello scomparso leader socialista, preferendogli la memoria, per esempio, di Enrico Berlinguer. 

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