Nella Rimini di Beppe Grillo e Di Maio manca solo la nave di Fellini

A Rimini, la città -non dimentichiamolo- del grande Federico Fellini, manca soltanto la nave da lui inventata per segnare il passaggio di un’epoca. Se il fantasioso regista fosse ancora vivo, vi farebbe salire Beppe Grillo, accorso sul litorale romagnolo in veste ormai di “papà” dei suoi militanti a cinque stelle. Molti dei quali faticano però ad accettare il cambio appunto di un’epoca del movimento concepito dieci anni fa col vaffa..celebrato e gridato in un raduno a Bologna dal comico scopertosi leader politico.

Grillo si è scelto come primogenito, dietro il solito pannello digitale, il giovane Luigi Di Maio, pur affetto da congiuntivite, cioè da un rapporto difficile con i congiuntivi, e da una certa confusione geografica dimostrata confondendo Venezuela e Cile.  Furbo, il papà. Anzi, furbissimo. Se alle prossime elezioni politiche il primogenito riuscirà a fare bingo, e addirittura a trasferirsi dall’ufficio di vice presidente della Camera al limitrofo Palazzo Chigi, il papà ne potrà essere compiaciuto e orgoglioso. E attribuirsene il merito. Se il giovanotto di Pomigliano d’Arco non ci dovesse riuscire, com’è più probabile, il papà potrà rammaricarsene, e basta. La sconfitta avrà un altro titolare.

Grillo potrà fare allora come un altro illustre papà di fantasia: Eugenio Scalfari, anche lui con barba, ma molto più raffinata ed elegante di quella del comico. Scalfari fu subito soprannominato affettuosamente “Barpapà” nella redazione della Repubblica di carta da lui fondata nel 1976. E rimasta, sino a quando lui ne è stato direttore, più di vent’anni fa ormai, in competizione col Corriere della Sera per il primo posto nella graduatoria della diffusione e delle vendite dei giornali italiani. Poi è stata un’altra storia, specie quando alla direzione è arrivato, peraltro senza l’assenso preventivo di Scalfari, e tra le sue proteste pubbliche per la mancata consultazione, Mario Calabresi.

Ma torniamo a Beppe Grillo e al suo movimento pentastellato, o pentastellare, come preferite. Senza voler guastare la festa a lui e a Di Maio, e al netto del ruolo tanto misterioso quanto incombente di Davide Casaleggio, figlio -anche lui, ma vero- di Gianroberto, forte è la tentazione di chiedersi quanti figli avrà l’occasione o la sventura di divorare questo nuovo Saturno che sembra diventato politicamente  il comico di Genova. E speriamo che non divori anche i figli, come gli odiati giornalisti, solo per il gusto di poterli poi vomitare.

D’altronde, anche l’insospettabile Marco Travaglio,non certamente ostile ai grillini, di solito indulgente con loro come uno zio buono, ha avuto da ridire sui modi, sui tempi e sul contenuto della svolta. Ed ha scomodato l’incolpevole Jacques Berl per ricordare a Di Maio e fratelli, e al loro papà, che si può anche “continuare a invecchiare senza diventare adulti”.

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