Se anche un’udienza del Papa finisce nel mercato politico del governo Meloni

In ore o giorni in cui alla presidente del Consiglio capita di essere rappresentata da un vignettista -come Nico Pillinini sulla Gazzetta del Mezzogiorno- minacciata d’un colpo alla testa dal pistolone del benzinaio, a rischio insomma di impopolarità per i prezzi alle stelle dei carburanti attribuiti dalle opposizioni alla mancata o scarsa avvedutezza del governo nella gestione del problema; in ore o giorni di questo tipo, dicevo, qualcuno si è posto il problema di quanto Giorgia Meloni abbia potuto guadagnare nel mercato del consenso dalle immagini e dalle cronache dell’udienza in Vaticano. Mica quella in  sostanziale clandestinità ottenuta da Padre Georg ossessionato dai diavoli dentro le sacre mura, ma un’udienza ben programmata e ben ripresa da fotografi e operatori televisivi. E raccontata anche nelle minuzie più formalistiche. 

Il Corriere della Sera, per esempio, ha tenuto ad avvertire del carattere “privato” dell’evento, secondo “la formula che Francesco preferisce usare quando incontra i presidenti del Consiglio”, ha spiegato Ester Palma in una cronaca finita nel reparto estero delle rassegne stampa parlamentari, essendo il Vaticano fuori dai confini italiani. 

Nel reparto della politica interna è finita invece la cronaca di Libero affidata a Renato Farina, che si è a lungo speso per sottolineare il carattere “ufficiale” della visita: sia di quella al cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, con tanto di delegazioni delle due parti, sia di quella immediatamente precedente al Papa svoltasi in una sala abbastanza vasta per contenere anch’essa un bel pò di persone, familiari e collaboratori, che la presidente del Consiglio ha tenuto a presentare uno per uno a Francesco prima di rimanere sola a parlare “cordialmente” con lui per 35 minuti. Ma “non di Ong”, ha tenuto a precisare in un richiamino in prima pagina La Stampa, anche se si stenta a crederlo avendo trattato, sempre cordialmente, per pubblica ammissione o annuncio il Papa e la premier italiana del problema dei migranti. Il cui arrivo in Italia non è certamente estraneo alle attività di soccorso delle navi del volontariato internazionale, furenti per le nuove modalità disposte dal governo per non restringere ai soli porti meridionali, e alle relative strutture sovraffollate di   accoglienza, le operazioni di sbarco “sicuro”. 

Poco credibile mi pare anche l’informazione del Fatto Quotidiano secondo cui il Papa avrebbe “regalato” alla premier italiana “lezioni di pace” in riferimento evidentemente al conflitto in Ucraina. Di cui Francesco parla ogni giorno pubblicamente attribuendone le responsabilità alla Russia non certo in difformità dalla posizione del governo italiano.

Trovo tuttavia odiosamente strumentale ai fini della solita bagarre politica questa storia di come e quanto possa essere ritenuto un affare vantaggioso o cattivo per la Meloni un’udienza del Papa: una questione non a caso sollevata nel salotto televisivo non proprio neutrale di Lilli Gruber, sulla 7.  

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Che traffico di diavoli dentro e fuori le mura del Vaticano….

Non farò qui nomi di testate e di giornalisti per non emulare le une e gli altri   nel loro modo, per me esagitato e discutibile, di trattare il caso del “Monsignore dimezzato”. Così è stato chiamato l’interessato, purtroppo col suo stesso contributo, per le polemiche provocate dalle proprie riflessioni, chiamiamole così, dopo la scomparsa del cardinale Joseph Ratzinger e poi Papa Benedetto XVI, effettivo e infine emerito. Di cui padre Georg Gaenswein ha avuto il grande privilegio di essere stato il segretario, cioè il più stretto collaboratore. 

Una notizia, si sa, è una notizia, per cui  bisogna rassegnarsi anche alla sua scomodità,  e persino agli effetti indesiderati, senza sottrarsi all’obbligo di raccoglierla e raccontarla. E di notizie di un certo clamore non si è certamente risparmiato, né ha risparmiato il pubblico inteso in senso lato, credente o non credente o diversamente credente, come preferite, Padre Georg appunto. 

Lo ha fatto, per esempio, lasciandosi intervistare, a salma ancora quasi calda del suo superiore spentosi dichiarando il suo amore per Cristo, per raccontare dei “diavoli” avvertiti in Vaticano da un bel pò di tempo. E per definirsi lui stesso dimezzato, come ho accennato all’inizio, per una decisione presa dal successore di Benedetto XVI proprio sul suo conto, invitandolo a restare prefetto della casa pontificia solo di nome, ma non a pretendere di farlo davvero in una casa nel frattempo allargatasi, diciamo così. Dove gli ordini spettavano non più all’emerito ma all’effettivo pontefice. 

Perché “dimezzato”?, mi verrebbe  proprio per questo da chiedere, considerando la situazione molto particolare creatasi con la rinuncia di Papa Ratzinger a portare a termine operativamente il proprio mandato sino alla morte. E che c’entrano i paramenti e le vesti di padre Georg con le bende, le ferite e tutte le altre fantasie del Visconte Medardo dimezzato di Italo Calvino, scomodato da qualche giornalista erudito per trasformare nel Vaticano di questo secolo la Boemia cinquecentesca della guerra contro i turchi immaginata dal celebre scrittore italiano? 

Libera fantasia in libero giornalismo, come libera Chiesa in libero Stato, per carità. Ma qui sulla voglia, e sul dovere, di informare mi sembra prevalsa la voglia, e nessunissimo dovere, di intorbidire le acque, anche quelle dell’aspersorio in Chiesa e dintorni. Una voglia diventata alla fine sfrenata quando, intingendo il biscotto o la metaforica penna nell’inchiostro di un libro autobiografico di Padre Georg dal titolo già così infelice come quello quasi giudiziario di “Nient’altro che la verità”, qualcuno ha sparato su tutta la prima pagina del proprio giornale “la guerra tra i Papi”. Dei quali lo sconfitto dalla dannata combinazione della rinuncia e della sopraggiunta morte fisica potrebbe contare dall’aldilà -se davvero lo volesse, come personalmente non credo per le mitiche mitezza e obbedienza mostrate in vita- sulla difesa del segretario rimasto a combattere sulla terra, compiaciuto tra i “falchi”. E deciso a “raccontare la verità” sino all’ultimo respiro: cose, anche queste, tratte o desunte e sparate in titoli da qualche giornale leggendo le prime copie, o le bozze ancora del libro del monsignore. Che, ricevuto o convocato dal Papa in una udienza laconicamente annunciata all’improvviso, avrebbe lamentato la non infrequente abitudine dei malintenzionati, magari convinti addirittura di essere d’aiuto, di leggere parole e avvertire sentimenti di uno scrittore o di un oratore “fuori dal contesto”. Dove notoriamente si può far dire all’interessato anche l’opposto della realtà o di quel che lui davvero voleva dire o scrivere.  E’ un pò ciò che ha tentato di fare in America in questi giorni il principe inglese Harry di fronte alle reazioni al suo libro sulla già abbastanza tormentata famiglia reale britannica. 

Il diavolo, per tornare a casa nostra, o quasi, sembra davvero penetrato materialmente nelle mura del Vaticano, secondo le prime impressioni avvertite da Padre Georg, o a lui attribuite. Figuriamoci fuori dalle sacre mure, giornali e tipografie comprese, dove le difese da Satana e sottoposti sono per natura più deboli. E le tentazioni conseguentemente più forti.

Pubblicato sul Dubbio 

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