

Peccato che le circostanze politiche abbiano fatto passare quasi inosservata sulle prime pagine dei giornali la frusta sia pure metaforica usata dal presidente della Repubblica e del Consiglio Superiore della Magistratura, Sergio Mattarella, con le toghe e il loro sindacato denunciandone, rispettivamente, le carenze etiche e il corporativismo. Delle venti testate abitualmente selezionate dalla meritoria rassegna stampa del Senato, solo due –Il Messaggero e Libero– hanno ritenuto di trovare uno spazio sia pur modesto alla clamorosa iniziativa del capo dello Stato, assunta con una lettera al presidente dell’Associazione Nazionale dei Magistrati, Giuseppe Santalucia, in occasione della pubblicazione della sua rivista in una nuova veste, utile almeno negli auspici del Quirinale a “stimolare la riflessione e il confronto su temi di costante attualità, sia sul piano giuridico che istituzionale”.

Il sindacato delle toghe, secondo Mattarella, “lungi dal coltivare corporativismo autoreferenziale, è chiamato a promuovere e sostenere il dialogo autentico della magistratura ordinaria con le istituzioni e la società”. Che spesso -mi permetto di chiosare- escono malconce dalle iniziative giudiziarie e da prese di posizione di singoli magistrati abitualmente coperti dalla loro associazione per il diritto di dire qualsiasi cosa, anche che gli assolti -per esempio- sono solo gli imputati riusciti a “farla franca”.
“Occorre impegnarsi -ha scritto il presidente della Repubblica nel passaggio più urticante della lettera- per assicurare la credibilità della Magistratura che, per essere riconosciuta da tutti i cittadini, ha bisogno di un profondo processo riformatore ed anche di una rigenerazione etica e culturale”. Rigenerazione significa che le attuali condizioni non sono proprio al massimo, diciamo così. Il capo dello Stato non poteva essere più esplicito e, al tempo stesso, dettagliato. Peccato, ripeto, che i giornali abbiano generalmente relegato questo intervento nelle pagine interne: persino una testata come Il Foglio, tre le minori per diffusione ma di solito tra le maggiori nel reclamare ciò che ha appena scritto con la sua autorità il presidente della Repubblica e, ripeto, del Consiglio Superiore della Magistratura.


Le circostanze che hanno provocato questa specie di corto circuito informativo sono essenzialmente due, che hanno infatti dominato sulle prime pagine dei quotidiani. La prima è naturalmente la riuscita, per fortuna, dell’operazione green pass voluta dal governo e contrastata da tutti quelli che si erano mobilitati con scioperi, boicottaggi, minacce e quant’altro. “La forza tranquilla del premier”, ha giustamente commentato Repubblica in un titolo. “La linea della fermezza paga molto più dei compromessi”, ha osservato Domani, il quotidiano di Carlo De Benedetti.

Marco Travaglio ha preferito invece tornare a lamentarsi sul suo Fatto Quotidiano del governo “presieduto da un ex banchiere mai votato né indicato da nessuno”. E a temere che Mattarella accettando una conferma tenga “in caldo la poltrona” del Quirinale a Mario Draghi “per un paio d’anni”. E’ proprio un’ossessione a questo punto.
L’altra circostanza è il sostegno illuminante del Pd in Consiglio dei Ministri e dintorni alle resistenze delle 5 Stelle ad una stretta del cosiddetto reddito di cittadinanza, cui sono stati invece predisposti maggiori finanziamenti, nonostante gli abusi e gli sprechi cui sinora si è prestato.
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