Finisce -si spera- la pandemia ma non la stagione del rancore

Titolo di Repubblica
Titolo del Foglio

Vediamo la fine della pandemia, ha annunciato con comprensibile sollievo il presidente del Consiglio in persona, pur corretto in qualche modo dal ministro della Salute Roberto Speranza, che ha raccomandato “cautela”, persino a dispetto del suo cognome. Matteo Salvini dopo l’incontro con Draghi e l’impegno di rivedersi o sentirsi ogni settimana si è dato una calmata almeno sui temi della politica interna, visto che oltre i confini nazionali si è subito buttato a pesce su quella insensata proposta di alzare attorno all’Europa un muro contro gli immigrati: una specie di cortina di ferro o di muro di Berlino di memoria sovietica. Qualcosa forse cambia persino sul versante giudiziario, dove mezza Procura di Milano -la mitica frontiera di “Mani pulite” e dei giustizieri della cosiddetta prima Repubblica- rischia grosso nel tribunale di Brescia per i suoi metodi di lavoro. Ma continua la stagione politica dei “rancori”, come la chiama in prima pagina Il Foglio, che pure le fornisce spesso anche il suo contributo rovesciando, per esempio, contro Salvini più olio bollente di quanto -ed è già tanto- lui non si meriti.

Un’esplosione di rancore è offerta oggi dal solito Fatto Quotidiano. Ai vertici della cui redazione, leggendo una cronaca -riconosco- per niente astiosa dei correttissimi Gianluca Roselli e Giacomo Salvini dopo i dieci minuti di cordiale e convergente conversazione telefonica avuta da Draghi con Silvio Berlusconi, si sono accorti o ricordati che l’odiato Cavaliere fa parte della maggioranza. Ed hanno reagito mettendo nei titoli, di prima pagina e interni, ciò che nella cronaca i loro colleghi avevano omesso di ricordare o rilevare.  

Titolo di prima pagina del Fatto Quotidiano
Titolo interno del Fatto Quotidiano

Otre al solito fotomontaggio finalizzato a fare scambiare i due “migliori” per complici di chissà quale affare per niente raccomandabile, Berlusconi è stato riportato alla qualifica di “pregiudicato”, “condannato per frode”, col quale Draghi avrebbe voluto troppo disinvoltamente consultarsi ritenendolo “esperto di fisco”. E così anche inaugurando la pratica concordata col leader leghista di una consultazione settimanale sistematica, fisica o soltanto telefonica, con i leader -tutti i leader, per carità- della composita maggioranza di governo. Precedenza quindi al Cavaliere, par di capire, piuttosto che al segretario del Pd Enrico Letta o al presidente del MoVimento 5 Stelle Giuseppe Conte. Che pure meriterebbe forse qualche parola di rapida e intensa consolazione dopo il minimo storico al quale ha portato le liste e i candidati grillini nelle elezioni amministrative di domenica e lunedì scorsi.

Vignetta dek Crriere della Sera di ieri

Della situazione in cui si trova Conte dopo questa scoppola, che ha praticamente azzerato la sua capacità contrattuale nei rapporti col segretario del Pd per la costruzione di quell’alleanza di centrosinistra definita “sperimentale” da Romano Prodi, si è trovata una rappresentazione molto efficace sulla prima pagina del Corriere della Sera di ieri, 8 ottobre, con una vignetta di Emilio Giannelli. Che ha affiancato un cadente e rimpicciolito Conte al ben saldo segretario del Pd e ha ribattezzato il Movimento 5 Stelle “partito di Letta”, altro che lotta, “e di governo”. Un governo “obbligato”, a questo punto, per ammissione dello stesso ex presidente del Consiglio, che al Fatto Quotidiano rimpiangono come il migliore capitato alla Repubblica, e perciò accoltellato  dai peggiori per paura e/o invidia: il famoso “Conticidio”.

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