Finalmente -è proprio il caso di dirlo- è comparsa sulla scena nazionale, per il rilievo attribuito ormai all’indagine che sta conducendo- un magistrato dell’accusa capace di sorprendere, o addirittura scandalizzare, Il Fatto Quotidiano diretto da Marco Travaglio. Che di solito si riconosce nelle Procure e ne ascolta le musiche con la passione del melomane.
Più che di un magistrato, in verità, si tratta questa volta di una magistrata: la procuratrice aggiunta di Bergamo Maria Cristina Rota. Che dopo due ore di interrogatorio del “governatore” della Lombardia Attilio Fontana come persona informata dei fatti, ha ritenuto di potersi subito esprimere sulla vicenda cavalcata proprio dal Fatto, ben prima che su quel cavallo saltassero i parlamentari delle 5 Stelle, in particolare, fino a provocare disordini nell’aula della Camera.
Maria Cristina Rota ha mostrato di condividere la linea difensiva del “governatore”. Che, accusato dal giornale di Travaglio, prima ancora che dalla Procura di Bergamo, di non avere ordinato nei mesi scorsi la chiusura di Alzano e Nembro come “zone rosse” contagiatissime dal coronavirus, sostiene che la competenza di una simile decisione spettasse al governo nazionale, non regionale.
Con la sua sortita, fatta lodevolmente alla luce del sole per non privilegiare scoop giornalistici di so
rta sul versante politico del centrodestra, come molte volte accade al contrario, in via riservata, sul versante giudiziario quando lo scoop è dei quotidiani del versante opposto, la procuratrice aggiunta di Bergamo si è beccata un titolone di prima pagina sul Fatto che la boccia insieme con l’odiato leghista Fontana.
Con l’abitudine che ha Travaglio di storpiare i nomi a chi non gli va a genio -ne sa qualcosa, fra gli altri, Guido Bertolaso, ora avventuratosi persino in Sicilia- chissà come finirà
per essere chiamata, con quel cognome che porta, la signora Rota. Per adesso bisogna accontentarsi di vedere Fontana travestito sulla prima pagina del giornale di Travaglio da pubblico ministero all’uscita immaginaria dal Palazzo di Giustizia di Bergamo, dove era entrato, ripeto, come uomo informato dei fatti, doverosamente al plurale.
Ripreso da http://www.startmag.it e http://www.policymakermag.it
superiore della magistratura, lasciano sospettare che a far saltare la mosca al naso di Sergio Mattarella, diciamo così, sia stata un’intervista di Giovanni Maria Flick al Foglio. In cui si auspicava, quanto meno, un messaggio dello stesso Mattarella alle Camere nella doppia veste di presidente della Repubblica e del Consiglio Superiore della Magistratura.
della Corte Costituzionale: cosa che gli fa dare del “presidente emerito”, come se in qualche modo avesse conservato la sacralità di quel ruolo anche dopo la scadenza del mandato. E alla Corte, che lavora di fronte al Quirinale, nel Palazzo della Consulta, sono in molti ad essere in questa condizione: da quando i giudici presero l’abitudine, criticata in varie sedi, di eleggere alla presidenza i colleghi più vicini al congedo.
in cui la riforma dell’elezione, o “formazione”, del Consiglio Superiore della Magistratura, effettivamente necessaria di fronte alla degenerazione del fenomeno correntizio e altro, è un’urgenza avvertita
pubblicamente dal governo. Di cui sta per partire una iniziativa legislativa sulla quale sono in corso trattative, chiarimenti e quant’altro all’interno ma anche all’esterno della maggioranza, visto il proposito annunciato dal ministro della Giustizia di consultare pure le opposizioni. In questa situazione un intervento del capo dello Stato potrebbe apparire un’invasione di campo, restandogli peraltro la prerogativa costituzionale, significativamente ricordata nella nota, di valutare la legge di riforma del Csm quando uscirà dal Parlamento, prima della promulgazione.