L’incontro enigmatico fra Conte e il centrodestra a Palazzo Chigi

            Non si è ben capito se più per convinzione, dopo tante telefonate senza risposta da una parte o dall’altra, o per cortesia almeno verso il capo dello Stato, intervenuto personalmente per informazione unanime a favore dell’evento, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha finalmente aperto, o riaperto, Palazzo Chigi ai rappresentanti del centrodestra, smaniosi di riferirgli personalmente e direttamente proteste, dubbi, rilievi e quant’altro sull’ultimo decreto emesso per Schermata 2020-03-24 alle 11.05.13.jpegcombattere l’epidemia da Coronavirus. “Certo, anche sul Colle, dove sono state condivise le misure prese finora, alcuni tentennamenti di troppo e qualche scelta comunicativa di Palazzo Chigi non devono essere piaciute granché”, ha scritto o avvertito il quirinalista del Corriere della Sera Marzio Breda.

            Perché non ci fossero dubbi sull’incontro, avvenuto naturalmente alle debite distanze, misurate -presumo- alla perfezione, con tanto di metro in meno da parte degli addetti non so se alle pulizie o alla sicurezza, è stata scattata anche qualche foto. In cui ho visto purtroppo penalizzato -almeno da quella capitatami sott’occhio- il povero Maurizio Lupi, invitato per la sigla minore del centrodestra insieme col capo della Lega Matteo Salvini, al centro del tavolo, la sorella dei Fratelli d’Italia Giorgia Meloni alla sua destra -e dove sennò- e il vice presidente di Forza Italia Antonio Tajani, già presidente del Parlamento Europeo, a sinistra.

            Un’altra cosa non si è ben capita al termine dell’incontro sponsorizzato -ripeto- dal presidente della Repubblica su richiesta esplicita dell’opposizione di centrodestra: se sia stato un fallimento o una riapertura di dialogo, confronto e com’altro lo si voglia chiamare.  Le dichiarazioni rilasciate in pubblico e in privato dai rappresentanti del centrodestra con tanto di mascherine protettive hanno lasciato aperta la porta ad entrambe le letture. Se ne vedranno gli sviluppi sul piano parlamentare, visto che il presidente del Consiglio si è deciso a riferire alle Camere, dove peraltro almeno i decreti legge -non quelli dello stesso presidente del Consiglio- debbono essere esaminati e approvati, anzi convertiti in leggi, per obbligo costituzionale inderogabile.

            Pur nell’incertezza del bilancio dell’incontro, si è comunque rilevata o confermata, a dispetto delle smentite e precisazioni che arrivano ogni volta che se ne parla, una certa differenza di tono e, direi, persino di comportamento tra Salvini e soprattutto Tajani. Il quale, d’altronde, ha pubblicamente annunciato di volersi impegnare a “spiegare” al capo della coalizione di centrodestra l’utilità di usare, di fronte alle urgenze della guerra virale, lo strumento del MES, tanto inviso all’alleato. Non si tratta naturalmente Paragone.jpegdella marca di un aperitivo prodotto a Bruxelles ma del famoso Meccanismo di Sviluppo Europeo da tempo in attesa di firma,  contrastato anche all’interno della maggioranza dai grillini per obblighi derivanti dal loro programma elettorale, sbandierato ogni giorno dal senatore non più grillino Gianluigi Paragone, espulso dal Movimento prima della guerra del Coronavirus fra le inutili proteste di solidarietà di Alessandro Di Battista, Dibba per gli amici come lui.

 

 

 

 

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Sereni, Beppe Grillo è con noi e vigila sull’epidemia che ci angoscia

            Tranquillli, si fa per dire. O sereni, come direbbe Matteo Renzi. Contrariamente alle apparenze lamentate da qualche parte commentando il suo lungo silenzio, Beppe Grillo non se l’è data, sopraffatto dalla crisi d’identità o nervi  in cui si dibatte il Movimento 5 Stelle da lui fondato.

            Non so, francamente, se il “garante”, l’”Elevato”, con la maiuscola, il “padre di tutti noi”, come lo chiamano ancora in molti tra militanti e “portavoce” del suo quasi partito e come si diceva di Mao in Cina, soffra ancora delle apnee notturne da lui stesso comunicate qualche tempo fa preannunciando un intervento che gliele avrebbe risparmiate, consentendogli di stare poi meglio anche di giorno. Spero, per lui, che tutto sia regolarmente avvenuto e bene, prima che i traffici ospedalieri si ingolfassero per l’epidemia, anzi la pandemia del Coronavirus, come l’ha dichiarata l’Organizzazione Mondiale della Sanità.

            So tuttavia che Grillo, i cui spettacoli “terrapiattisti” sono sospesi anche per gli assembramenti vietati dalla guerra virale,  è vigile, attento, probabilmente preoccupato e sempre pronto blog di Grillo.jpegalla battuta ironica. Lo rilevo dal suo blog personale, che viene regolarmente aggiornato  e che nella sua 103.ma settimana non ha per niente ignorato l’epidemia  con la quale sta facendo i conti anche il governo e la relativa maggioranza a trazione pentastellata. E’ una trazione derivanti dalla consistenza parlamentare del Movimento omonimo e dalla quasi discendenza o appartenenza -chiamatela come volete- del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Che senza la forte e convinta designazione di Grillo non sarebbe arrivato a Palazzo Chigi quasi due anni fa e non sarebbe stato confermato nella scorsa estate, pur a maggioranza  diversa o capovolta, con la sinistra al posto della destra leghista, non più “costola della sinistra” immaginata e decantata nel 1995 -ricordate?- da Massimo D’Alema. Che a sinistra allora dettava legge, o quasi.

            Oltre a scherzarci un po’ vignetta blog Grillo.jpegsopra con una vignetta di Davide Charlie Leccon -se non ne ho letto male il nome- in cui il conduttore di un telegiornale gioca tra pandemia e pandemonio, Beppe Grillo tratta seriamente l’argomento affidandolo all’articolo di un professore -Fabio Massimo Parenti- che si divide fra l’Università cinese degli affari internazionali, a Beijling, e l’Istituto Internazionale Lorenzo dei Medici, a Firenze.

            Il professore lamenta “la politicizzazione” del Coronavirus attraverso la sua “etnicizzazione” cinese, come si dice e si fa alla Casa Bianca e dintorni. Piuttosto, egli indica la Cina come modello da seguire sul fronte antivirale, grazie anche alla sua “politica di comando e controllo”, e auspica che il governo italiano continui con “le misure coraggiose” già intraprese, senza lasciarsi evidentemente trattenere dalle critiche di sostanza e di forma che gli stanno piovendo addosso dalle opposizioni di centrodestra, ma anche da giornali di una certa autorevolezza come il Corriere della Sera e la Repubblica.

Cina-Italia: un destino comune”, è il titolo Ambasciatore cinese.jpegdell’articolo del professore Parenti, con tanto di immagine esplicativa. Ne sarà rimasto contento -immagino- al pari di Grillo, suo frequentatore quando viene a Roma-  l’ambasciatore di Pechino in Italia, appena intervistato dal Messaggero.

Di questa specie di asse Roma-Pechino, gestito in qualche modo alla Farnesina dal ministro grillino degli Esteri Luigi Di Maio, si è parlato anche nell’incontro di Conte con la delegazione del centrodestra ricevuta a Palazzo Chigi. E’ stata insomma riaperta per assistenza, tra tanti blocchi, almeno la cosiddetta Via della Seta.

 

 

 

 

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Le guerre puniche del Fatto Quotidiano alla Lombardia del leghista Fontana

Gli esperti, dai virologi in giù e in sù, non condividono questa lettura delle condizioni della sanità lombarda, sostenendo anzi che nella disgrazia nazionale è stata per certi versi una fortuna che l’emergenza si sia manifestata per prima e sviluppata in una regione attrezzata sanitariamente come quella lombarda. Altrove, dal centro al Sud, la situazione sarebbe stata ancora più drammatica, e il bilancio dei malati e dei morti ancora più pesante. Ma da quest’orecchio, diciamo così, al Fatto non vogliono sentire. La Lombardia sembra ormai diventata per loro quella che i romani  per alcuni secoli prima di Cristo considerarono Cartagine.

Se il presidente americano Donald Trump dall’alto -ahimè- della sua Casa Bianca non si lascia scappare nessuna occasione per ricordare la provenienza e natura cinese del coronavirus, dopo averlo peraltro scambiato per un raffreddore o qualcosa del genere, al Fatto Quotidiano non si lasciano scappare nessuna occasione per ricordare la provenienza e natura lombarda dei guai virali con i quali sono alle prese l’Italia e l’incolpevole governo presieduto da Conte. Che fra i vari inconvenienti ereditati dai suoi predecessori avrebbe quello delle competenze riconosciute in materia di sanità alle Regioni non chissà da chi ma dalla Costituzione della Repubblica. Alla quale anche Conte, come tutti i suoi predecessori, ha convintamente giurato fedeltà nelle mani del capo dello Stato all’atto dell’insediamento, prima ancora di chiedere e ottenere la fiducia parlamentare.

Da un po’ di tempo a questa parte, quando se ne occupa, Travaglio diffida dei governatori, del loro potere, delle loro manie, pur senza essere ancora arrivato all’insofferenza di Massimo D’Alema verso i sindaci, liquidati una volta come “cacicchi”. I governatori hanno in comune con i sindaci l’inconveniente -in questa lunga epoca di leggi  a liste più o meno bloccate- di essere davvero eletti direttamente dalle comunità che poi amministrano. Ma fra tutti i governatori quello della Lombardia è preso particolarmente di mira dal direttore del Fatto Quotidiano. Lo sfortunato Attilio Fontana non riesce a farsi perdonare , oltre all’eredità del già ricordato Formigoni, pur con l’interregno di Roberto Maroni, l’appartenenza alla Lega del “cazzaro verde”, come viene generalmente chiamato Fontana.jpegMatteo Salvini da Travaglio, l’alleanza con un Silvio Berlusconi Reavaglio.jpegriuscito a convincerlo a tagliarsi la barba e infine -dannatamente- quel goffo tentativo in diretta televisiva di infilarsi dal verso sbagliato la mascherina. Ora egli è anche il governatore comicamente “mascherato”, che pur di non assumersi le proprie responsabilità nell’adozione delle misure da emergenza del coronavirus – preferendo avvalersi solo del potere di assumere come consigliere per l’ospedale in allestimento nei padiglioni della vecchia Fiera di Milano Guido Bertolaso, altra bestia nera del caravanserraglio del Fatto Quotidiano– le scarica su Conte.

Eppure, nonostante questo successo, chiamiamolo così, attribuitogli da Travaglio, nell’area del centrodestra nè il governatore lombardo, né Salvini, e neppure il più dialogante Giornale della famiglia Berlusconi, spintosi a definire “buffonata” l’ultimo parto governativo di Conte, hanno Fatto contro Fontana.jpegmostrato di avere gradito o condiviso gran che le decisioni del presidente del Consiglio. Di cui probabilmente -insisto, probabilmente- non debbono essere piaciute a Travaglio le circostanze politiche in cui, all’interno della maggioranza, sono maturate le scelte.

Il sospetto mi è venuto dalla cronaca, sul Corriere della Sera, di Marco Cremonesi e Monica Guerzoni. Che hanno Cremonesi e Guerzoni sul Corriere.jpegraccontato testualmente, senza essere stati smentiti sino al momento in cui ne scrivo: “Se Di Maio si è battuto per restrizioni il più possibile rigorose, Bonafede ha scelto la linea della cautela. Il capo della delegazione era per mandare avanti la Lombardia, raccontano nel Movimento 5 Stelle”. Conte invece ha preferito seguire l’ex capo della delegazione grillina al governo, piuttosto che il nuovo.

La sintonia fra Travaglio e Bonafede sarà stata del tutto casuale, per carità, a scanso di equivoci, insulti e chissà che altro, ma sta lì, nelle cose.

 

 

 

Pubblicato sul Dubbio

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