La politica, nelle cronache delle lotte dei protagonisti e attori di turno, si è sempre alimentata di messaggi cifrati, specie nei passaggi più difficili, quando si naviga più nei sommergibili che sulle navi di crociera. Non deve perciò stupirne l’abbondanza in questi giorni di crisi non solo virale, non solo economica, non solo sociale ma anche politica, appunto, quando chi guida il governo, o vi partecipa in posizioni di rilievo, rischia di perderlo e chi è interessato ad accelerare il corso degli eventi avverte il bisogno di parlare a nuora, come si dice, perché suocera intenda.
I cacciatori di notizie, di umori e quant’altro stanno ancora cercando di capire a che cosa davvero volesse alludere il presidente del Consiglio Giuseppe Conte -nel parlare nell’intervista di domenica scorsa al Giornale della famiglia Berlusconi
dei suoi rapporti “personali” con Mario Draghi- per escludere che l’ex presidente della Banca Centrale Europea possa prestarsi a “manovre” più o meno oblique che lo spingono verso Palazzo Chigi. E magari per soluzioni “tecniche” alle quali lo stesso Conte preferisce soluzioni “politiche”, pur essendo lui arrivato alla politica non in autostrada, eletto in qualche lista di partito, ma per un sentiero o sentierino apertogli dopo le elezioni del 2018 da grillini e leghisti. Nei cui riguardi il professore si sentiva tanto in obbligo da farsi affiancare dai designatori in veste di vice presidenti del Consiglio, ad uno dei quali -quello grillino- fu sorpreso una volta a chiedere alla Camera se potesse dire o no una certa cosa.
Anche
l’attrezzatissimo notista politico di Repubblica Stefano Folli, già direttore del Corriere della Sera, ha trovato martedì “involuto” e troppo “criptico” quel passaggio dell’intervista di Conte al Giornale a proposito dei suoi rapporti con Draghi.
Luigi Di Maio, che era quel vice presidente del Consiglio interpellato da Conte sulla opportunità o meno di dire una certa cosa, e che ora è “soltanto” ministro degli Esteri, non più capo del movimento grillino, e neppure capo della sua delegazione governativa, ha curiosamente avvertito proprio in questi giorni di crisi, o di manovre per una crisi, il bisogno di tessere un elogio sperticato del presidente della Repubblica. Egli si è scusato di averne proposto addirittura il cosiddetto impeachment meno di due anni fa e ne ha auspicato la
rielezione al Quirinale fra due anni. “Toccherà a lui decidere” se lasciarsi candidare o no evidentemente dai grillini o da ciò che ne sarà allora rimasto del movimento 5 Stelle, ha detto Di Maio guadagnandosi ieri, non credo proprio a caso, un titolo a pagina 3 del Fatto Quotidiano. Che la politica non si limita a raccontarla, ma cerca anche di farla sotto la direzione fustigatrice di Marco Travaglio.
Sempre sul Fatto Quotidiano il fondatore ed ex direttore Antonio Padellaro con aria di scherzarci sopra ha a suo modo bastonato il senatore della maggioranza ed ex presidente della
Camera Pier Ferdinando Casini per avere preconizzato, o tornato a preconizzare una caduta estiva o autunnale di Conte, con tanto di “forconi” alzati contro di lui, conversando per strada con Augusto Minzolini, del Giornale. Ma, per sfortuna di Padellaro, e di Conte, considerato dal Fatto il top per l’Italia, Casini ha mandato una “precisazione” al quotidiano
berlusconiano non per addolcire le sue previsioni ma solo per dire che, sorpreso a passeggiare ai Parioli “per 12 chilometri” da Minzolini, lui cammina tanto senza mai allontanarsi da casa, e violare quindi i divieti da emergenza virale, bensì solo girandole attorno nel perimetro dei duecento metri consentiti. E’ stato quindi un messaggio di sfratto a Conte neppure tanto cifrato.
Ripreso da http://www.startmag.it e http://www.policymakrmag.it
elettorali. Ed hanno brindato in piazza quando sono riusciti, una volta al governo, a usare le forbici senza neppure ricorrere a leggi, ma a delibere di uffici parlamentari contro cui bastava ricorrere ad uffici di istanza superiore per procurarsi insulti anche nei più sofisticati o morigerati studi televisivi.
degli interventi finanziari dei quali potrà disporre l’Italia mentre si profila una perdita del Pil di addirittura il 15 per cento, come ha gridato in prima pagina la Repubblica di carta- è stato molto attento a non deludere le attese del presidente della Repubblica. E neppure quelle del Pd, pur non condivise nella maggioranza da larga parte dei grillini, sulla possibilità di ricorrere al cosiddetto e temutissimo fondo salva-Stati, o meccanismo europeo di stabilità, dopo l’uso devastante fattone in Grecia, anche se adesso sono cambiate le cosiddette “condizionalità”.
a strappare persino applausi tra i forzisti berlusconiani. I quali però nella discussione seguita alle dichiarazioni del presidente del Consiglio non si sono gran che distinti dalle altre due componenti del centrodestra. Particolarmente duro con Conte è stato, per esempio, il senatore piemontese Lucio Malan. Abbastanza critica col governo è stata alla Camera la capogruppo forzista Mariastella Gelmini.
di famiglia, Alessandro Sallusti, ha scritto nel suo editoriale di un Conte Godot, dalle attese
quindi inutili. Il giorno prima l’ormai ex parlamentare Antonio Martino, oltre che ex ministro, ma pur sempre fra i più prestigiosi fondatori di Forza Italia, aveva liquidato Conte sullo stesso Giornale come persona inaffidabile anche per “la portineria” del suo condominio. Le conclusioni mediatiche, se non
politiche, le ha un po’ tratte il vice presidente di Forza Italia, ed ex presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani dichiarando al Corriere della Sera, testualmente: “Questo governo è debole e pieno di contraddizioni, ma oggi siamo ancora nella fase dell’emergenza e un cambio di esecutivo non è all’ordine del giorno. Quando si supererà, vedremo. Non ora”.
evidentemente decisivo svolto da Davide Casaleggio
nella conferma alla guida operativa dell’Eni di Claudio Descalzi, nonostante il veto, chiamiamolo così, posto ripetutamente dal direttore di quel giornale, seguitissimo sotto le cinque stelle: un veto motivato con le sue pendenze giudiziarie e gli affari presuntivamente condivisi con la consorte congolese Marie Madeleine Ingoba. Ora Descalzi sarà affiancato da un nuovo presidente, che è la quasi editrice dello stesso Fatto Quotidiano Lucia Calvosa, tra il comprensibile imbarazzo, credo, dei lettori in senso lato di quel giornale.
“In stato confusionale”, lo ha vistosamente bollato oggi Libero. Si andrebbe insomma al Conte ter scappato di bocca come una battuta al portavoce del presidente del Consiglio ancor prima che scoppiasse l’emergenza da coronavirus.
buona idea coinvolgere in qualunque forma una personalità come Mario Draghi, certamente l’italiano con più autorevolezza nel mondo” ? La discrezione del quesito non deve essere sfuggita al presidente del Consiglio, vista la decisione con la quale qualche giorno prima, per esempio, l’ipotesi di Draghi a Palazzo Chigi era stata avanzata esplicitamente dal senatore della maggioranza ed ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, per non parlare delle precedenti aperture della Lega con dichiarazioni di Matteo Salvini e di Giancarlo Giorgetti.
mi facesse velo, io stesso potrei rivelare un episodio che testimonia la grandissima stima che ho per lui. Ma proprio per questo non è persona che si lascia tirare per la giacchetta in polemiche che nascono in modo palesemente strumentale e sono frutto di manovre politiche estemporanee”.
dimostrata di una indisponibilità -o qualcosa di simile- dell’ex presidente della Banca Centrale Europea alle presunte “manovre politiche estemporanee”. Così il presidente del Consiglio -ripeto- ha ritenuto di liquidare le proposte levatesi non certo da avventori di bar, peraltro ancora chiusi per l’emergenza, o frequentatori di taxi per un nuovo governo, anzi governissimo, guidato da una personalità di così indiscusso valore come Draghi.
a dire, testualmente: “Noi non siamo considerati affidabili né come popolo né come leader. Forse Draghi sarebbe l’unico a poter chiedere all’Europa di fidarsi dell’Italia e a venire creduto”. Gli è andato appresso Emilio Giannelli attribuendo perfidamente nella sua vignetta sul Corriere a Conte il dubbio che sia davvero “essenziale” il suo governo.
Giornale nella quale il presidente del Consiglio ha apprezzato l’opposizione “costruttiva” di Silvio Berlusconi ed ha annunciato che sarà lui stesso a “sollecitare per primo” una nova “soluzione” politica se l’attuale governo non si rivelasse “forte e determinato”, viste le tensioni esistenti nella maggioranza giallorossa.
solo in seconda pagina, non in prima, della garanzia dello “staff” di Conte: “mai aperto a Forza Italia”. Antonio Gramsci avrebbe riparlato di “ottimismo della volontà”, contrapposto al “pessimismo della ragione”, per esempio, del vice presidente leghista del Senato Roberto Calderoli.
di Conte in un “Silvio, aiutami tu”, ha fatto dire nel titolo di un’altra intervista molto
meno di quanto non abbia in realtà detto. “Manca solo che il governo arruoli Silvio come esperto”, si legge nel titolo di questa intervista. In realtà, Calderoli
non ha neppure pronunciato simili parole, ma queste altre: “Forza Italia ha bisogno di un governo di unità nazionale che gli faccia trovare un po’ di ossigeno”, per cui Conte saprebbe di poterne disporre come interlocutrice, a dir poco, in caso
di maggiori difficoltà e di crisi. E, quindi, può “lisciargli il pelo”, come a un cane, ha aggiunto Giorgia Meloni parlando di Conte alle prese con Berlusconi in una intervista che La Stampa ha richiamato in prima pagina con questo titolo: “M5S spaccato, per questo Conte corteggia Berlusconi”. Scusate le ripetizioni.
lo stesso direttore Alessandro Sallusti. Che li ha rassicurati con un editoriale intitolato “Nessun pateracchio con Conte & C.”, al termine del quale si è avventurato, diciamo così, a
interpretare sentimenti umani e politici di Berlusconi scrivendo, testualmente: “Se una nuova fase politica deve essere, e noi ci auguriamo che sia, non si può che passare da un azzeramento dell’attuale assetto, sia nella formula sia negli uomini, a partire dal premier. Qualsiasi altra ipotesi è pura fantasia, sterile gioco di palazzo”.
Mara Carfagna. Che in una intervista a Repubblica intitolata “Siamo come dopo il 1945, serve un esecutivo di unità nazionale”, ha prudentemente
risposto così al quesito sull’eventuale guida di un simile governo: “E’ una domanda prematura. Nessuno di noi si vuole sostituire al presidente della Repubblica, nei confronti del quale nutriamo la massima fiducia. La situazione nel Paese è drammatica”.
sul Giornale della famiglia Berlusconi, da cui si è lasciato intervistare per ricambiare le carinerie personali e politiche riservategli negli ultimi tempi dal Cavaliere in prudente ritiro antivirale in Provenza, ma sempre vigile su quel che resta di Forza Italia. Di cui è arcinoto il dissenso dal cosiddetto sovranismo delle altre componenti del centrodestra e dei loro leader, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, recentemente attaccati in diretta televisiva dal presidente del Consiglio come sabotatori virtuali dei tentativi che egli sta facendo per rendere l’Europa più generosa con l’Italia in questa crisi epocale.
per fargli dire “non mollo” nelle pur tante difficoltà che gli stanno creando, contemporaneamente, il coronavirus e le forze della sua notoriamente variegata maggioranza giallorossa
fra le preoccupazioni del Quirinale, Dove si teme una “crisi al buio”, come avverte nel titolo di prima pagina La Stampa, non certamente fra gli ultimi giornali italiani.
consentendo appunto al Giornale di scrivere di “governo diverso” nella presentazione dell’intervista: “Se questo governo non fosse forte e determinato, sarei il primo a sollecitare una nuova soluzione per non compromettere la realizzazione del bene comune, tanto più in questa difficilissima sfida” al coronavirus, all’Europa o, più in generale, alla “sfiga”, come direbbero a Roma.
nervosamente perché mai “per i vertici dei 5Stelle Descalzi non sia “mai stato davvero in bilico” al vertice operativo dell’Eni, nonostante le sue pendenze giudiziarie, destinato addirittura ad essere ora affiancato decorativamente come presidente da una quasi editrice del Fatto Quotidiano: una specie di contrappasso.

televisivo con Barbara Palombelli, sulla rete 4 di Mediaset, al presidente della Camera Roberto Fico, espostosi davanti alle telecamere contro il Mes, e allo stesso Beppe Grillo. Che da “garante”, “elevato” e quant’altro sul suo blog personale ha ottimisticamente previsto “il futuro buono che verrà”, evidentemente pensando anche al Consiglio Europeo con la stessa visione dei problemi sul tappeto espressa dai vertici del movimento pentastellato.
della Verità di
Maurizio Belpietro- “Giallorossi sull’orlo della crisi sul Mes e mezzo M5s strizza l’occhio alla Lega”- basterebbe
fermarsi a quello più prudente ma non meno problematico del Corriere della Sera. Che ha intitolato “Le tensioni e quei contatti per il dopo” un retroscena di Francesco Verderami in cui è scritto, fra l’altro: “Non si sa quanto possa ancora reggere l’esecutivo. “Un mese- ipotizza Casini- forse due. Poi i gravi problemi economici ci imporranno di correre ai ripari o non si salverà nessuno, di maggioranza e di opposizione”. Le parole dell’ex presidente della Camera coincidono coi ragionamenti di autorevoli esponenti del Pd, secondo i quali il tema non è se cambierà il governo ma quando cambierà”.
agli addetti ai lavori l’insofferenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella per gli sviluppi della situazione politica, nell’intreccio perverso che si è creato tra l’emergenza virale, il modo in cui fronteggiarla riducendo al minimo i danni economici e sociali e i rapporti con l’Unione Europea alla vigilia del vertice di giovedì prossimo. Che sarà peraltro preceduto anche dalla consueta consultazione fra i presidenti della Repubblica e del Consiglio.
Europeo venga preceduto da un voto parlamentare che vincoli il governo nelle trattative auguralmente conclusive sui meccanismi del cosiddetto fondo salva-Stati e su altri interventi dell’Unione a favore dei paesi alle prese con l’emergenza virale. Esiste una legge del 2012 che in effetti stabilisce “la partecipazione” del Parlamento alla definizione della politica europea, ma non spetta al capo dello Stato stabilire in che modo questa partecipazione debba avvenire, essendo un problema di rapporti fra il governo e le Camere.
interessati dal proporre al presidente della Repubblica soluzioni di qualsiasi tipo per arrivare ad elezioni anticipate in autunno. Draghi o non Draghi a Palazzo Chigi, Colao o non Colao, peraltro scelto autonomamente da Conte per partecipare alla gestione dell’emergenza virale e non suggerito e tanto meno imposto da Mattarella, di “urne in autunno sul Colle non vogliono neppure sentir parlare”.
cresciuto di o con altre emergenze di varia natura, superandole sinora tutte. Ma forse si è appena esposto al rischio di rimanerne vittima, come sperano critici ed avversari più o meno emersi o sommersi, secondo le circostanze e i gusti.
dai leghisti e dallo stesso capo dello Stato, che non nascose una certa sorpresa, avendo preferito che gli fosse proposto per Palazzo Chigi il nome di un politico di esperienza, possibilmente eletto- fu quella politica e istituzionale di un turno elettorale che rischiava di essere ripetuto a tamburo battente, o quasi.
dell’anno prima e sorpassati dagli alleati leghisti. Il cui “capitano” Matteo Salvini, dopo esitazioni che gli risultarono politicamente fatali, cercò in pieno agosto di tentare il colpaccio delle elezioni anticipate, avvertite però come un’emergenza da grillini, Pd e sinistra di liberi e uguali. Che offrirono all’esitante presidente della Repubblica una soluzione alternativa allo scioglimento delle Camere. Nacque così il governo Conte 2, non bis, quale sarebbe stato una riedizione del governo gialloverde.
nel 2001 nel tentativo peraltro fallito di guadagnarsi il favore dei leghisti e sottrarli alla tentazione di tornare all’alleanza con Silvio Berlusconi; quest’ultimo, dicevo a proposito di Crimi, si è incaponito di fronte ad un problema forse più grande di lui com’è quello dei rapporti con l’Unione Europea. In particolare, egli ha diffidato il Pd, in una intervista rilasciata all’ospitalissmo e compiaciuto Fatto Quotidiano, dal premere sul presidente del Consiglio per aderire alla nuova edizione in corso d’opera del cosiddetto fondo europeo salva-Stati, noto anche come Mes, acronimo di Meccanismo europeo di stabilità, e usarne il finanziamento per le spese sanitarie e affini dell’emergenza virale.
è diventata a questo punto enorme. E non mi stupisce che un parlamentare sgamato come Pier Ferdinando Casini, chiamato “Pierfurby” dagli amici, compreso me, si sia lasciato scappare un’intervista ai giornali del gruppo Monti Riffeser –Il Giorno, il Resto del Carlino e la Nazione, in ordine geografico decrescente di pubblicazione- nel cui titolo gli si fa “archiviare” il governo Conte nella prospettiva di un governo Draghi. “Servono -ha detto testualmente il senatore ed ex presidente della Camera- persone che hanno credibilità e capacità. E’ finito il tempo del dilettantismo”.