Il governo Conte convitato di pietra nella Via Crucis in Piazza San Pietro

            Non so che cosa abbia fatto Giuseppe Conte dopo l’ennesima conferenza stampa sull’emergenza virale, e contorni interni ed europei, come vedremo. Da buon fedele, inteso come credente, egli ha avuto il tempo di seguire in televisione la suggestiva Via Crucis trasmessa da una vuota Piazza San Pietro, col Papa in persona che ha voluto farne scrivere le preghiere ai detenuti di Padova.

            Se ha avuto il bisogno, il tempo e quant’altro di seguire la cerimonia emblematica di questo straordinario venerdì santo in tempo di coronavirus, il presidente del Consiglio deve essersi sentito a disagio. In quella piazza c’era un convitato di pietra: il suo governo, più in particolare il suo ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Che sta gestendo l’arrivo dell’epidemia virale nelle carceri italiane Bonafede.jpegnotoriamente sovraffollate, e perciò doppiamente a rischio, in modo a dir poco discutibile, preoccupato di essere scavalcato dall’opposizione leghista nel contrasto alle misure cautelative di sfoltimento delle prigioni. Dove intanto il contagio, di detenuti e guardie, si diffonde sempre di più -da Verona a Rebibbia e a Santa Maria Capua Vetere- ed è tornata ad affacciarsi la morte, in particolare a Voghera. Un detenuto, in attesa di giudizio come l’altro a Bologna qualche giorno fa, è stato ricoverato in ospedale giusto in tempo per spirarvi.

            Il convitato di pietra, in verità, si era avvertito anche nella conferenza stampa di Conte a Palazzo Chigi sull’emergenza virale, ma soprattutto sul braccio di ferro in corso a Bruxelles e dintorni per i cosiddetti eurobond, o coronabond. Che il presidente del Consiglio reclama con forza preferendoli, come strumento di finanziamento della guerra virale e della ricostruzione successiva, al cosiddetto fondo salva-Stati, o Mes, rivendicato invece per le cosiddette “condizionalità”, pur ridotte in questa occasione, dalla Germania e, più in generale, dal fronte rigorista del Nord. Dal quale Conte sperava di avere staccato davvero la Francia di Emmanuel Macron, che invece ha confermato l’analisi e le previsioni del famoso sociologo Marc Lazar, convinto che l’Italia sia a tratti solo “l’amante” e la Germania invece la moglie del governo di turno a Parigi.

            Pur formalmente ancora aperta, in attesa del prossimo vertice dei capi di Stato o di governo dei paesi dell’Unione, la partita degli eurobond appare più persa che vinta. L’ex presidente del MarioMonti.jpegConsiglio Mario Monti, che se ne intende, l’ha appena liquidata sul Corriere della Sera come “una bandiera” sventolata da Conte “per esigenze illusionistiche di politica interna”. Che sarebbero imposte dall’opposizione del principale partito della maggioranza, il Movimento 5 Stelle, al Mes, stavolta in sintonia con l’ex alleato leghista e con i fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.

            Ebbene, il presidente del Consiglio nella sua conferenza stampa, parlando delle difficoltà delle trattative sugli eurobond, anziché prendersela con Macron che preferisce la moglie all’amante, o con i grillini, che lo condizionano fortemente nel governo e nella maggioranza, se Il Fatto.jpegl’è presa con Matteo Salvini e Giorgia Meloni, contrari al Mes e sospettosi che lui in fondo non veda l’ora di sottoscriverlo, se il manifesto.jpegnon lo ha già fatto di nascosto, accettando la condizione del controllo sull’utilizzo dei fondi solo nel campo sanitario o attiguo. “Anche Conte nel suo piccolo s’incazza”, ha titolato compiaciuto Il Fatto Quotidiano. “James Bond”, gli è Il Foglio.jpegandato appresso il manifesto travestendo il presidente del Consiglio da 007. Ma le cose non stanno chiaramente così. Ha ragione piuttosto Il Foglio a denunciare “i giochi di prestigio” di Conte per “liberare il governo dalla morsa del grillismo”.

 

 

 

 

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I grillini protestano contro il loro stesso racconto dell’Italia mafiosa

Per fortuna c’è ancora nella nostra Costituzione l’articolo 78, sia pure nella versione striminzita e laconica lamentata dalla buonanima di Francesco Cossiga, Che con l’esperienza fattasi prima come sottosegretario alla Difesa, poi come ministro dell’Interno, poi ancora come presidente del Consiglio e infine come presidente della Repubblica, e quindi detentore del “comando delle Forze Armate”, secondo l’articolo 87, lo avrebbe voluto più esteso o specifico a tutela delle funzioni del capo dello Stato.

L’articolo 78 è quello che laconicamente affida alle Camere la deliberazione dello stato di guerra e il conferimento dei “poteri necessari” al Governo, con la maiuscola. Siamo quindi al riparo dal rischio che il giovane ministro degli Esteri Luigi Di Maio perda la testa se il suo omologo tedesco, o la cancelliera Angela Merkel in persona,  o entrambi dovessero continuare a ignorare la sua richiesta di dissociazione dal quotidiano amburghese Die Welt. Che, convinto evidentemente di avere una certa influenza sugli elettori del partito della cancelliera, l’ha esortata a tenere ancora più fermo di quanto già non sia il suo no agli “eurobond” o “coronabond” proposti dagli italiani per fronteggiare economicamente l’emergenza virale riguardante non solo l’Italia, anche se ne stiamo subendo  i danni maggiori, sotto tutti gli aspetti: umani, sociali ed economici.

Il ricorso a questi strumenti finanziari, come anche al vecchio fondo salva-Stati preferito dalla Merkel in una versione più soft, senza o con minori condizioni di quelle che vorrebbero gli olandesi, secondo il giornale amburghese si risolverebbe in una carrettata di soldi a favore della mafia, o delle mafie che disporrebbero dell’Italia come cosa loro, probabilmente con la complicità dei governi di turno, compreso quindi quello in carica di cui Di Maio è ministro e Giuseppe Conte presidente del Consiglio se non per appartenenza, almeno per designazione del suo partito. Esso è notoriamente il Movimento 5 Stelle, fondato nel 2009 dal comico prestato alla politica Beppe Grillo e diventato in meno di dieci anni,  nelle elezioni del 4 marzo 2018, il partito più votato dagli italiani.

Ora, scherzi a parte sulla guerra che per fortuna Di Maio, peraltro neppure più capo formale del proprio movimento, e neppure capo della delegazione al governo, non potrebbe dichiarare alla Germania sostituendosi alle Camere, è davvero stravagante lo stupore espresso dal ministro degli Esteri per una rappresentazione dell’Italia, da parte di un giornale tedesco, perfettamente conforme a quella che ne hanno fatto i grillini dalla loro nascita politica per motivare il pur democratico, in quanto elettorale, assalto al Palazzo d’Inverno. Tale sarebbe stato un Paese praticamente lasciato alla mafia, anzi alle mafie, da tutti i governi precedenti, della prima e della seconda Repubblica.

Non c’è bisogno di scomodare lo scrittore Roberto Saviano o il procuratore della Repubblica Nicola Gratteri, citati dal giornale tedesco, per motivare la rappresentazione criminale dell’Italia, e la pericolosità quindi di aiutarla, dopo l’errore evidentemente compiuto dall’Unione Europea di nascere praticamente a Roma con i trattati comunitari del lontano 1957, firmati in Campidoglio per l’Italia dal presidente del Consiglio Antonio Segni e dal ministro degli Esteri Gaetano Martino.

La rappresentazione dell’Italia mafiosa e corrotta è quindi nella storia politica dei grillini, che dovrebbero cominciare a vergognarsene, prima di protestare contro chi la replica. E ciò dovrebbe procurare qualche imbarazzo anche al presidente del Consiglio. Non parliamo poi del presidente della Repubblica, la cui famiglia pagò nel 1980 un prezzo altissimo di sangue nella lotta alla mafia con l’uccisione del presidente della regione siciliana Piersanti Mattarella, il fratello dell’attuale capo dello Stato.

Eppure dopo 34 anni trascorsi da quella morte, fra stragi compiute e incompiute, ma anche arresti, condanne e sconfitte clamorose inflitte alla malavita organizzata da uno Stato per niente rassegnato all’esproprio della propria sovranità, nel frattempo minacciata anche da mafie d’importazione, Beppe Grillo in persona si esibì nel 2014 nel palazzo del Parlamento Europeo, a Strasburgo, per chiedere di non dare aiuti al suo e nostro Paese perché si sarebbero tradotti in soccorsi alle mafie.

L’anno prima, nel 2013, il movimento grillino era approdato in Parlamento con un successo ancora parziale ma sufficiente a impedire a chi, bene o male, aveva vinto le elezioni, il Pd, di far fare il governo al suo segretario Pier Luigi Bersani. Le immagini di quel Grillo spiritato nell’incitare l’Unione Europea a tenerci al bando stanno spopolando nelle reti elettroniche e dovrebbero fare arrossire, ripeto, lo stesso Grillo e Di Maio. Essi stanno raccogliendo quello che hanno seminato, non certo delle margheritine.

 

Pubblicato sul Dubbio

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