Mi aveva già colpito domenica scorsa, casualmente festa peraltro dell’Immacolata Concezione, leggere su Libero un curioso editoriale del direttore Piero Senaldi di critica a quanti non avevano gradito che tre giorni prima fosse uscita sul suo giornale, sotto forma di recensione ad una trasmissione televisiva su Nilde Jotti, un articolo in cui si era sottolineato quanto fosse, da donna e da emiliana, “brava a letto”, oltre che in cucina. Tanto brava, evidentemente, da aver saputo conquistare da giovane deputata comunista dell’Assemblea Costituente il segretario del partito Palmiro Togliatti.
Pur in un timido tentativo, fra una riga e l’altra, di “scusarsi” con quanti avevano potuto considerarsi a torto colpiti o offesi da quella “brava a letto”, nonostante il recensore televisivo avesse riconosciuto la grande prova data da Nilde Jotti da presidente della Camera, fra il 1979 e il 1992, “saggio e imparziale come pochi prima e dopo di lei”, Senaldi si era abbandonato ad una difesa a dir poco infelice, per altri sottintesi che comportava, delle qualità, meriti e quant’altro del suo ottantenne cronista e recensore, Giorgio Carbone. Che, a differenza di Togliatti, separatosi da tempo dalla moglie Rita Montagnana e morto peraltro per un ictus nel 1964 in Crimea assistito dalla sua compagna, “è rimasto con figli e la moglie tutta la vita, tenendole la mano in ambulanza nel momento del trapasso”. “Mi auguro – aggiungeva Senaldi, e non dico altro- che per una donna di sinistra questo sia ancora un valore”.
Vi confesso che a quel punto per curiosità ero andato a recuperarmi nelle rassegne stampa parlamentari l’articolo di Carbone pubblicato il giorno 5. E vi avevo trovato, fra l’altro, un passaggio tutto politico sui “vent’anni d’amore” fra Nilde Jotti e “il migliore”, come veniva definito Togliatti pur dovendosi considerare, a suo avviso, “uno dei peggiori” per i rapporti avuti a Mosca e altrove con Stalin. “Per quattro lustri Nilde – diceva l’articolo- viaggiò con “uno dei peggiori” in perfetto accordo sentimentale e politico. E allora uno si chiede: è giusto considerarla un’eroina, un personaggio senza ombre quale pare voglia rappresentarlo lo sceneggiato alle 21,15 su Rai 1?”.
Mi ero detto, leggendo questo passaggio: “Meno male che Senaldi si è risparmiato di difendere nel suo editoriale anche un simile processo postumo, politico e morale, contro la Jotti. Della quale io ricordo solo la collaborazione prestata a Togliatti in un viaggio a Mosca per sottrarsi alla decisione, suggerita al dittatore sovietico da certi compagni a Roma, di trattenervelo praticamente per lasciare il Pci nelle mani dell’ala dura, tipo Pietro Secchia. Che sognava la rivoluzione e considerava un po’ tradita la lotta di liberazione dal nazifascismo per l’esito democratico che aveva avuto in Italia.
E’ stato pertanto con enorme stupore, e imbarazzo professionale come giornalista, che l’altra sera nello studio televisivo di Giovanni Floris, su La 7, ho assistito ad una rissa sull’affare Jotti, chiamiamolo così, alla fine della quale Senaldi è sbottato dandole della “stalinista” ancora più esplicitamente del suo vecchio cronista e critico televisivo di circostanza.
Se il giornalismo è ridotto a questo, mi pento francamente di averlo così a lungo esercitato. Mi consola solo la possibilità di dare, all’età che ho, qualche testimonianza utile ai giovani e meno giovani che lo praticano. Per rimanere alla Jotti, vi posso raccontare che alla sua prima elezione al vertice di Montecitorio noi giovani cronisti le davamo un po’ malevolmente della “zarina”, finendo però per pentircene subito perché scoprimmo che, dai modi in cui sapeva muoversi e guidare la Camera, spesso e volentieri mandando di traverso la saliva ai compagni di partito e di gruppo, era una regina vera, non appezzata ma ammirata da tutti.
I commessi, funzionari e quant’altri di Montecitorio rimasero di stucco- per ripetervene una raccontata in questi giorni dal suo ex fidatissimo portavoce Giorgio Frasca Polara- quando si affrettarono a fare allestire l’appartamento della presidente, all’ultimo piano del Palazzo di Montecitorio, per evitare i rischi dei trasferimenti pluriquotidiani dalla sua casa di Montesacro alla Camera. La presidente si fece allestire solo le due camerette addette alle persone di servizio, di cui fece a meno bastando e avanzando le sue braccia per accudirvi. E dello stesso mio amico e collega Giorgio, giornalista dell’Unità, quando il funzionario di turno chiese alla presidente a quanto dovesse ammontare il suo compenso, si sentì rispondere con aria quasi stupita: ”Quel che tocca ad un metalmeccanico di terza, come usiamo al partito”.
Un’ultima e personalissima testimonianza è quella del 1983, quando mi toccarono sette giorni di arresti domiciliari per avere pubblicato sulla Nazione un documento sulle connessioni internazionali del terrorismo: documento depositato nella commissione parlamentare d’inchiesta sul delitto Moro e sospettato – a torto, come si venne poi a scoprire- di essere coperto da segreto di Stato. Essendo alla vigilia delle elezioni e avendo i comunisti paura di subirne contraccolpi per il coinvolgimento di alcuni paesi del Patto Varsavia, fui raggiunto da una gragnuola di attacchi e insinuazioni da quelle parti politiche. Ebbene, Nilde Jotti, su carta intestata della Presidenza della Camera, mi fece portare a mano da un motociclista una lettera di stima e di solidarietà di cui vado ancora orgoglioso.
Pubblicato su Il Dubbio
Mi fa bene sempre sentire riportare giudizi positivi sulle persone ,specialmente quelli di ordine etico.Abbondano quelli negativi(inventati?) che fanno scalpore , audience e che riguardano personaggi pubblici spesso misconosciuti.
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