Il trattativista Giuseppe Conte spiazzato dai talebani a Kabul

Titolo del manifesto
Emanuela Del Re al Foglio

Il presidente delle 5 Stelle Giuseppe Conte si è forse sentito spiazzato dalle notizie provenienti dall’Afghanistan, dove i talebani si stanno dimostrando meno “distensivi”, a dir poco, delle sensazioni da lui avvertite in un primo momento, sino a far scrivere al manifesto che hanno perso il pelo ma non il vizio. O a far dire al Foglio  dall’ex deputata grillina Emanuela Del Re,  commissaria dell’Unione Europea nel Sahel, che quei barbuti signori si sono fatti “più pericolosi” ora che “hanno appreso molto dalla nostra presenza e dal nostro operato e si muovono agevolmente sul piano globale”.

            Il capogruppo pentastellato al Senato Ettore Licheri, rimasto accanto all’ex presidente del Consiglio anche nei momenti di maggiore tensione con Grillo, che lo aveva liquidato come un incompetente, ha detto che Conte è stato “male interpretato” nella proposta di un “dialogo serrato” con i nuovi padroni di Kabul. Ed ha assicurato che pur volendo “parlare” con i talebani, come “con tutti i regimi”, i grillini si sentono adesso, dopo le iniziali sbandate del movimento, “europeisti e atlantisti”.

            A leggere però quello che non gradisce sentirselo dire ma sempre più appare il giornale ufficioso dell’ex presidente del Consiglio, cioè Il Fatto Quotidiano, viene il dubbio che il senatore Licheri non sia un portavoce credibile di Conte. Sentite che cosa ha scritto oggi Marco Travaglio nel suo editoriale difendendo lo stesso Conte dalle critiche piovutegli addosso anche sotto le cinque stelle: “Chi in Europa piagnucola perché Pechino e/o Mosca si pappano Kabul dovrebbe fare qualcosa di più astuto che tenere il broncio ai talebani: tipo smarcarsi dagli Usa, che ci hanno bellamente scaricati (Biden non cita mai Ue e Nato), e offrire loro qualcosa in cambio di corridoi umanitari e politiche meno efferate di 20 anni fa”.

Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano

            Con una chiarezza quindi sempre apprezzabile rispetto a frasi ambigue o ipocrite, il direttore del Fatto Quotidiano ritiene di interpretare Conte attribuendogli la disponibilità a qualche “smarcamento” dagli Stati Uniti. Che è l’esatto contrario della linea esposta e seguita dal presidente del Consiglio Mario Draghi prospettando e lavorando pr una risposta comune del G7 e del G20, peraltro a presidenza italiana in questo momento, ai problemi insorti col ritiro delle truppe occidentali dall’Aghanistan e la “vittoria” vantata dai talebani.

Vignetta del Fatto Quotidiano
Vignetta del Secolo XIX

            Nella stessa redazione del Fatto Quotidiano, d’altronde, qualche dubbio si avverte almeno a livello satirico sul modo col quale Conte ha posto la questione afghana. Nella vignetta di prima pagina di Mario Natangelo il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, avvolto in un burqa, chiede a Conte perché trattando con i talebani voglia ridurlo in quel modo. E si sente rispondere: “A te meno ti si vede, meglio è”. Non meno pungente, Stefano Rolli sul Secolo XIX fa commentare così ad un presunto contiano la notizia che i talebani fucilano la gente: “Una svolta moderata rispetto alla decapitazione”.   

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Aumentano i guai del segretario Enrico Letta, fuori e dentro il Partito Democratico

L’editoriale del Corriere della Sera
Luciana Castellina sul manifesto

Nell’editoriale del Corriere della Sera di ieri Ernesto Galli della Loggia non ha fatto nomi, scrivendo genericamente di “politici furbastri di tutti i colori” che hanno profittato della tragedia in corso in Afghanistan -tra ritiro delle truppe di occupazione, fuggitivi disperati che si aggrappano agli aerei in partenza e madri che cercano di affidare ai militari occidentali che ancora presidiano l’aeroporto di Kabul i loro bambini, nella speranza di sottrarli a un futuro con i talebani- per contestare l’esportabilità della democrazia in paesi che non vi sono abituati, o che ne adottano di diverse dalle nostre per cultura, religione ed altro. E per liquidare quindi “la spedizione in Afghanistan” come “una sciocchezza”. O come un crimine, anzi “un massacro” al quale secondo Luciana Castellina sul manifesto, risparmiata dal giudizio di Galli della Loggia, avrebbero partecipato anche “i nostri ragazzi”, per cui dovremmo quasi ringraziare Iddio di averne perduti solo 54 -gli “eroi” ringraziati con le loro famiglie dal presidente del Consiglio Mario Draghi- contro i 2400 americani tornati in patria nelle bare.

Titolo del Dubbio

            Con la valutazione positiva di Draghi ha convenuto l’editorialista del Corriere scrivendo che la spedizione occidentale “ha avuto l’innegabile conseguenza di dare per qualche anno un po’ di eguaglianza e di libertà a un certo numero di donne e di uomini di quel Paese”. Cui “a nessuno degli acuti osservatori” critici dell’intervento militare è venuto in mente di chiedere “se l’idea di andare a Kabul a esportare la democrazia fosse davvero così assurda e da scartare”. “La loro opinione è proprio così irrilevante?”, ha domandato Galli della Loggia prima di contestare ai critici dell’esportazione della democrazia il diritto, per coerenza, di “chiedere, ad esempio, che l’Egitto rinunci alla sua “cultura” e si decida a far processare come si deve gli assassini di Giulio Regeni o a liberare il povero Patrik Zaki”.

            Forse -ha osservato provocatoriamente l’editorialista del Corriere della Sera- nel caso del Cairo si ritengono in gioco non la cultura, la tradizione e quant’altro degli egiziani ma “semplicemente gli sporchi interessi del loro governo”. Ma chi giudica simili differenze? E inoltre “perché mai i democratici di casa nostra, se davvero pensano che dobbiamo lasciare indisturbati i Paesi con una storia diversa da quella occidentale, non perdono però occasione -ha chiesto sempre Galli della Loggia- di invocare continuamente le Nazioni Unite, le quali con tutta la sfilza delle loro carte e dichiarazioni sulle libertà e i diritti sono senza dubbio la più grande organizzazione mondiale per l’esportazione ideologica della democrazia?”.

Francesco Verderami sul Corriere della Sera

            Anche se i destinatari di questi messaggi, chiamiamoli così, dell’editorialista del Corriere sono rimasti anonimi, penso che possa e debba sentirsi chiamato in causa anche il segretario del Pd Enrico Letta, insorto subito come una molla contro l’esportabilità della democrazia di fronte alle immagini provenienti da Kabul. Con lui se l’è presa invece esplicitamente sul Foglio giorni fa Giuliano Ferrara firmandosi con nome e cognome, e lasciando nella foresta e dintorni il suo elefantino rosso. Quelle del segretario piddino sono state liquidate dal mio amico Giulianone come “stupidaggini” in prima pagina e “bellurie” in senso ironico nel titolo della girata dell’articolo all’interno.

            Il giorno prima dell’intervento di Ferrara sul Foglio se l’era presa con Enrico Letta, pur non nominandolo esplicitamente, la brava Marcelle Padovani ricordandogli che i veri “populisti” in Italia, fortunatamente perdenti, sono i grillini, interlocutori privilegiati del Pd, e non i leghisti col loro leader “opportunista” Matteo Salvini.

            Tira insomma una brutta aria per Enrico Letta dal fronte culturale della intelligenzia, o intellettualità. Ma crescono i suoi problemi anche nel Pd. Dove da sinistra, per esempio, l’inesauribile Goffedo Bettini, pur sostenendo il segretario nel rapporto privilegiato con i grillini, si è sottratto alla “disciplina di partito” invocata al Nazareno per contrastare o non partecipare alla raccolta delle firme dei referendum radical-leghisti sulla giustizia. E da destra, diciamo così, è arrivata non più tardi dell’altro ieri l’anticipazione di Francesco Vederami, sul Corriere della Sera, che il ministro della Difesa Lorenzo Guerini nelle comunicazioni che farà il 24 agosto, insieme col collega degli Esteri, alle competenti commissioni congiunte della Camera e del Senato sulla questione afghana sottolineerà “l’abnegazione e l’impegno dimostrato in questi venti anni dalle Forze Armate” giusto per “prendere personalmente le distane dalle tesi che albergano ai vertici del suo partito”. “Dove -ha specificato il retroscenista del Corriere– si sostiene l’idea che la democrazia non si possa esportare con le baionette”, per cui la partecipazione italiana alle operazioni in quel Paese sarebbe stata, a dir poco, inutile, visto che bisognerebbe “prepararsi al peggio”, come ha appena pronosticato Letta. Vallo a dire anche al presidente del Consiglio, che temo non avrà gradito o comunque condiviso neppure lui la posizione del segretario del Pd.

Pubblicato sul Dubbio

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