Più ancora dell’uso della scorta anche per proteggere la compagna dalle curiosità invadenti dei giornalisti, di cui ha finito per doversi occupare la Procura di Roma, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte comincia ad avere problemi di comunicazione politica, e di rapporti con gli alleati, per la corazza con la quale ha deciso di proteggere il suo secondo governo dalle minacce che arriverebbero dalle prospettive di un rimpasto.
Ancora oggi, forse anche forte dei dubbi attribuiti a questo proposito al presidente della Repubblica in persona, chiamato in causa ieri dal quirinalista del Corriere della Sera Marzio Breda, il presidente del
Consiglio ha affidato ad un “colloquio” con Monca Guerzoni, sempre del Corriere, un altro messaggio contro chi all’interno della maggioranza vorrebbe costringerlo, con tutti i problemi che ha il paese, fra emergenze sanitarie, economiche e sociali, ad assecondare le solite, meschine “ambizioni” di chi “spera in ruoli più importanti”.
A questo punto però è sbottato a suo modo, con la calma di un mite quale generalmente è rappresentato da chi lo conosce e frequenta bene, il
direttore in persona del giornale più diffuso d’Italia, Luciano Fontana, per mettere qualche puntino sulle i di questo dibattito che si sta soprapponendo a tutti gli altri e minaccia di complicare terribilmente una situazione già troppo compromessa di suo.
Facile pure lui, per carità, a prendere i suoi abbagli ma anche lesto a non ripeterli, come quando scambiò l’allora capo del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio per un emulo addirittura di Giulio Andreotti, il direttore del Corriere ha preso al volo l’occasione offertagli da due lettori per trasferire ed esporre in
prima pagina la convinzione che forse non basterebbe neppure più un rimpasto per rimediare ad una situazione politica diventata troppo precaria, inadeguata e quant’altro rispetto alle esigenze del Paese. “E’ possibile -ha chiesto Fontana, forse pensando rispettosamente anche a Mattarella- che la ricostruzione economica sia gestita con la confusione di questi giorni, con dispute ideologiche e ultimatum mirati solo a non disturbare la pace interna dei partiti, soprattutto del Movimento 5 Stelle) o a rilanciare ambizioni personali?”, come le chiama Conte pesando però solo a quelle che non gradisce. “Ogni scelta decisiva- ha ricordato il direttore del Corriere– è appesa a pochi voti in Senato, che possono svanire e consegnare l’esecutivo solo a infinite mediazioni e decisioni al ribasso. Non è più utile cominciare a ragionare su un coinvolgimento di gran parte delle forze politiche in uno sforzo di responsabilità nazionale indispensabile in questa situazione?”. Fa tanta paura -mi chiedo- lo spettro di Mario Draghi?
Non meno stringente è il discorso di Fontana quando
ricorda che “dobbiamo scalare una vetta altissima e non riesco a capire come si possa fare senza coinvolgere tutto il meglio dell’Italia in termini di competenza, autorevolezza, capacità di progettazione. Non ci si può chiudere in un fortino”, magari per scoprire che è come quello sardo di Bitti.
Ripreso da http://www.startmag.it e http://www.policymakermag.it
dell’approvazione del bilancio, debbono aver fatto tirare un sospiro di sollievo sia al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che ancora nega contro ogni evidenza che qualcuno nella maggioranza giallorossa gli abbia davvero chiesto un’operazione del genere, e al capo della delegazione grillina al governo, il guardasigilli Alfonso Bonafede. Che ha appena
continuato a raccogliere notizie e voci su malumori verso il presidente del Consiglio, specie dopo avere appreso che, con l’aria di non volere accentrare la preparazione dei piani d’uso dei fondi europei per la ripresa, egli sta approntando una sala di cosiddetta regìa di non meno di trecento persone. Che
tanto utili a Conte e ai grillini si trovano più condizionali del solito, e soprattutto una contraddizione direi insolita per l’abituale puntigliosità del cronista. Il quale, in particolare, da una parte scrive che l’operazione rimpasto potrebbe
complicare più che sciogliere i nodi per conciliare lotta alla pandemia e ripresa economica, ma dall’altra si chiede se le forze della maggioranza “credono fino in fondo alla formula in base alla quale hanno finora scelto di stare insieme e che mostra già parecchie fragilità”. Ma allora di che cosa parliamo, di grazia? A quali e quante altre “fragilità” dobbiamo prepararci e rassegnarci ?
di gradimento, scendendo al livello più basso, e che le opposizioni continuano a prevalere elettoralmente sulle forze della maggioranza, con la Lega in testa -al 25 per cento
il dibattito politico sia segnato anche dalle polemiche sulla reale data e ora di nascita di Gesù Cristo per valutare il caso di anticiparla dai 60 ai 120 minuti la sera del 25 dicembre in funzione antipandemica, per evitare o limitare assembramenti o contagi, non può stupire più di tanto.
dei grillini duri e puri come Marco Travaglio, che alla vigilia aveva definito “concorso esterno” nella solita associazione mafiosa l’unica offerta che il sempre odiatissimo Cavaliere, da qualsiasi parte del mondo facesse giungere i suoi messaggi, poteva fare al governo che volesse chiedergli una mano. Ora Travaglio è lì a minacciare o reclamare lui le elezioni anticipate, non sapendo neppure se per ridere o piangere.
sopportato da avere rinunciato a ricandidarsi nelle ultime elezioni per non incontrare neppure per caso qualche grillino in Parlamento. Anche il pentastellato che sembra essere riuscito meglio, l’attuale ministro degli Esteri Luigi Di Maio, perciò suo successore sia pure lontano alla Farnesina, è rimasto per Martino “il borracciaio del San Paolo”: lo stadio di Napoli che sta per essere intitolato alla buonanima di Maradona.
responsabilità, che ha politicamente costretto tutte le forze di centrodestra a cambiare linea e ad adeguarsi”. Chapeau”, ha detto, Franceschini fra le proteste di Giorgia Meloni, che voleva forse anche lei qualche riconoscimento. Dell’ormai ex trainante Matteo Salvini mancano notizie certe.
rivelarsi per i grillini persino assordante. Ed aprire davvero nel Pd una nuova stagione. Non ha forse torto Stefano Folli a scrivere su Repubblica che “cambia la scena” e “nulla è come prima”. Travaglio ne deriderà, al solito, il riporto capelluto.
preghiere a Moro per uscire dalla paralisi in cui si è cacciato. Ora è il turno delle doti magiche di genio e sregolatezza di Maradona per cercare di far quadrare, si fa per dire, i conti di scostamento del bilancio di governo.
campione che invoca simpaticamente la misericordia di Dio per avere abusato della sua mano spingendo la palla in rete. E mi spiace non poter dire né sperare, al momento, che possa andare in Paradiso, o all’Inferno, come preferite, e sempre al maiuscolo, questa specie di politica con cui siano costretti a convivere ormai da troppo tempo.
Libero di Vittorio Feltri, Renato Farina e amici gli è corso appresso riaccoppiando in prima pagina Silvio Berlusconi e Angelino Alfano, richiamato quest’ultimo non so da quale legione straniera fosse finito dopo la fallita esperienza prima di delfino e poi di concorrente del Cavaliere, ai tempi ormai preistorici di Enrico Letta e di Matteo Renzi.
della Cavalleria Rusticana succeduta l’anno scorso a quella di colore gialloverde, ha qualcosa di stucchevole che accentua e non riduce la sensazione di una certa reticenza politica del senatore di Scandicci, pur a tanto tempo ormai dai fatti che portarono ad un traumatico passaggio politico come quello delle elezioni ordinarie del 2018. Che dopo la sconfitta referendaria della riforma costituzionale del governo Renzi, pur avvenuta col decoroso distacco di un 60 contro il 40 per cento dei voti, avrebbe portato alla demolizione di ogni equilibrio politico e ad un azzeramento delle prospettive democratiche che fa ancora più paura di fronte alle sopraggiunte emergenze epidemiche e alla sempre più evidente debolezza del rapporto fra potere centrale e poteri regionali.
combinati l’anno scorso -scusate la parolaccia- spingendo all’alleanza di governo il suo Pd e i grillini. E ritrovandosi adesso insieme col rottamato più storico della sua covata -Massimo D’Alema- su una strada che farebbe trabocccare gli ospedali come le discoteche dell’estate scorsa, nella rappresentazione fatta sul Secolo XIX da Stefano Rolli. Per carità, non facciamone niente.