Sotto le cinque stelle non c’è davvero niente, a dispetto di tutte le apparenze

              In questa “Ondata e riorno” drammatica rappresentaci con la sola bravura e immaginazione giornalistica dal manfesto dedicando giustamente la prima pagina al dramma della pandemia e dei suoi dati, che contribuscono a dare l’idea dello “Stato confusionale” -altro indovinato titolo di giornata offertoci dal Quotidiano del Sud- ciò che trovo sempre meno sopportabile è la pretesa dei grillini di occupare o di proporsi sulla scena con le loro sempre più piccole vicende interne di movimento. Che si chiamerà pure 5 Stelle ma sono esse sì sideralmente lontane dai problemi veri del Paese, per somma sventura finito in queste circostanze da più di due anni sotto un governo condizionato proprio dalle vicende interne di un quasi partito che vorrebbe paradossalmente diventarlo, viste le responsabilità capitategli addosso, ma non ci riesce senza frantumarsi.

            A sentire chi prende ancora sul serio questi signori, dovremmo scaldarci per un senso di responsabilità e di realismo di ritorno che avrebbe dimostrato il solito, immancabile Luigi Di Maio, parlando persino ai “foglianti” di Giuliano Ferrara e Claudio Cerasa nella loro festa annuale, con la storia del dovere che hanno i suoi compagni di andare d’accordo con gli altri partiti di governo anche in periferia. L’obbiettivo è naturalmente quello delle elezioni comunali della primavera prossima, se il Covid ci permetterà di andare alle urne.

            Il Messaggero, giornalissimo -diciamo così- di Roma, particolarmente interessato anche editorialmente alle sue fortune o sfortune, ha tradotto in “un siluro alla Raggi”, cioè alla sindaca uscente, quello lanciato – o rlanciato, perché non è la prima volta-  da Di Maio proponendo “una coalizione”, come a Milano, Torino, Napoli e altrove, che non potrebbe prescindere dal Pd. Che pure sta alla Raggi, peraltro incaponitasi nella ricandidatura, come il diavolo all’acqua santa.

            Probabilmente si riaprirà nel movimento grillino, sotto e dietro i palchi dello spettacolo, la solita gazzarra che costringerà Di Maio a ripetere, come d’altronde ha già fatto col suo presunto “siluro” elogiandone l’azione svolta in Campidoglio, che il suo sostegno alla collega di movimento e amica è non sicuro, ma sicurissimo. Ciò significherebbe che, volente o nolente, sotto sotto, il segretario del Pd Nicola Zingaretti sta lasciando credere a Di Maio che alla fine potrebbe convincersi a darle una mano, magari se dovesse riuscire ad arrivare di nuovo al ballottaggio, come l’altra volta alla signora riuscì con la destra. E ciò spiegherebbe, d’altronde, tutti gli ostacoli che Zingaretti sta opponendo alla candidatura davvero forte al Campidoglio dell’ex ministro Carlo Calenda.

            A questo punto, visti i maggiori problemi che premono su tutti noi italiani, fra i quali mi permetto di mettere al primo posto chi costituzionalmente li rappresenta nella loro unità, cioè il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sembra non opportuno ma doveroso pregare i grilliini e quanti vanno loro appresso nella difesa dei posti di potere conquistati e da assegnare nei prossimi mesi nell’immensa area del cosiddetto sottogoverno di smetterla di tenere appeso il Paese ai loro problemucci. Sotto le loro stelle non c’è davvero niente.

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