“Ora deve andarsene”, ha scritto e titolato sul Fatto Quotidiano il fondatore Antonio Padellaro della presidente
del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, indicata ironicamente anche con l’acronimo MEAC, per avere rilasciato al Corriere della Sera un’intervista molto preoccupata sulla situazione del Paese e sulle insufficienze, quanto meno, di un governo che alimenta la confusione e l’incertezza anziché ridurle in una crisi, anzi in un’emergenza che è insieme sanitaria, sociale, economica e politica.
“Non vi sono precedenti nella storia dei rapporti fra le istituzioni e la politica”, ha scritto ancora Padellaro sorvolando sui presidenti delle Camere ormai abitualmente partecipi del dibattito e della lotta politica, come il Gianfranco Fini che
dal vertice di Montecitorio cercò nel 2010 di rovesciare il governo in carica di Silvio Berlusconi, e dimenticando il clamoroso Cesare Merzagora del 1960. Che dalla presidenza del Senato, alla quale fu confermato dopo le dimissioni seguite alle polemiche che aveva suscitato, insorse contro il disordine persino sanguinoso provocato dal governo di Fernando Tambroni sostenuto dall’estrema destra.
Pur senza spingersi sino alle dimissioni reclamate dal giornale più vicino, diciamo cosi, al partito o movimento di maggioranza relativa e al presidente del Consiglio, il capogruppo del Pd al Senato Andrea Marcucci ha accusato la presidente dell’assembla di avere “abbandonato il suo ruolo di garanzia”. Ma già
nei mesi scorsi l’aveva attaccata per avere ostacolato la tattica dilatoria della maggioranza di governo nella procedura di autorizzazione a precedere per sequestro di immigrati sulla nave Gregoretti contro l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini. Che peraltro è difeso in questa paradossale vicenda giudiziaria dalla pubblica accusa. “Fuori luogo”, si è limitato a dire contro la presidente Casellati il capogruppo dei senatori pentastellati Gianluca Perilli, forse consapevole che fra i suoi colleghi ce ne sono non pochi tanto insoddisfatti del governo Conte da morire dalla voglia di votargli contro.
Visto che c’erano, al Fatto Quotidiano hanno contestato alla Casellati, diventata ironicamente “Sua Presidenza”, anche
il mezzo scandalo da “Casta” di una gara d’appalto indetta per il servizio di distribuzione della posta del Senato con tanto di pony express, pensate un po’,”in giacca e cravatta”. Ah, benedetta signora Presidente.
Chissà se potrà bastare alla povera Casellati farsi perdonare la franchezza usata nel parlare del
governo -e dello stato un po’ sofferente, diciamo così, in cu esso ha ridotto il Parlamento con la frequenza dei suoi decreti legge e decreti presidenziali- una partecipazione
alle feste in corso di Luigi Di Maio e amici, a cominciare da quelli del Fatto, per la strepitosa vittoria -a sentirli- conseguita nei ballottaggi comunali appena conclusi. Che hanno consentito al candidato grillino, con l’appoggio del Pd, di diventare sindaco di Matera, dove Marco Travaglio
ha subito proposto di fare svolgere gli Stati Generali, cioè congressuali, delle 5 Stelle, se non saranno preceduti da una scissione. Ma la gemma dei ballottaggi è l’elezione, sempre
con l’appoggio del Pd, del grillino Gianluca Del Mastro, insegnante universitario di papirologia, a sindaco di Pomigliano d’Arco, 39 mila e rotti abitanti, alle porte di Napoli, paese di adozione di Luigi Di Maio, nato nella non troppo lontana Avellino. Il governo Conte 2 può tirare un sospiro di sollievo, togliendosi magari la mascherina.
i temi di quella che, tirato per i capelli dalla interlocutrice, ha ammesso di poter chiamare “verifica”, alla vecchia maniera. E anche di poterla vedere
sfociare in quello che, sempre alla vecchia maniera, potrebbe essere chiamato “rimpasto” di governo, per quanto la parola faccia inorridire, o piùsemplicemente impaurisca, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Che ancora attribuisce un simile passaggio all’”agenda” dei giornalisti, non sua, già troppo fitta di appuntamenti ed eventi.
di vera e propria denuncia dei rischi di paralisi e confusione anche istituzionale in cui viviamo, della presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati al Corriere della Sera.
accettasse di entrare nel Consiglio dei Ministri, anziché farsene raccontare le riunioni da altri. A meno che Renzi, magari in un corso accelerato di storia della cosiddetta prima Repubblica, non abbia riscoperto il fascino della vecchia, e sostanzialmente inevasa, proposta di Ugo La Malfa di rafforzare i governi di seconda generazione del centrosinistra, dopo quelli presieduti da Aldo Moro, istituendo un “direttorio” di ministri senza portafoglio nelle persone dei segretari dei partiti della coalizione.
il petto per l’ennesima volta nella stessa giornata- l’obbiezione della intervistatrice Annalisa Cuzzocrea su una certa sproporzione che potrebbe apparire agli occhi del pubblico tra le ambizioni, l’attivismo e quant’altro del suo partito Italia Viva e i voti raccolti nelle prime elezioni nelle quali ha voluto o potuto misurarsi.
fare meglio dei 5 Stelle e diventare il secondo partito della coalizione”, dopo il Pd, bontà sua. Il solito boy scout, avrà commentato il nuovo editore di Repubblica, chissà se anche a proposito della ipotesi, ritenuta da Renzi soltanto poco attuale, di una sua nomina a segretario generale della Nato “nel novembre 2022”, con un presidente degli Stati Uniti diverso naturalmente da Donald Trump.