Il ministro francese della Giustizia liquida come “terroristi” gli esuli italiani degli anni di piombo

Sarà un caso -come probabilmente pensano i detrattori della prima presidente italiana del Consiglio per giunta espressa da un partito dichiaratamente di destra per il quale gli esani non finiscono mai, come nell’ultima commedia scritta da Eduardo De Filippo nel 1973. Ma ha la sua rilevanza politica che alla vigilia del pronunciamento della Cassazione a Parigi sull’estradizione dei dieci sanguinari reduci degli anni di piombo rifugiati ancora in Francia, e qualche giorno dopo il lungo incontro svoltosi a Bruxelles fra Emmanuel Macron e Giorgia Meloni, il ministro della Giustizia d’oltr’Alpe abbia rilasciata un’intervista al Corriere della Sera per avvertire, ribadire e quant’altro di considerare “terroristi” quanti si ritengono, si proclamano, e vengono difesi dai loro sostenitori “gli esuli italiani” che debbono scontare pesanti pene nel loro paese. Fra questi primeggia per notorietà il quasi ottantenne lottacontinuista Giorgio Pietrostefani,  condannato a 22 anni per il delitto del commissario Luigi Calabresi a Milano nel 1972, ucciso come un cane sotto casa.   

Di cittadinanza italiana per parte di madre, della quale ha voluto conservare anche il cognome abbinandolo a quello francese del padre, il ministro della Giustizia Eric Dupont Moretti non ha certamente parlato, alla vigilia- ripeto- della decisione della Cassazione, senza il preventivo assenso del presidente della Repubblica reduce -ripeto anche questo- di un incontro chiarificatore con la Meloni dopo un certo periodo di gelo provocato dal caso di una nave di soccorso volontario di migranti che la Francia l’anno scorso dovette fare approdare, una volta, tanto in un suo porto, peraltro militare, e non nel solito porto italiano. Acqua ormai passata, con grande sollievo anche o soprattutto del presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, spesosi personalmente per superare la crisi, come anche per l’incidente verificatosi all’epoca del primo governo Conte, quando il vice presidente grillino Luigi Di Maio  andò a solidarizzare con i rivoltosi in gilet giallo che avevano messo a ferro e a fuoco Parigi.

Sono d’altronde lontani anche i tempi del presidente francese Nicolas Sarkozy, la cui consorte  italiana Carla Bruni non si si risparmiò parole e gesti di difesa e solidarietà con i connazionali terroristi rifugiatisi oltre’Alpe con lo scudo che portava il nome dell’ex presidente francese Francois Mitterrand. Fra quei terroristi c’era allora anche Cesare Battisti, ora al sicuro, dopo una fuga in Sudamerica, là dove doveva stare da tempo: in un carcere italiano in cui si è appena lamentato di subire dispetti. Che naturalmente non gli sono dovuti, per quanto lui ne abbia fatti ben altri alle sue vittime e ai loro familiari. 

Ripreso da http://www.policynakermag.it

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