Quella vecchia protesta di Aldo Moro contro il bene che non fa notizia

Aldo Moro, che passava per un pessimista,  un rassegnato al peggio che sorprese pertanto molti quando, rapito delle brigate rosse fra il sangue della sua scorta, inondò il mondo politico e istituzionale di lettere disperate in difesa della sua vita, prese spunto una volta da una polemica su un fatto di cronaca per scrivere sul Giorno un bellissimo editoriale di protesta contro l’abitudine di non considerare “il bene una notizia”. 

Me ne sono ricordato in queste ultime ore vedendo, fra tante cattive notizie di cronaca, di politica, di costume, la fine non modesta ma miserrima riservata all’annuncio pur documentato del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che “il rischio di recessione è scongiurato”. O, nella versione più riduttiva ma pur sempre consolante,  “il rischio sembra scongiurato, incrociando le dita”.

Dello stesso ministro Giorgetti si è generalmente preferito valorizzare sui giornali il timore ribadito di una ricaduta negativa sui nostri conti del rialzo degli interessi annunciato, coltivato e altro ancora dalla presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde: quella signora francese elegante e abitualmente abbronzata che fa spesso rimpiangere il pallido predecessore italiano Mario Draghi. 

Abbiamo insomma un debole irrefrenabile, e un pò suicida, per le cattive notizie e una indifferenza, nel migliore dei casi, o diffidenza nel peggiore, verso le buone notizie. Che sono naturalmente tali anche intese come mancate cattive notizie. Fra una strage incidentale provocata da trafficanti di carne umana, come li chiama il Papa, che caricano di clienti disperati, ma in grado di pagare carissimo il loro viaggio, carrette sbullonate che spugnano in acqua come cartone o si sfasciano contro una secca, e una strage di Stato, cercata da ministri o governi cinici e bari, è solitamente più attendibile la seconda nella nostra politica e informazione, o informazione politica e giudiziaria. E se non vi sono notizie sufficienti a suffragarla, se ne inventano apposta.

Mi ha consolato, in questo cattivo contesto, un editoriale controcorrente pubblicato oggi dal Corriere della Sera in cui Federico Rampini ha avvertito onestamente -anzi coraggiosamente nei tempi correnti- che “dovremmo imparare qualcosa dall’Apocalisse che non è mai avvenuta” per la guerra in Ucraina voluta da Putin sopravvalutando peraltro le proprie forze, o sottovalutando quelle altrui.

“Un anno fa a quest’epoca l’Occidente -ha ricordato Rampini- cominciava ad applicare le sanzioni economiche contro la Russia. Ne seguì  uno psicodramma nazionale sui danni tremendi che ci saremmo auto-inflitti con quelle sanzioni”. Ma “un anno dopo, nulla di tutto ciò si è verificato. L’arrivo di una recessione -ha scritto Rampini- continua a slittare, forse potrebbe non verificarsi, in ogni caso sarebbe la conseguenza delle strette monetarie per domare l’inflazione, non delle sanzioni…..Non abbiamo passato l’inverno al gelo. Il gas oggi costa meno di prima della guerra”.  

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