Per quanto con i loro 50 anni di vita siano più giovani della Costituzione, che ne ha compiuto
72, e alcuni dei loro “governatori” siano
arrivati al Quirinale a passo di carica, come Vincenzo De Luca, o con le giacche svolazzanti
su maniche
e spalle, come i leghisti Attilio Fontana e Luca Zaia, le regioni italiane si portano maluccio la loro età, diciamolo francamente. A farle invecchiare precocemente ha contributo la dura prova sopportata dal sistema sanitario, di loro competenza, nell’impatto con l’emergenza virale.
Nella festa di compleanno politico allestita per loro sul Colle il presidente della Repubblica ha fornito anche un aiutino prezioso con la raccomandazione al governo di coinvolgere le regioni nella gestione degli ingenti fondi europei per la ripresa post-endemica varati nel recente vertice di Bruxelles, anche se deve essergli costata -credo-una grossa fatica sorvolare sul rischio che esse corrono, a causa della posizione assunta nella maggioranza dai grillini, di non poter attingere a quel prestito di 37 miliardi di euro già disponibili proprio per il potenziamento del sistema sanitario, diversamente dagli altri soldi destinati ad arrivare solo dall’anno prossimo.
Se il capo dello Stato si fosse avventurato su questo terreno, magari limitandosi a raccomandare realismo al governo, avrebbe moltiplicato i guai del presidente del Consiglio. Il quale è convinto che l’attenzione a questo problema sollevato con insistenza dal Pd e dai renziani nella maggioranza, e dai forzisti e radicali all’opposizione, sia addirittura “morbosa”. L’ascolto gli costerebbe la crisi, visto che il Movimento 5 Stelle, diviso quasi su tutto, fa del suo no a quel prestito targato Mes, da meccanismo europeo di stabilità, una questione di bandiera: come il suo sì alla riduzione dei 345 seggi parlamentari alla prova del referendum confermativo del 20 settembre. Se, in assenza di un barlume di nuova legge elettorale reclamata nel momento di far passare la riforma in Parlamento, il Pd si disimpegnasse a tal punto da far mancare la ratifica, i grillini compirebbero forse anche il suicidio delle elezioni anticipate, a costo di ridursi davvero a fare “i gelatai” davanti al Parlamento nella nuova legislatura, come li sfotte ogni tanto il loro ex simpatizzante Antonio Di Pietro. Che essi hanno tenuto a distanza non fidandosene, nonostante i suoi buoni rapporti e una passata collaborazione con la buonanima di Roberto Casaleggio.
Forse il capo dello Stato ha peccato di ottimismo leggendo in chiave positiva la riforma già subita dalle regioni nei loro cinquant’anni di vita col titolo quinto della Costituzione, riscritto in tutta fretta nel 2001 dal secondo governo di Giuliano Amato per inseguire i leghisti sulla strada del federalismo e trattenerli, peraltro inutilmente, dal ritorno nel centrodestra di Berlusconi, dopo la rottura di Umberto Bossi alla fine del 1994. Ne derivò un pasticcio, con un contenzioso infinito davanti alla Corte Costituzionale, riconosciuto dagli stessi autori -di centrosinistra- della riforma con un intervento correttivo travolto però dall’antirenzismo che segnò il referendum del 2016: un’occasione davvero perduta, che aggravò anziché fermare l’invecchiamento precoce dell’istituto regionale, ancor prima della sopraggiunta epidemia virale.
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Dove si è assicurato, grazie alla tenuta del tandem Merkel-Macron, aiuti comunitari per la ripresa post-epidemica di 209 miliardi di euro, pur non disponibili immediatamente come il prestito di 37 miliardi per il potenziamento del servizio sanitario. Che è invece contestato dai grillini e quindi bloccato lì, tra le cose da vedere e non toccare.
sbarchi di migranti in fuga, una volta approdati in Italia, anche dalla quarantena virale, ha inseguito Salvini e costretto Conte a fare altrettanto promettendo una tolleranza zero per gli “ingressi irregolari”. Il “capitano” leghista insomma continua a far paura, eccome. Lo stesso Silvio Berlusconi, all’interno del centrodestra, ha ridotto le distanze dalla Lega sulle prospettive politiche e sul modo di fare opposizione.
sua tragica esperienza dal sindaco di Limone Piemonte. Che lo ha invitato a rimuovere dal terreno dove l’aveva abbandonata la carcassa del Suv da lui imprudentemente guidato una quarantina d’anni fa su una strada ghiacciata di montagna. Dal quale il comico si buttò fuori, abbandonandone la guida, in tempo per salvarsi ma provocando la morte di tre ospiti.