Attenti al bicchiere mezzo pieno di Conte nella partita sull’affare Gregoretti

Una citazione di Paolo Armaroli vale più di un’onorificenza per il valore dell’insigne professore universitario di scienze politiche, ma anche di diritto parlamentare: un valore dimostrato anche sul piano politico nel ruolo di Armaroli.jpegdeputato di Alleanza Nazionale nella tredicesima legislatura, fra il 1996 e il 2001. Furono gli anni in cui gli capitò, fra l’altro, di inorridire da costituzionalista per quella riforma del titolo quinto della Costituzione, sulle regioni, improvvisata da una striminzita maggioranza di centrosinistra nel tentativo, peraltro fallito, di ingraziarsi la Lega e impedirne il ritorno nel centrodestra, dopo la repentina rottura con Silvio Berlusconi  intervenuta come un parto, quasi al nono mese dalla comune vittoria elettorale del 1994. Da quella riforma, di cui si pentirono poi gli stessi promotori, nacque un contenzioso che intasò letteralmente la Corte Costituzionale, come Armaroli previde e fu invece permesso da un elettorato che ratificò svogliatamente la riforma partecipando al referendum confermativo con un’affluenza del solo 34 per cento.

Da costituzionalista egli ha avuto i suoi buoni motivi nel vedere mezzo vuoto, o del tutto vuoto, il bicchiere di Giuseppe Conte da me invece visto politicamente mezzo pieno sullo spinoso problema del processo che il cosiddetto tribunale dei ministri di Catania, peraltro in difformità dalla Procura, ha chiesto al Senato di autorizzare contro Matteo Salvini. Il quale è accusato di sequestro aggravato di oltre cento immigrati bloccati per tre notti  a fine luglio sulla nave militare Gregoretti, finché non se concordò la distribuzione fra vari paesi europei.

Oltre che come costituzionalista, in verità Armaroli ha ragione anche come uomo di buon senso, essendosi quella vicenda svolta non clandestinamente ma alla luce di tutti i riflettori mediatici, com’era accaduto l’anno prima nell’analoga vicenda della nave Diciotti, gestita da Salvini con la totale ed esplicita copertura del governo, per cui l’allora ministro dell’Interno scampò al processo per il riconoscimento di avere agito nell’interesse superiore dello Stato, cioè in difesa dei confini e di un’immigrazione regolare, non illegittima.Savini.jpeg Stavolta, invece, per la vicenda della nave Gregoretti la copertura totale ed esplicita del governo, è sinora mancata. E’ invece intervenuta una comunicazione burocratica di Palazzo Chigi agli uffici giudiziari sulla mancanza di un Consiglio dei Ministri dove si fosse discusso di quella vicenda  Ad Armaroli non è piaciuta -e posso capirlo, conoscendone la franchezza non solo verbale- la riserva che Conte si è presa di esaminare atti, informazioni e quant’altro per potersi pronunciare a tempo debito, cioè quando della questione si occuperà, votando, la giunta competente delle immunità del Senato per riferire poi in aula. Dove -ha puntigliosamente ricordato Armaroli- si dovrà votare, in forza del regolamento, in modo palese e non segreto, come si sarebbe invece portati a pensare essendo in gioco il destino di una persona.

Accetto volentieri l’amichevole e implicita tiratina d’orecchie che mi sono meritato, avendo pensato da giornalista di strada, diciamo così, dotato di quel senso comune di memoria e critica manzioniana, che volendo si potesse, quanto meno, anche votare a scrutinio segreto. Esso consente notoriamente più libertà a chi è chiamato a decidere. Le regole sono regole, appunto, e bisogna rispettarle, per carità, anche quando vengono applicate con svolte repentine, come accadde nel 2011, quando l’allora presidente del Senato Pietro Grasso fece votare a scrutinio palese la decadenza di Silvio Berlusconi da parlamentare in applicazione della controversa legge Severino, dopo la condanna definitiva per frode fiscale rimediata in Cassazione.

Si dà tuttavia il caso che per i cosiddetti reati ministeriali, quale appunto è quello contestato dai magistrati di Catania all’allora titolare del Viminale, il regolamento della Camera, dove Salvini sarebbe finito se si fosse stato eleggere deputato e non senatore, non contempla l’obbligo del voto palese. E’ prescritta solo, come al Senato, una decisione a maggioranza assoluta, cioè la metà più uno dei componenti dell’assemblea.

Anche di questo penso che si debba discutere a proposito dell’affare Gregoretti, non foss’altro per non confermare la famosa locuzione latina che dà al Senato della “cattiva bestia”, pur dando ai senatori dei “boni viri”.

Comunque, il bicchiere mezzo pieno di Conte me lo tengo stretto, specie confrontando la prudenza del presidente del Consiglio con la fretta del capo della delegazione grillina al governo, Luigi Di Maio, e ancòra capo anche del suo movimento. Il quale ha sentenziato che il suo ex collega di governo, forse proprio in quanto ex, essendo Di Maio.jpegnel frattempo passato all’opposizione, andrebbe processato, diversamente dalla vicenda Diciotti. Se poi Conte il bicchiere lo svuoterà per non peggiorare i suoi già difficili rapporti con Di Maio, o non terremotare i grillini , ma forse anche i piddini, più di quanto già non lo siano, sarà una storia tutta da raccontare e giudicare.

 

 

 

Pubblicato su Il Dubbio

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Quello che i giornali hanno scoperto nel messaggio d’auguri del capo dello Stato

            Il bello dei messaggi presidenziali di Capodanno è vedere dopo 30 ore, a edicole riaperte, quello che i vari giornali vi hanno trovato o scoperto, diversamente dalla disattenzione o dalla noia dello spettatore rappresentato assopito sulla prima pagina del Corriere della Sera dall’impietoso Emilio Giannelli: neppure assopito, in verità, ma persino russante davanti alla televisione, al punto da farsi abbaiare addosso dal cane ai suoi piedi.

            Sullo stesso Corriere, meno irriverentemente, il quirinalista storico Marzio Breda con il suo abituale e rispettoso acume politico ha attribuito a Sergio Mattarella, interpretando Marzio Breda.jpegpiù che rileggendo testualmente le sue parole, il tentativo di incoraggiare anche il governo e la sua maggioranza giallorossa, mai nominati dal capo dello Stato, a una “vera ripartenza”: segno, evidentemente, che la partenza della compagine ministeriale in carica da qualche mese, il cosiddetto Conte 2 o Bisconte, non è stata molto forte e incoraggiante.

            Più ottimisticamente, enfaticamente, retoricamente, come preferite, la Repubblica –quella di cartaha visto e indicato nel messaggio televisivo trasmesso dal Quirinale a reti unificate, Repubblica.jpegcome si dice, e ascoltato elettronicamente da più di dieci milioni di connazionali, addirittura “il manifesto della giovane Italia”: un manifesto tradotto a Bari La Gazzetta.jpegdalla Gazzetta del Mezzogiorno in una salutare “scossa” per un Paese troppo poco fiducioso e consapevole delle sue potenzialità, pur tanto note e apprezzate all’estero.

            La segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan si è spinta sul Dubbio a vedere tra le righe del discorso del presidente della Repubblica una strigliata salutare al governo -ripeto, mai citato Furlan.jpegda Mattarella nel suo messaggio- perché la smetta di “fare da notaio nella Furlan.jpegpolitica industriale”, che sarebbe gestita quindi da altri, compresi i magistrati. Che sono notoriamente solerti quanto meno a coprire i vuoti politici, se non a scavalcare il potere esecutivo e persino quello legislativo, interpretando spesso le leggi in modo tale da costringere qualche volta il pur sonnolento o tollerante Parlamento a intervenire con leggi autenticamente interpretative di altre evidentemente approvate in termini non abbastanza chiari. E questo è uno scenario destinato a peggiorare con la fine, appena scattata, della prescrizione all’arrivo della prima sentenza di giudizio, se non vi si porrà rimedio rapidamente con l’applicazione della “ragionevole durata” dei processi imposta purtroppo solo genericamente dall’articolo 111 della Costituzione.

            Di positivo per Mattarella e i suoi cultori è sicuramente il fatto che il suo messaggio -con la sola eccezione quanto meno della Nazione, la testata toscana del Quotidiano Nazionale,  o QN,  in cui il gruppo Riffeser Monti ha unificato Il Giorno, il Resto del Carlino e la stessa  Nazione, dove in prima pagina non c’è traccia alcuna del discorso di Capodanno del capo dello Stato- ha retto benissimo alla concorrenza dell’altro evento che ha avuto invece in tutto il mondo un’eco ben maggiore. Papa arrabbiato.jpegMi riferisco allo scatto d’ira, o d’impazienza, di Papa Francesco, poi scusatosi pubblicamente di essersi troppo bruscamente sottratto alla fedele, schiaffeggiandone le mani, che aveva cercato di trattenerlo sporgendosi dalle transenne in Piazza San Pietro.

            Sulla inedita esperienza del Pontefice, che ha fornito a Matteo Salvini l’ennesima occasione di una controprestazione mediatica giocando sulla neve con la sua fidanzata, è da segnalare la felice ironia del Fatto Quotidiano di Marco Travaglio e del vignettista del Secolo XIX Stefano Rolli. Il primo La cattiveria.jpegha usato la “cattiveria” quotidiana di prima pagina del suo giornale per chiedere che cosa mettano nell’incenso delle messe del Papa per renderlo così impaziente Rolli.jpegcon una fedele che di certo non gli voleva fare del male. Rolli invece ha fatto indossare al Papa la cintura nera delle arti marziali giapponesi. Che è un po’ quella appena indossata consapevolmente in politica dal senatore Gianluigi Paragone, espulso dal Movimento delle 5 Stelle come “dal nulla”, ha reagito il parlamentare diventato da qualche tempo il più esplicito e duro nel contestare, anche nelle votazioni al Senato, la leadership di Luigi Di Maio e le coperture sempre fornitegli alla fine dal garante e fondatore Beppe Grillo.

 

 

 

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