Il vecchio sociologo Giuseppe De Rita, che ormai conosce per esperienza la società italiana come le sue tasche per tutte le volte in cui l’ha esaminata e ne ha misurata la febbre, negli anni felici e infelici, ha parlato di un Paese “in trance” di fronte alla “soglia psicologica” dei centomila morti di Covid ormai superata nel giro di poco più di un anno.
Da profano quale sono temo che siamo anche altre, e di ragioni diverse, le condizioni di trance, cioè di
astrazione da turbamento. Era chiaro già da tempo, con quelle centinaia di morti che ci venivano comunicati ogni giorno, tra il chiacchiericcio di virologi ed altri esperti, veri o presunti che fossero, che si stava marciando inesorabilmente verso e oltre i centomila morti, dopo averne contate a migliaia e poi a decine di migliaia.
Eravamo riusciti a neutralizzare con sorpresente rapidità e assuefazione anche l’effetto originariamente shoccante delle chiese piene di bare, poi delle colonne di
automezzi militari che le trasportavano verso cimiteri e forni crematori.E ci sono state per fortuna risparmiate le immagini, riferite da alcune cronache, di feretri sovrapposti e abbandonati in depositi neppure adatti allo scopo, in attesa del loro turno di cremazione, o di urne cinerarie sospette di contraffazione da caos.
In questo quadro a dir poco raccapricciante, solo in parte mitigato delle notizie sull’arrivo anzitempo dei vaccini, poi smentite o ridotte da altre sui ritardi delle consegne e sulle complicazioni
organizzative della campagna di immunizzazione, tali da avere imposto il ricorso ad un generale di Corpo d’Armata, la politica si è permessa anche il lusso di impiegare due mesi abbondanti per capire che un governo – quello numero 2 di Giuseppe Conte- aveva sostanzialmente consumato tutte le sue cartucce e andava sostituito con uno più attrezzato, cioè più all’altezza della situazione di crisi, anzi di emergenza.
Abbiamo per un bel po’ di giorni contato i morti da Covid in seconda battuta rispetto ad un altro conteggio: quello che si faceva tra le stanze di Palazzo Chigi e i corridoi del Senato per verificare quanti fossero i parlamentari disposti a passare dall’opposizione, o dintorni, alla maggioranza per permettere al presidente del Consiglio di turno di sostituire quelli che se n’erano andati ad un segno di Matteo Renzi. Che, dal canto suo, al netto di tutti gli errori, di metodo e di sostanza, che gli sono stati e gli sono ancora contestati, e che lui peraltro potrebbe risparmiarsi e risparmiarci con una condotta più accorta, aveva avvertito, fra le varie esigenze o opportunità, anche quella di aprire a tempo debito una commissione parlamentare d’inchiesta anche sugli errori degli altri: quelli preposti alla gestione dell’emergenza sanitaria. E di errori su quel versante ne sono stati commessi di certo, pur col riconoscimento dovuto della eccezionalità degli eventi.
alle cui rovine il Papa ha appena
celebrato messa a Mosul. E non vorrei che proprio il Pontefice, di ritorno dall’Irak che ha dichiarato di voler portare nel cuore accomiatandosene, pur affaticato alla sua età, non dimentichiamolo, si facesse tentare dallo sforzo generoso di una visita di soccorso e rimpianto al Nazareno. Dove invece esiste la sede di un partito intatto nelle sue mura, dove peraltro il segretario, gridando “vergogna”, ha ritenuto di doversi dimettere nonostante disponga – almeno sulla carta, in base alle informazioni di collaudati cronisti che ne seguono abitualmente le vicende- del 70 per cento e forse anche più dell’Assemblea Nazionale. Che si riunirà a fine settimana, salvo rinvii naturalmente.
Mauro. O al Pd “sfinito
per volontà di governo” trattato nel suo editoriale sulla Stampa da Massimo Cacciari, che ha evidentemente preso alla lettera il “poltronismo” lamentato proprio da Zingaretti. O alla “missione impossibile” di una “rifondazione” del Pd, di cui ha scritto nel suo editoriale sul Mattino Mauro
Calise. O addirittura al
parricidio come misura liberatoria, alla sessantottina, cui ha accennato un’autorità della psicanalisi come Massimo Recalcati scrivendo anche del Pd dopo la formazione del governo di Mario Draghi.
cordialità, travolgendo padrone di casa e ospiti sino a mandarli in infermeria o in ospedale. Proprio l’altro ieri mi sono gustato su Canale 5, dove mi ero affacciato con troppo anticipo pensando di trovarvi Zingaretti, la replica di una intervista a Luca Giurato fatta da una Barbara D’Urso terrorizzata vedendoselo seduto con la solita, festosa esuberanza su un bracciuolo della sua poltrona.