Le foto, o fermi d’immagine, hanno ormai preso nei nostri tempi il posto del famoso, proverbiale punto che nel sedicesimo secolo costò la cappa a Martin, rimosso da abate nel Monastero di Asello per averne involontariamente sbarrato le porte con un cartello studiato invece per tenerle aperte. Da “porta aperta. A nessuno si chiuda” il suo cartello, per un punto sbagliato, divenne “porta aperta a nessuno. Si chiuda”.
Prima abbiamo avuto, in questi giorni, l’infelice foto, che è già costato il trasferimento a un carabiniere ma ancor piò potrebbe costare ad altri, del giovane americano ammanettato
e bendato in caserma prima dell’interrogatorio, svoltosi per fortuna in piena regola, sulla complicità nell’assassinio del vice brigadiere Mario Cerciello Rega, pugnalato a Roma per strada undici volte da un altro americano.
Quella foto, si sa, è servita ai giornali americani, ma anche a qualche sprovveduto in Italia, per cercare di rovesciare i fatti, collocando quelle manette e quella benda sopra l’orribile delitto.
Poi sono arrivate, grazie ad uno scoop di Repubblica, le foto, o i fermi d’immagine, di una moto d’acqua
della Polizia condotta per fortuna da un agente, ma su cui “scorazzava” come ospite, sulle acque della riviera adriatica, il figlio sedicenne del ministro dell’Interno Matteo Salvini. Il quale ultimo, a polemiche ormai cominciate, ha cercato di assumersi per
intero come “papà” la responsabilità dell’accaduto e di scagionare gli agenti finiti sotto indagine, peraltro anche per avere cercato di bloccare il “videomaker” di un giornale che casualmente, per carità, tiene sotto tiro -diciamo così- un Salvini che sembra fatto apposta per attirare tanta non benevola attenzione.
Sull’affare della moto d’acqua usata per divertire il figlio del ministro dell’Interno, nonché vice presidente del Consiglio e leader di una Lega diventata nelle urne del 16 maggio scorso il partito più
votato d’Italia, il solito Fatto Quotidiano, che non si lascia scappare occasione per proporsi come la Procura della Repubblica più vigile del Paese, ha già allungato
l’ombra del “peculato” in un titolo di prima pagina. Dove tuttavia ha sentito anche il bisogno di farci ridere sopra un po’ tutti con la “cattiveria” di giornata che dice. “Il figlio di Salvini al mare sulla moto d’acqua della Polizia: tentava di speronare Carola sul materassino”.
Carola è naturalmente è “la zecca” tedesca Rackete, arrestata, poi liberata e infine tornata liberamente a casa, o dintorni, nel suo Paese dopo avere sfidato, alla guida di una nave battente bandiera olandese, non solo e non tanto il ministro dell’Interno quanto l’’intero governo italiano scaricando a Lampedusa i migranti soccorsi nelle acque libiche, anche a costo di schiacciare nella manovra d’attracco una motovedetta della Guardia di Finanza.
Non so, francamente, se alla fine gli avversari di Salvini riusciranno a fare di lui il nuovo abate, o ex abate, Martin. So però che il tipo di opposizione praticatagli, fuori e spesso dentro lo stesso governo, dove i grillini lo chiamano ormai “quello là”, a cominciare dal vice presidente del Consiglio e capo del movimento Luigi Di Maio, non è meno discutibile e perniciosa degli errori che lui commette.
Ripreso da http://www.policymakermag.it
di Stato per gli affari esteri le notizie giunte dall’Italia sul barbaro assassinio del vice brigadiere dei Carabinieri. Sul cui feretro ho appoggiato le mie mani con dolore e insieme con orgoglio per l’adempimento del suo dovere a così alto prezzo, inversamente proporzionale a quello che egli percepiva, al pari dei suoi colleghi, come stipendio.
come l’Italia. Essi sono in attesa di giudizio per l’entità della condanna ma non per quello che hanno sicuramente commesso, molto più grave di quelle manette e di quella benda con cui uno di loro è stato trattenuto e incredibilmente pure fotografato prima dell’interrogatorio, fra le proteste cui ho partecipato anch’io e cui sono già seguite misure e procedure disciplinari.
di Luigi Di Maio in Costa Smeralda, muore quasi letteralmente della paura proprio di una crisi per l’altissimo rischio che sfoci in elezioni anticipate, con l’effetto ormai scontato di riportare il movimento nelle nuove Camere nelle dimensioni assai ridotte, praticamente dimezzate, certificate a fine maggio con le elezioni europee.
e nel governo, è di far saltare il governo entro una decina di giorni a Palazzo Madama su mine di marca curiosamente e masochisticamente grillina non per votare in ottobre ma a febbraio, con un altro governo, persino presieduto dallo stesso Giuseppe Conte. Che si assumerebbe insieme gli oneri della nuova legge ex finanziaria, e relativo bilancio, e della gestione delle elezioni.
persona, fintamente distratto dalla festa di compleanno della fidanzata Francesca Verdini, che la vittoria pur importante sul fronte del trasporto ferroviario ad alta velocità delle merci dalla Francia all’Italia, e viceversa, non basta a saldare col movimento delle 5 stelle i conti elettorali del 26 maggio. E non basterà probabilmente neppure il compromesso col quale inevitabilmente si chiuderà, per ragioni di realismo economico e finanziario, la vertenza della cosiddetta tassa piatta, o flat tax, col diffidente ministro dell’Economia Giovanni Tria.
pure al movimento delle 5 stelle, il settore delle riforme è stato affidato ad uno che votò contro la riforma costituzionale voluta dall’allora segretario e insieme presidente del Consiglio e quello del lavoro ad uno contrario al suo Jobs act: un partito che anche per questo -ha ricordato Renzi- è tornato a meritarsi “il voto di D’Alema”, che ne era uscito con Pier Luigi Bersani ed altri in odio a lui e alla sua politica. “Sto fuori dalle sue dinamiche”, ha detto l’ex segretario parlando sempre del Pd e avvertendo che “il meglio” di questa posizione, con un piede fuori e l’altro dentro, arriverà nell’appuntamento autunnale della sua “area”, chiamiamola così, alla Leopolda di Firenze.
naviga politicamente tra i forzisti di Silvio Berlusconi, interessati ad evitare le elezioni anticipate che pure auspicano a parole quando reclamano, un giorno sì e l’altro pure, la caduta di un governo che Repubblica, ormai capofila delle opposizioni di ogni grado e colore, ha appena definito “sotto zero”, in tutti i sensi.
tono minaccioso per il capo del movimento Luigi Di Maio- danno coralmente dei “traditori” ai dirigenti del partito pronti anche ad ingoiare, al di là di un’apparente intransigenza e rivendicazione di un adeguato passaggio parlamentare, il trasporto ferroviario ad alta velocità delle merci dalla Francia all’Italia, e viceversa: il famoso Tav, nella versione maschile preferita da quel giornale.
prima pagina del Corriere della Sera, dove vedo che per fortuna va scemando l’entusiasmo per Conte che ha un po’ tradito nei giorni scorsi l’ex direttore e tuttora autorevole editorialista Paolo Mieli. Ma Mattarella sa -e non ha certamente bisogno che glielo ricordi un anziano giornalista parlamentare come me- che all’arbitro spetta anche il compito, quando serve, di fischiare il rigore e di levare il cartellino rosso dell’espulsione del giocatore dal campo della partita.
ha neppure
soddisfatto del tutto Salvini, apparso alla fine convinto pure lui dell’’interpretazione di un suo “sbugiardamento” data del discorso di Conte da giornali come la già citata Repubblica e Il Fatto Quotidiano.
del presidente del Consiglio di sbloccare la realizzazione della linea ad alta velocità per il trasporto ferroviario delle merci dalla Francia all’Italia, la famosa Tav, i senatori delle 5 Stelle hanno in grandissima parte disertato la parte della seduta a Palazzo Madama dedicata alla “informazione” di Conte sui presunti tentativi compiuti a Mosca dal “signor Gianluca Savoini” ed altri per procurare alla Lega una sessantina di milioni di dollari di finanziamento con una cresta su un grosso affare petrolifero poi svanito.
l’assenza di gran parte dei suoi colleghi di partito, sottolineata con perizia in apertura del dibattito dall’ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, eletto al Senato come indipendente nelle liste del Pd.
Funari di processare in diretta Mannino, naturalmente assente, sulla base di un articolo dell’Unità che gli contestava di essere stato tanti anni prima testimone di nozze della sposa, figlia di un segretario di sezione siciliana della Dc, con un tale che dopo qualche tempo sarebbe risultato mafioso.
preferita dal Fatto Quotidiano. Che, non potendo né ignorare né smentire la realtà, ha dovuto titolare in prima pagina: “I 5 Stelle sotto il Tav”, sbloccato dal presidente del Consiglio col ferale annuncio, per i grillini, che al punto in cui sono arrivate le cose, con gli impegni internazionali già assunti dall’Italia e con i nuovi stanziamenti europei, non realizzare la linea ferroviaria ad alta velocità per il trasporto delle merci dalla Francia all’Italia costerebbe più che farla. Amen per gli esperti del ministro grillino delle Infrastrutture Danilo Toninelli, reduce peraltro dal muscolare licenziamento dell’unico, fra quei suoi esperti, pronunciatosi a favore dell’utilità ed economicità dell’opera.
Cominciamo con l’apertura di
Repubblica- “Scusa Grillo, la Tav si farà”- e il commento di Claudio Tito, sulla prima pagina dello stesso giornale: “L’anima perduta dei Cinque Stelle”. Ancora: “Il Conte Tav” con foto del presidente del Consiglio sul sempre irreverente manifesto. E sulla Stampa il furioso, s
consolato commento, sopra e sotto il palco d
el teatro, o davanti o dietro le quinte dei suoi spettacoli, del fondatore in persona, garante e quant’altro del partito delle 5 stelle, o come diavolo preferiscono chiamarlo: “Grillo: questo non è più il mio movimento”.
corridoio della Camera, ha dato questa anticipazione dell’odierno rapporto di Conte al Senato sui presunti finanziamenti cercati dalla o per la Lega a Mosca: “Mi sembra -ha detto- che il caso Russia sia solo all’inizio e che altri fatti emergeranno, e forse renderanno ancora piò opaca la posizione di un ministro evidentemente non adeguato al ruolo”, evidentemente del Viminale. Sarebbe “il Truce”, come al Foglio chiamano Matteo Salvini, del quale immagino gli scongiuri alla lettura delle previsioni o degli auspici del suo pur collega di esecutivo, interessato forse ancora più di lui alla prosecuzione dell’attuale avventura di governo, per quanti costi politici ed elettorali stia comportando per i grillini.
onestà e quant’altro, con la decisione appena presa e annunciata da Raffaele Cantone di tornare a fare il magistrato, pur nella crisi in sui trova la sua categoria, o proprio per questo, lasciando anzitempo l’Autorità anticorruzione da lui presieduta ma non tenuta abbastanza in considerazione dal governo gialloverde.