Alla prova dei fatti la pace di Bibbona fra Grillo e Conte, che ha pagato il pranzo

Titolo di Repubblica
Titolo del Fatto Quotidiano

            “La pace di Bibbona”, come Il Fatto Quotidiano in un titoletto di prima pagina ha definito quella che Giuseppe Conte e Beppe Grillo avrebbero raggiunto mangiando una spigola e bevendo del Vermentino in un ristorante dell’omonima spiaggia toscana, dovrebbe non tranquillizzare ma impensierire il presidente del Consiglio Mario Draghi. Al quale sembra che lo stesso Conte riferirà presto sulle difficoltà che intende creargli come capo pur ancora virtuale del Movimento 5 Stelle sul percorso della riforma del processo penale, con le modifiche predisposte dal Consiglio dei Ministri all’unanimità, quindi col consenso dei pentastellati, ma che l’ex presidente del Consiglio non condivide. Egli le considera destinate a produrre una prescrizione -o improcedibilità-  peggiore di quella su cui intervenne il suo primo governo. “Sulla giustizia non molliamo”, ha fatto dire “a tavola” a Conte e Grillo un titolo di Repubblica. “Da oggi battaglia su giustizia e Rdc”, inteso come reddito di cittadinanza, ha titolato Il Fatto Quotidiano.

            Non si sa tuttavia se garante e nuovo capo virtuale, fondatore e di nuovo rifondatore del MoVimento, abbiano parlato davvero anche di questi problemi nelle due ore trascorse insieme a tavola, prima che si lasciassero -come hanno raccontato Annalisa Cuzzocrea e Valeria Strambi su Repubblica– dicendosi “arrivederci, un pollice alzato per le telecamere, senza strette di mano, senza abbracci, senza dichiarazioni”. E forse con qualche delusione per Pietro Dettori, il consigliere di Luigi Di Maio mandato sul posto con macchina fotografica per registrare e riprendere  l’evento per il quale il ministro degli Esteri ritiene forse di essersi prodigato più degli altri sei saggi del comitato nominato da Grillo per riparare alle rovinose “battute” -disse il comico- sfuggitegli contro l’incapace, il seicentesco, l’inadatto, l’inesperto Conte.

Titolo del Corriere della Sera
Grillo nella sua villa di Marina di Bibbona

            Il quadro del MoVimento 5 Stelle resta insomma confuso, a dir poco, anche dopo la presunta pace di Bibbona e l’altrettanto presunto “patto della spigola” o del “vermentino” su cui si sono sbizzarrite le cronache. Non a torto forse il Corriere della Sera ha sottolineato “differenze e ambiguità” sopravvissute al pranzo e al conto pagato peraltro non da Grillo, che pure poteva essere considerato il padrone d casa, disponendo di una villa sul posto, ma da Conte, che sembrava perciò l’ospite, appositamente giunto da Roma. Di “finta pace” ha parlato in un titolo La Stampa, di “sceneggiata” La Verità.

Non resta che aspettare fatti e parole, soprattutto fatti naturalmente, fra la imminente pubblicazione del nuovo statuto del MoVimemto, la solita consultazione digitale di conferma degli accordi presi in tutta segretezza da protagonisti e attori della guerra che stava per produrre una scissione, e le mosse di Conte quando sarà finalmente dotato delle credenziali per agire in nome e per conto della “comunità”, come lui spesso definisce quella alla quale deve ancora iscriversi. Ad essa nella nuova formulazione appena sancita anche sul blog personale di Grillo è stato fissato il traguardo del 2050, un po’ troppo lontano forse per la gravità e l’urgenza dei problemi atttuali, con i quali è alle prese un governo e una maggioranza cui partecipano i pentastellati, se non ne usciranno presto per prepararsi meglio -si fa per dire- al presunto futuro.

Le credenziali difettose di Conte in attesa di incoronazione sotto le cinque stelle

Su un punto credo che Giuseppe Conte abbia il sacrosanto diritto alla solidarietà anche di chi dissente dalle sue posizioni sempre più critiche verso il governo di Mario Draghi, pur nell’ambito di un “leale appoggio” ch’egli gli ha assicurato, pur non essendo parlamentare e non potendo quindi né accordargli né negargli la fiducia, né potendo indicare la linea a un gruppo parlamentare, dall’esterno, come capo del corrispondente movimento o partito. A quello delle 5 Stelle peraltro, cui pure deve la permanenza a Palazzo Chigi per circa due anni e mezzo, cioè per metà della legislatura uscita dalle urne del 2018, Conte non è neppure iscritto.

Il testo della rottura con Conte sul blog di Grillo del 28 giugno
L’immagine della rottura con Conte sul blog di Grillo del 28 giugno

            La solidarietà che Conte merita, o gli spetta, è proprio per questa sua posizione anomala, indefinita, incerta Alla quale, d’accordo, egli può avere avuto il torto di essersi prestato, ma che al punto in cui sono ormai arrivate le cose prescinde anche dalle sue responsabilità. Esse sono adesso tutte e solo di Grillo  e, più in generale, del MoVimento, a cominciare da chi istituzionalmente lo rappresenta ai vertici dei gruppi parlamentari, interlocutori d’ufficio, diciamo così, del governo e, in caso di crisi, del capo dello Stato. Il quale una volta, agli inizi della storia repubblicana d’Italia, nelle consultazioni di rito per la formazione di un nuovo governo chiamava solo i presidenti dei gruppi parlamentari, non i segretari dei rispettivi partiti. Fu la ragione per cui la buonanima di Palmiro Togliatti, gelosissimo delle sue prerogative politiche, soleva cumulare le cariche di segretario, appunto, del Pci e di capogruppo a Montecitorio, dove preferiva farsi eleggere piuttosto che al Senato.

            Immagino la tentazione di Draghi -schieratosi così chiaramente con la ministra della Giustizia Marta Cartabia sulle modifiche da apportare alla riforma del processo penale all’esame della Camera- di ascoltare dalla viva voce del suo predecessore a Palazzo Chigi i motivi del dissenso da lui pubblicamente annunciato dagli emendamenti decisi all’unanimità dal Consiglio dei Ministri in una seduta preceduta o affiancata da una consultazione telefonica dello stesso Draghi con Grillo. Che può dirsi sostanzialmente confermata dal silenzio opposto alla diffusione della notizia. Ma immagino anche lo scrupolo avvertito dallo stesso Draghi di dare a Conte, in una interlocuzione diretta, le credenziali che ancora non ha. E che chissà se e quando avrà, vista la imprevedibilità del MoVimento di riferimento per ora solo giornalistico, nel migliore dei casi, dell’ex presidente del Consiglio. E dico “nel migliore dei casi” perché sugli stessi giornali nei quali si legge della pace intervenuta fra Grillo e Conte, sancita ieri da un incontro conviviale, sulla strada della rifondazione del MoVimento, dopo il recente e furioso scontro in cui il primo aveva praticamente dato dell’incapace all’altro, si trovano le valutazioni, previsioni e quant’altro dei parlamentari pentastellati che potrebbero partecipare ad una scissione promossa dal pur non iscritto professore e avvocato.

            Credo proprio di non svelare un mistero, né di violare la fiducia di chi me ne parlò a suo tempo con dovizia di particolari, se ricordo i momenti -si fa per dire- di sorpresa e persino di panico vissuti al Quirinale tre anni fa dopo la rinuncia di Conte all’incarico di formare il governo per il rifiuto del capo dello Stato di accettare per intera la lista dei ministri propostagli, in cui al professore Paolo Savona era assegnato il Ministero dell’Economia.

Carlo Cottarelli al Quirinale nel 2018 per l’incarico di presidente del Consiglio

            Conte risultava al Quirinale, da certe cronache giornalistiche, già tornato o in procinto di tornare a Firenze per riprendere l’insegnamento universitario, e il presidente della Repubblica, per nulla intimidito dalle minacce di cosiddetto impeachment levatesi dal capo di turno del MoVimento grillino, aveva già annunciato e conferito il nuovo incarico di presidente del Consiglio all’economista Carlo Cottarelli, salito sul Colle con la sua valigetta a rotelle, quando giunse notizia della ripresa delle trattative fra pentastellati e leghisti per ridefinire un accordo sul programma, o contratto, di un nuovo governo, oltre che sui nomi dei ministri.

Ci volle -mi riferirono- tutta la pazienza del Segretario Generale del Quirinale per evitare che la svolta sfociasse in un clamoroso incidente istituzionale. Ci volle tutta la pazienza di Sergio Mattarella per autorizzare il suo principale collaboratore a permettere la prosecuzione delle trattative riprese senza alcun nuovo incarico. E tutta la pazienza e ironia di Cottarelli per riderci sopra e predisporsi alla rinuncia al mandato se grillini e leghisti fossero riusciti -come poi riuscirono- ad accordarsi e a proporre al presidente della Repubblica una lista di ministri condivisa, con Savona spostato dal Ministero dell’Economia al quasi confinante Ministero degli affari europei: gli stessi peraltro che erano sembrati minacciati o compromessi dal medesimo Savona al superdicastero di via XX Settembre.iok8

Non mancarono anomalie, almeno rispetto alle abitudini dei cronisti politici e parlamentari, neppure in occasione del passaggio dal primo al secondo governo di Conte e delle dimissioni di quest’ultimo, ritardate di qualche settimana dopo l’uscita della componente renziana  per consentire al presidente del Consiglio ancora in carica di tentare l’arruolamento di nuove unità nella maggioranza,  senza il consueto passaggio di una crisi. Ma l’anomalia maggiore di questa curiosa diciottesima legislatura repubblicana doveva ancora arrivare. Ed è quella di una specie di convitato di pietra della politica quale è diventato Conte sprovvisto di credenziali, almeno per come noi poveri, sprovveduti cronisti politici eravamo abituati a considerarle.

Pubblicato sul Dubbio

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