Qui ciascuno bombarda quello, dove e come vuole o può: da Putin naturalmente, che in un giorno solo ha colpito l’Ucraina con 750 fra droni e missili, ai magistrati italiani che col solito uso o abuso di informazioni hanno deciso di bombardare il ministro della Giustizia Nordio che ne vuole separare le carriere e contenere le correnti, e al giovane Piersilvio Berlusconi. Che ha bombardato di dichiarazioni il partito fondato dal padre, Forza Italia, in attesa di decidere se scendere in politica a tutti gli effetti fra due anni, quando si rinnoveranno le Camere e lui avrà la stessa età del genitore allorchè decise di scalare direttamente Palazzo Chigi, peraltro centrando l’obbiettivo e sgominando l’”allegra macchina da guerra” allestita dall’ultimo segretario del Pci Achille Occhetto.
Di Putin orma – e persino delle sue “stronzate”, come le ha definite uno stremato Donald Trump dopo avere fatto tanto per invogliarlo alla pace, sino a dargli dell’aggredito anziché dell’aggressore- è ormai evidente l’irriducibilità alla distruzione. A Roma arriva il presidente Zelensky, dividendosi subito fra Mattarella al Quirinale e il Papa a Castelgandolfo, per partecipare alla Conferenza internazionale per la ricostruzione del suo Paese? E Putin aumenta l’offerta delle distruzioni, appunto. Neppure l’intelligenza artificiale gli farà cambiare il modo di pensare e di agire.
I magistrati italiani che si occupano di mezzo governo nel procedimento giudiziario sulla vicenda del generale libico Almasri rimandato nel suo paese, anzichè consegnato alla Corte dell’Aja che lo accusa di crimini feroci, sono stati praticamente colti con le mani nel sacco dall’avvocata degli inquisiti, la senatrice leghista Giulia Bongiorno, nella diffusione di notizie, sospetti, voci e quant’altro finalizzate non al processo in un tribunale, se e quando vi si arriverà, ma al processo mediatico e politico. Che si svolge col solito rito sommario, fra linciaggi, richieste di dimissioni eccetera.
Piersilvio Berlusconi, per ultimo, ha colpito e quasi affondato il già dicharatamente ministro “più sfigato” d’Italia o del mondo Antonio Tajani, in crociera o quasi con la proposta del cosiddetto ius scholae. Da delfino, ripeto, del compianto padre di Piersilvio il povero Tajani è un po’ tornato ad essere, o rischia di tornare presto “il merluzzo” definito da chi già non gli voleva bene con Silvio in vita. Una riduzione, questa, dell’immagine di Tajani che finisce per danneggiare anche la premier Giorgia Meloni, promossa invece a pieni voti da un Piersilvio forse lontano da quel professionismo necessario anche alla politica.
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