Cade, anzi rotola la testa dell’ambasciatrice ucraina negli Stati Uniti

         Ricordate quella signora con occhiali e abito nero seduta alla destra del presidente ucraino Zelensky alla Casa Bianca nel famoso incontro in cui, a fine febbraio scorso, il padrone di casa Donald Trump e l’ospite vennero quasi alle mani parlando della guerra mossa dalla Russia contro l’ingombrante paese vicino, bisognoso addirittura di una “denazificazione”? Quella signora, che si portò le mani fra i capelli nel momento peggiore di quella lite in diretta televisiva, era l’ambasciatrice ucraina negli Stati Uniti Oksana Markarova, 48 anni. Era, perché della sua sostituzione le cronache riferiscono che abbiano parlato direttamente al telefono Trump e Zelensky nei giorni scorsi. A sostituirla dovrebbe essere un importante esponente del governo di Kiev. Della destinazione dell’ambasciatrice uscente, diciamo così, non si sa nulla. E probabilmente non se ne saprà nulla.

Spero per lei che non le capiterà di essere mandata a combattere su qualche fronte ucraino, dove si muore più che a Gaza nella sostanziale indifferenza delle piazze occidentali. Nelle quali si finge di non capire se i gazari sono uccisi più dagli israeliani o, come sembra a me, dai terroristi che li usano come ostaggi, avendo costruito sotto le loro case, le loro scuole, i loro ospedali, le loro strade gli arsenali da cui lanciano missili contro gli ebrei e la loro pretesa, pensate un po’, di vivere.

Una volta si diceva degli ambasciatori che non portano pena. Le cose evidentemente stanno cambiando anche per loro. Portano pena, eccome. E diventano i capri espiatori degli errori, delle incapacità, dei malintesi, dei doppi e tripli giochi dei loro rispettivi superiori. Che addirittura si accordano sul momento e sul modo col quale sostituirli e liberarsene.

Per quello che vale, cioè niente, vorrei esprimere tutta la mia personale, personalissima solidarietà a Oksana Markarova, fra le vittime in senso lato della guerra che da più di tre anni, per non andare ancora più indietro,  dura nella sua “martoriata” Ucraina, come diceva Papa Francesco e dice ora anche Papa Leone XIV.

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