
Pur con l’aria di volerlo difendere dalla “lotta furibonda di troppi opinionisti” secondo lui “liberali e democratici” solo tra virgolette, cioè né liberali né democratici, ma forse “miserabbili” con la doppia b del compianto Ugo La Malfa quando parlava di quanti incorrevano nelle sue sfuriate, Goffredo Bettini si è deciso a fare scendere Giuseppe Conte dalla sommità dove lo aveva piazzato nella sua seconda esperienza di presidente del Consiglio, a maggioranza giallorossa e non più gialloverde. In particolare, dal “punto di riferimento più alto dei progressisti” in Italia, come lo definì Bettini nel 2020, purtroppo “indebolito” dai summenzionati opinionisti, Conte è diventato “uno dei rami fondamentali dell’albero progressista” in una intervista appena concessa dallo stesso Bettini alla Stampa.

Esperto più di cinema che altro, o filosofo autodidatta com’è scambiato da molti che ne hanno letto e persino scritto come di un maestro d’idee della sinistra, nelle sue varie edizioni di partito o di coalizione, Bettini ha un po’ esagerato come agronomo parlando di alberi. Un ramo è un ramo. Fondamentale è solo un ossimoro. Esso può seccare senza compromettere il tronco, quale il Pci prima e poi le altre edizioni seguite al crollo del comunismo si sono considerati rispetto alla sinistra.

E’ un tronco, quello del Pd, che Elly Schlein pensa forse di avere rafforzato con quel 28 per cento dei voti preso in Liguria, pur perdendo le elezioni regionali per colpa di Conte ma riducendo quest’ultimo, sotto il 5 per cento, alle dimensioni di un cespuglio. Ma se lo pensa davvero, la segretaria del Pd sbaglia secondo l’impietoso Bettini. Che le ha ricordato l’esperienza di Walter Veltroni al Nazareno, dove lo stesso Bettini peraltro lo aiutò come coordinatore, cioè come principale collaboratore.

“Veltroni- ha ammonito il suo ex braccio destro parlandone sempre alla Stampa- conquistò il 34% nel 2008 e qualche mese dopo si dovette dimettere, perché non gli diedero il tempo di allargare e rendere vincente la sua proposta politica”. Non gli diedero il tempo o se l’era negato lo stesso Veltroni nelle elezioni di quel 2008, con l’aiuto, i consigli e quant’altro -ripeto- di Bettini, rifiutando l’apparentamento con i radicali di Marco Pannella e concedendolo invece all’Italia dei valori di Antonio Di Pietro? Che ricambiò rifiutando nelle nuove Camere i gruppi unici col Pd concordati prima del voto, mettendosi o tornando quindi in proprio sulle allora solite posizioni giustizialiste destinate, esse sì, a mettere in difficoltà Veltroni. Che aveva condotto la campagna elettorale cercando di ridurre al minimo la conflittualità col centrodestra, sino a parlare di Silvio Berlusconi senza mai nominarlo, dovendo bastare e avanzare definirlo “il principale esponente del campo avverso”. Col quale egli sperava di avviare persino una fase costituente, di riforma costituzionale. Chissà se Bettini se lo ricorda. O se lo ricorda almeno Gianfranco Fini, che nel centrodestra si mise di traverso rivendicando e ottenendo dal Cavaliere la presidenza della Camera, di solito destinata in una fase costituente all’opposizione. Occasioni mancate, che in politica difficilmente si ripresentano, come nella vita più in generale.

Fra le occasioni mancate c’è ora non solo o non tanto il “campo largo” prospettato per primo da Bettini, prima che glielo riducesse Conte con veti e simili, quanto “il tavolo a tre gambe” che lo stesso Bettini ha rivendicato o proposto nell’intervista alla Stampa indicandole nel Pd, nelle 5 Stelle e in un centro tutto da costruire, sulla falsariga della scomparsa Margherita di Francesco Rutelli. Ma la gamba di Conte è stata fratturata, a dir poco, da Grillo. E quella di centro neppure Bettini sa dove applicarla come una protesi: se a Rutelli che non ne vuole sapere, al sindaco di Milano Beppe Sala, che si è offerto, o all’ultima scoperta dello stesso Bettini. Che sembra essere il giovane assessore capitolino Alessandro Onorato, “capo della lista civica- ha detto Bettini come per vantarne il curriculum politico- che ha contribuito alla vittoria di Gualtieri” nelle ultime elezioni comunali a Roma. Con tutto ciò che ne è seguito nella Capitale, forse all’insaputa di Bettini. Che domani, 5 novembre, festeggerà comunque i suoi 72 anni compiuti. Auguri, naturalmente.
Pubblicato su Libero
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