Il “fuori” amletico di Matteo Renzi dalla campagna elettorale in Liguria

Dal Secolo XIX

         Rifiutato da Giuseppe Conte nella coalizione ligure contro il centrodestra guidato dal sindaco di Genova Marco Bucci, dopo la fine dell’”era Toti” secondo una definizione di Antonio Tajani non proprio esaltante per l’ex governatore della regione, Matteo Renzi si è limitato a dichiararsi “fuori dalla campagna elettorale”. E ad augurare amleticamente ai liguri la vittoria, indifferentemente, del “migliore o peggiore” dei due candidati alla presidenza.

Elly Schlein

Fuori dalla campagna elettorale – ha precisato Renzi- anche per ragioni di tempo, essendo scaduti i termini per la presentazione di una lista terzopolista, ammesso e non concesso ch’egli avesse voluto davvero allestirla finendo col rompere così, o quanto meno distanziarsi anche dal Pd di Elly Schlein. Che sembra essere invece rimasto nei suoi progetti di alleanza per l’alternativa al centrodestra a livello nazionale. Sembra- ripeto- perché con l’ex presidente del Consiglio non è mai detta l’ultima parola, ma solo la penultima.

Giuseppe Conte

Rimanere tuttavia fuori dalla campagna elettorale non può significare dire che gli elettori liguri di Renzi dovranno tenersi fuori dai seggi per non partecipare al voto. Andandovi essi potrebbero risultare decisivi per il risultato, anche con l’uno o il due per cento attribuito ai renziani da un avarissimo Conte.

Andrea Orlando

Nelle elezioni politiche di due anni fa Renzi si contò in Liguria con Carlo Calenda conseguendo il 7,4 per cento dei voti. Basterebbe un terzo di quei voti per concretizzare il condizionamento del risultato in una partita alquanto incerta. Nella quale non a caso Orlando ha esitato prima di impegnarsi nella sfida. E neppure lui ha avuto probabilmente il tempo di disimpegnarsi quando ha visto il suo cosiddetto campo largo restringersi per il veto posto da Conte ai candidati di Renzi troppo qualificati, per lui, al Consiglio regionale.

Vedremo fra meno di un mese chi sarà il migliore o peggiore premiato nella corsa al governatorato della Liguria. Certo è che Conte si è liberato di Renzi ma metaforicamente non del suo fantasma vivente come un ossimoro. Che lo perseguita almeno dal 2021, quando riuscì a fargli perdere, a vantaggio di Mario Draghi, Palazzo Chigi. Dove nel 2019 gli aveva invece permesso di restare cambiando maggioranza dopo la crisi del suo primo governo, realizzato con la Lega rappresentata da Matteo Salvini come vice presidente del Consiglio e ministro dell’Interno.   

Il capo di Herzobollah eliminato a Beirut

“Nulla di personale”, ha detto Conte contestando la partecipazione dei renziani e restringendo il campo dell’alternativa in Liguria. Ed è tornato a sostenere che il senatore di Scandicci fa più perdere che guadagnare voti agli alleati. Nulla di personale davvero? O quasi? Come nei riguardi di Beppe Grillo, col quale Conte sta giocando  sotto le cinque stelle la partita dell’ultima scissione. Nell’immaginario di Conte temo che a Renzi manchi solo la barba, e la fine, di Nasrallah a Beirut.    La barba invece ce l’ha Grillo, pur non ordinata come quella dell’estinto capo di Herzbollah.

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