Se Romano Prodi deve arginare gli attacchi alla premier Giorgia Meloni

Il generale Figliuolo sul Fatto Quotidiano

         Invitato da Lilli Gruber a Otto e mezzo per parlare dell’Italia “al tempo di Meloni” sulle sollecitazioni critiche sue e degli altri due ospiti, Massimo Giannini e Lina Palmerini, l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi ha cercato di non deludere le attese. Egli ha contestato, per esempio, i troppo pochi venti milioni di euro appena stanziati per la nuova alluvione in Emilia Romagna e una “pregiudiziale” ostilità persino alla gente di quella regione- che è poi la sua, dello stesso Prodi- per essere stata a suo tempo affidata la gestione dell’emergenza ambientale non all’allora presidente Stefano Bonaccini, più adatto per la conoscenza del territorio, ma al generale Francesco Paolo Figliuolo. Che oggi Il Fatto Quotidiano nel fotomontaggio di copertina immerge nella melma.

Il salotto televisivo della Gruber ieri sera

         Prodi, premuto in particolare da Giannini, ha visto nel premierato perseguito dalla Meloni solo un disegno personale di potere,  volendo “durare di più”, anche se l’elezione diretta del presidente del Consiglio non potrebbe materialmente tradursi in un vantaggio scontato per la premier in carica, essendo destinata a scattare, se approvata anche nel prevedibile passaggio referendario, dalla prossima legislatura. Più utile alla stabilità di un governo, secondo Prodi, sarebbe una riforma elettorale interamente maggioritaria.

         Ad un certo punto, però, il gioco anti-meloniano nel salotto televisivo della Gruber è diventato così stretto e pesante che Prodi ha dovuto assumere la difesa della premier. Alla quale, per esempio, ha riconosciuto di “saperci fare” nella comunicazione.  Che non è cosa secondaria in politica, e per chi guida un governo.

Raffaele Fitto

         L’ex presidente del Consiglio ha riconosciuto alla Meloni anche di avere saputo indicare per la Commissione europea con Raffaele Fitto la persona “migliore”, cui lui darebbe il voto favorevole se fosse uno dei parlamentari europei chiamati a giudicarlo. E, pur lamentando i limiti delle competenze assegnate al rappresentante italiano, pari a quelle avute nella commissione precedente dal rappresentante portoghese, e persino irridendo alla carica di vice presidente, che farebbe “rima con niente”, agli ospiti che lo invitavano a dileggiare la soddisfazione espressa dalla Meloni ha risposto chiedendo loro realisticamente: “Ma che cosa pretendete?”. Dopo averle peraltro preconizzato -mi permetto di ricordare- l’”isolamento” e l’incapacità di avere una delle sei pur inutili- secondo Prodi, ripeto- vice presidenze esecutive della nuova Commissione.

Schlein e Prodi d’archivio

         Peggio della Meloni, tutto sommato, Prodi ha trattato la segretaria del Pd Elly Schlein parlandone in riferimento alla costruzione del cosiddetto campo largo di quell’alternativa al governo che semplicemente allo stato delle cose non esiste, ha ricordato l’ospite d’onore della Gruber. Prima e più del campo -ha sostenuto Prodi- occorre “il trattore”. Che sarebbe “il programma”, mancante evidentemente al di là dei titoli o delle genericità enunciate dalla prolissa e plurinazionale segretaria del Pd

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