Lilli Gruber assegna a Travaglio nel suo salotto televisivo la difesa della Meloni

Ieri sera a Otto e mezzo

         Bentornata naturalmente a Lilli Gruber a otto e mezzo, sulla 7 di Urbano Cairo, dopo le meritate vacanze estive, per parlare ieri sera di Giorgia Meloni “tra fantasmi e dura realtà”, con un titolo abbastanza chiaro, e trasparentemente critico verso la premier, incombente ogni tanto sullo studio con una foto di repertorio.  Una premier priva di parola, e di un difensore più o meno convinto e orgoglioso, cui dovrebbe prestarsi per ragioni di buon gusto una conduttrice dichiaratamente ostile alla Meloni, anche in una intervista al Corriere della Sera fresca di stampa, fattale per promuoverne la ripresa stagionale.

Sempre ieri sera a Otto e mezzo

         A questa omissione, in mancanza cioè di un Italo Bocchino di turno, direttore editoriale del Secolo d’Italia già organo ufficiale del Movimento Sociale,  l’altoatesina più celebre d’Italia, forse più ancora del campione ormai mondiale di tennis Jannik Sinner, ha ritenuto di mettere una pezza peggiore però del buco. Come capita sempre in queste occasioni ispirate a troppa furbizia. La Gruber ha assegnato alla Meloni un difensore d’ufficio davvero curioso: nientemeno che il direttore di giornale fra i più frequenti del suo studio televisivo in collegamento dalla redazione del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio. Che a domanda di servizio, diciamo così, della conduttrice ha confermato di essersi lasciato scappare di recente il riconoscimento di una certa intelligenza e scaltrezza alla premier. Paragonata al suo -di Travaglio- amico più stimato che è Giuseppe Conte, a torto scambiato e trattato a Palazzo Chigi dagli avversari come “un intruso”, un abusivo da ridimensionare e allontanare al più presto, nonostante si fosse rapidamente dimostrato addirittura il migliore capo del governo nella storia d’Italia dopo Camillo Benso di Cavour.

Dal Fatto Quotidiano di oggi

         Ma non per questo Travaglio -se è per questo, difensore anche questa mattina sul suo giornale del diritto della Meloni di avere per l’Italia una vice presidenza esecutiva nella nuova Commissione europea di Ursula von der Leyen, contestata invece da socialisti e verdi- si è spinto a dire in televisione che la Meloni merita il terzo posto dopo Cavour e Conte nella graduatoria dei presidenti nazionali del Consiglio. Le ha invece rimproverato  l’abitudine di piegarsi ai soliti poteri forti, interni e internazionali, ai quali vorrebbe piacere più che ai suoi elettori.

Il pollice di Travaglio con la Meloni alla fine si è piegato in giù come quello della Gruber e degli altri due ospiti fisicamente presenti ieri nel suo salotto: l’ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani, una volta tanto rigorosamente in cravatta, e la giornalista di 24 Ore Lina Palmerini.

         Per l’assente Meloni, pur generosamente risparmiata all’immagine della latitante consona al repertorio giudiziario di Travaglio, non c’è stato insomma nulla da  fare.

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