Contrariamente a certe rappresentazioni giornalistiche delle decisioni e valutazioni espresse dall’associazione nazionale dei magistrati sui test psicoattitudinali contemplati in un decreto legislativo del governo, firmato dal presidente della Repubblica e pubblicato sabato sulla Gazzetta Ufficiale, lo sciopero di protesta delle toghe non è scomparso dall’orizzonte. Non vi è stata eclissi su questo fronte.

Il documento approvato all’unanimità dal comitato direttivo dell’associazione sindacale presieduta da Giuseppe Santalucia ha tenuto a preannunciare “ulteriori iniziative di protesta, nessuna esclusa”, quindi neppure lo sciopero. Che è già stato indicato dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, anche a costo di aumentare la sua impopolarità fra gli ex colleghi, come un’occasione eventuale di ulteriore discredito di una categoria che da anni è in costante perdita di fiducia popolare nei sondaggi.

A trattenere quanto meno i vertici associativi sulla strada dello sciopero immediato, che forse si aspettavano i settori più radicali del sindacato, sono state solo considerazioni o valutazioni tattiche. Fra le quali è probabilmente prevalso il timore di tradurre una iniziativa del genere, vista la non imminente applicabilità del decreto, contemplata solo fra due anni, in uno sgarbo verso il capo dello Stato, e presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Sergio Mattarella. Il quale ha controfirmato rapidamente il provvedimento, forse non considerandolo soltanto un atto dovuto. E nella consapevolezza che la sua promulgazione non pregiudica, come per qualsiasi legge o atto equivalente, giudizi e interventi di altri organi di garanzia previsti dalla Costituzione.

E’ vero che sono stati in passato anche scioperi proclamati direttamente ed esplicitamente contro lo stesso presidente della Repubblica, in particolare all’epoca di Francesco Cossiga. Che una volta aveva minacciato di mandare i Carabinieri al Consiglio Superiore della Magistratura se, in deroga ai suoi moniti, avesse deciso di mettere nella sua agenda di lavoro una specie di processo al presidente del Consiglio Bettino Craxi, come se il Csm potesse revocare la fiducia accordatagli costituzionalmente dalle Camere. Ma erano, anzi furono appunto altri tempi. A meno che qualcuna, fra le anime -diciamo così- della magistratura sindacalizzata, se non vogliamo dire anche politicizzata, non abbia intenzione di ripercorrere vecchie strade al limite dell’eversione, magari incoraggiate anche dal degrado che continua a interessare pure la politica. Che è alle prese con edizioni sempre rinnovate della cosiddetta questione morale evocata negli anni Ottanta dalla buonanima di Enrico Berlinguer una svolta sganciatosi, o proprio per sganciarsi dall’esperienza della cosiddetta solidarietà nazionale, scioltasi nel sangue del sequestro di Aldo Moro.
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