
In una intervista curiosamente ignorata dalle prime pagine dei giornali, che ormai arrivano nelle edicole scampate alle chiusure non per vendere copie ma per passarvi prima delle rese e del riciclo della carta, Papa Francesco è tornato a parlare dell’Inferno, con la maiuscola di Dante Alighieri nella sua Divina Commedia illustrata nei secoli da fior di artisti ispirati dalle descrizioni dei dannati alle prese con le loro condanne.

Fra il compiacimento, i sorrisi e i ringraziamenti di Fabio Fazio, giustamente orgoglioso -per carità- dell’abitudine conquistata nei rapporti televisivi e professionali, forse anche di fede ormai, nel Pontefice regnante dalla Casa di Santa Marta, Francesco ex Giorgio ha confermato la sua preferenza, se non certezza di un Inferno “vuoto”. Non affollato o solo abitato, neppure da quell’unico cristiano da lui confessato nei cinquant’anni e più di sacerdozio e non perdonato. Un cristiano, o una cristiana, di cui magari io da intervistatore avrei cercato di farmi indicare non solo il genere ma all’incirca anche la colpa commessa, tanto grave da incorrere nell’eccezionale rifiuto del perdono da parte di un Papa propostosi come rappresentante in terra di un Dio che perdona sempre e tutto, e tutti, senza mai stancarsi e pentirsene.

Nei panni di Fazio, anche a costo di farmi mandare a quel paese, con la minuscola, e di precludermi ogni altra intervista, in collegamento col Vaticano o direttamente col Papa nello studio televisivo della Nove, avrei interrotto l’augusto ospite per chiedergli non solo qualche particolare -ripeto- sull’unico perdono negato nella sua funzione di confessore, ma anche se non ritenesse di esagerare in carità, generosità eccetera eccetera di fronte a tutto quello che accade nel mondo. E che fa disperare pure lui, tanto da averlo ammutolito nella recente messa pasquale al momento dell’omelia, preferendo il silenzio del dolore e dello sconcerto in una Terra affollata -diversamente dall’Inferno “vuoto” che lui immagina e preferisce- di criminali che hanno appena tirato le cuoia, o ai quali manca poco per tirarle pure loro. Ma nel frattempo disseminano di morti e atrocità quasi ogni angolo di questo pianeta. Magari, tanto per fare qualche nome, dal Putin che sta facendo rovesciare sugli ucraini più bombe di sempre a quel regista, ben nascosto in qualche albergo di lusso nel Medio Oriente, del terrorismo palestinese che ha cinicamente fatto della popolazione di Gaza il proprio scudo.

Santità, non se l’abbia a male per la mia sincerità forse da infedele, non più fedele, ma preferisco modestamente il ricordo di quel Suo, in fondo, non lontano o lontanissimo predecessore Giovanni Paolo II. Che una volta parlando in Sicilia e intimando ai mafiosi la resa li mandò in largo anticipo all’Inferno. Dove credo, a dispetto del vuoto immaginato e preferito da Francesco, che qualcuno di loro stia scontando quello che si è meritato.
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