Non tutti i guai vengono per nuocere, anche alla Scala di Milano

Ciò che è accaduto all’apertura della nuova stagione lirica alla Scala di Milano, all’ombra peraltro di un’opera -il Don Carlo di Giuseppe Verdi- che c’insegna come il potere possa diventare inconciliabile con la felicità, può ben appartenere alla serie dei guai che non arrivano tutti per nuocere.

         E’ stata ampiamente riscattata l’operetta, come da qualcuno è stata giustamente definita, del palco reale diventato per un pò imbarazzante alla vigilia a causa dell’assenza del presidente della Repubblica e della conseguente sovraesposizione, chiamiamola così, della seconda carica dello Stato detenuta da un presidente del Senato come Ignazio La Russa. Che è un uomo particolarmente e lungamente significativo della destra italiana, ben più della giovane premier Giorgia Meloni nel suo secondo anno ormai a Palazzo Chigi.

         Da vuoto che si voleva che fosse, e che dal loggione volevano anche certi trinariciuti di mente avvolti idealmente in panni e bandiere sindacali, il palco reale è stato ben riempito attorno ad una delle più belle figure di questa nostra troppo spesso scombinata società italiana. E’ naturalmente Liliana Segre, sopravvissuta ai campi nazisti di concentramento degli ebrei destinati allo sterminio da Hitler. L’unica che l’attuale presidente della Repubblica, nel pieno dei posti creato dal predecessore Giorgio Napolitano, ha potuto nominare nel 2018 senatrice a vita per gli “altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario” contemplati dall’articolo 59 della Costituzione. Che sembra avere ormai gli anni contati, prevedendone la soppressione la riforma costituzionale messa in cantiere proprio al Senato, peraltro, dal governo in carica.

         Il rispetto, la simpatia, l’affetto, l’ammirazione che Liliana Segre ha saputo guadagnarsi alla Scala nell’ovazione che l’ha accolta all’arrivo sul palco , ma anche in una buona parte destinata anche a lei dei tredici, lunghi minuti di applausi levatisi al termine dello spettacolo teatrale, mi hanno almeno personalmente ripagato dello sgomento, della paura, dell’umiliazione che mi procura quasi ogni giorno l’osceno antisemitismo politico e mediatico, di strada e di piazza ,che si traveste di umanitarismo per i palestinesi pur dopo il pogrom del 7 ottobre scorso in Israele. Palestinesi vittime a Gaza non tanto della guerra alla quale sono stati costretti gli israeliani per difendere il loro diritto all’esistenza singola e comunitaria, quanto dal cinismo col quale i terroristi di Hamas li hanno usati e li usano ancora come scudi per proteggere e nascondere le loro milizie, i loro arsenali, i loro comandi, i loro affari e ricatti.  Ed hanno recentemente indotto, per il plauso che riescono a procurarsi nelle rappresentazioni della tragedia mediorientale, proprio Luciana Segre ad esprimere la spaventosa sensazione di essere sopravvissuta invano alla Shoah. Non invano, senatrice, come ha ben visto e sentito alla Scala.

Pubblicato sul Dubbio

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