
Bel colpo di sicuro per la Repubblica- ma solo quella di carta, non quella vera uscita delle urne referendarie del 1946, e tradita a questo punto da una miriade di generali e politici- l’intervista nella quale il presidente emerito della Corte Costituzionale Giuliano Amato, già presidente del Consiglio e ancor prima sottosegretario di Bettino Craxi a Palazzo Chigi con la delega delicatissima dei servizi segreti, ha accreditato con informazioni, intuizioni, deduzioni e quant’altro, dichiaratamente “senza prove”, i peggiori sospetti sulla tragedia di Ustica. Nelle cui acque sprofondarono il 27 giugno 1980 i rottami e le ottanta vittime dell’areo dell’Itavia diretto a Palermo da Bologna. Che secondo Amato non esplose per un ordigno all’interno ma abbattuto da un missile francese destinato ad un mig libico nel quale avrebbe dovuto volare Gheddafi, non salito a bordo all’ultimo momento perché avvertito dall’Italia.
Non so francamente se definire questo segreto come il meglio o il peggio custodito nella storia della Repubblica, sempre quella vera: meglio o peggio anche di quelli perduranti sul sequestro di Aldo Moro, due anni prima, e sul suo tragico epilogo con l’assassinio del rapito, 55 giorni dopo lo sterminio della sua scorta. Uno scempio che si vorrebbe ancora attribuire all’abilità delle brigate rosse, e non anche alla mano, manina, manona di qualcuno indegnamente rappresentante a quell’epoca, non so a quale livello, dello Stato.


Giuliano Amato, occupatosi come sottosegretario nel 1986 dell’affare Ustica, in pendenza delle indagini giudiziarie, su incarico di Craxi ma su pressione quirinalizia di Francesco Cossiga, che aveva guidato il governo all’epoca della tragedia, ha sfidato -più che invitato- il giovane presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron a dare anche il suo contributo, stavolta decisivo, alla ricerca della verità desecretando l’azione di guerra svoltasi a Usitca al coperto di esercitazioni della Nato e scusandosi dell’accaduto nascosto da tutti i suoi predecessori.

Non so, almeno mentre scrivo, se Macron vorrà, saprà o potrà rispondere alle attese di Amato. So però che il credito accordato dal presidente emerito della Corte Costituzionale alle voci, impressioni, sensazioni, rivelazioni -chiamatele come volte- diffusesi subito dopo la tragedia, con particolare chiarezza ad opera dall’allora ministro socialista dei Trasporti Rino Formica- lascia letteralmente sgomenti. Com’è stato possibile nei piani alti e altissimi della Repubblica, a livello istituzionale, politico e giudiziario, tenersi dentro -diciamo così- una vicenda del genere? Imbarazzante, a dir poco, per tutti: forse anche per chi ha aspettato tanto per parlarne così clamorosamente, diffusamente, dettagliatamente.
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